Relazione della delegazione italiana
ad Istanbul (26-28 gennaio 2001)
Oggetto della delegazione :
repressione nelle carceri, affidi di sostegno alle vittime del carcere.
Componenti della Delegazione :
Simonetta Crisci (avvocato)
Antonio Olivieri (sindacalista ed esponente del Comitato Verso il Kurdistan
di Alessandria)
Emilio Rossi (coordinatore del volontariato di Parma)
Incontri:
GOC-DER, Associazione Profughi, Istanbul (26 gennaio) TUAD-DER, Associazione familiari dei detenuti (27 gennaio) IHD, Associazione per i Diritti umani (27 gennaio) HADEP, Partito per la Democrazia del Popolo (27 gennaio) MKM, Centro Culturale della Mesopotamia (28 gennaio)
Inoltre :
Partecipazione al Congresso del TUAD-DER (28 gennaio)
Partecipazione al Congresso del KESK, sindacato del pubblico
impiego (28 gennaio)
GOC-DER, Associazione Profughi, Istanbul
(26 gennaio) - [torna all'indice degli incontri]
Il GOC-DER è un'Associazione che cerca di fornire aiuti alle migliaia
di profughi che vivono in condizioni di miseria nelle periferia di Istanbul.
Ci riferisce l'esponente del GOC-DER, S.G.:
A Istanbul vivono 2 - 3 milioni di kurdi: circa un milione sono profughi dal
Kurdistan a causa della distruzione dei villaggi ad opera dell'esercito turco.
Il Governo ha cominciato a permettere il rientro nei villaggi: per ora lo hanno
permesso per cinque villaggi. Ad esempio a Dersim. Però non permettono
a tutti di ritornare. Tante famiglie vorrebbero ritornare ai villaggi ma hanno
paura o trovano che il terreno è stato occupato dai guardiani dei villaggi,
che sono protetti dal Governo.
Il Governo ha anche provato a ricostruire qualche villaggio, grande, di baracche
prefabbricate, ma sono villaggi dove nessun profugo vorrebbe ritornare: non
c'è posto per le greggi e sono lontani dai campi coltivati; inoltre,
è previsto che siano sorvegliati da un centinaio di soldati. In realtà
questi villaggi il Governo li ha fatti solo per i guardiani dei villaggi, che
in questa sporca guerra sono quelli che prendono armi dall'esercito e collaborano
con loro.
S.G. ci parla poi dei villaggi che il Governo sta realizzando per tenere meglio
sotto controllo la popolazione kurda (si tratta di qualcosa di analogo a quanto
fatto da Israele con i palestinesi: dei veri e propri "Bantustan"
protetti). Il progetto denominato Köy-kent, che ha già portato,
presso Van, nel comune di Çatak, alla costruzione di "Konalga"
(un agglomerato di 8 villaggi e 400 case), e ad iniziare altre costruzioni di
due villaggi, uno vicino a Diyarbakir, nel comune di Kulp, "Islamköy"
(300 case), e nel comune di Sirnak, Basàgac" (104 case).
Continua S.G. :
Attenzione: il Governo turco ha chiesto (e forse già ottenuto) all'Unione
Europea 110 milioni di euro dicendo che sarebbero serviti per i villaggi dei
kurdi. In realtà li utilizza per fare le case per i guardiani!
Goc-Der aveva proposto di ricostruire i villaggi vicino a quelli bruciati, con
centri culturali, spazi liberi, cercando la collaborazione al progetto degli
ordini professionali. Il Governo turco ha rubato questo progetto di Goc-Der
ed è riuscito ad ottenere le firme di 36 parlamentari europei. Ma il
progetto è diventato una cosa molto diversa. Proprio perché queste
cose non si sanno, è successo che il progetto presentato dal Governo
turco ha avuto addirittura il sostegno anche di Amnesty International".
Nel 2000 il GOC-DER ha realizzato una dettagliata ricerca sulla situazione dei
profughi, attuata tramite la distribuzione capillare di questionari e la rielaborazione
dei dati raccolti (una operazione di valore scientifico tanto più ammirevole
se si pensa che è stata condotta da chi opera in prima linea sul fronte
di gravi disagi e repressioni). Tale ricerca è stata recentemente tradotta
in italiano e finanziata con il contributo dello SPI-CGIL, della Provincia di
Alessandria e del Comitato Verso il Kurdistan, di cui fa parte Antonio Olivieri,
un membro della delegazione.
Ce ne parla l'esponente del GOC-DER :
"Quanto alla ricerca: finora abbiamo classificato 1.630 famiglie. Sono
ancora da classificare più di cento famiglie. Le famiglie classificate
equivalgono a circa 18.000 persone. Prevediamo che la stessa sarà completata
per la fine di marzo. Abbiamo un sociologo che la sta elaborando..
Noi utilizzeremo la ricerca anche in Turchia: la finalità è far
sì che le famiglie possano ritornare ai loro villaggi. Con questo lavoro
noi dobbiamo trasmettere al mondo una situazione precisa e scientifica, che
faccia percepire la dimensione del problema dei profughi. E' la prima volta
che in Turchia viene fatta una ricerca di questo tipo. Vogliamo che il problema
venga finalmente sollevato in Turchia.
TUAD-DER, Associazione familiari dei
detenuti (27 gennaio) - [torna all'indice degli incontri]
E' una delle numerose associazioni in cui sono organizzati i familiari dei prigionieri
politici; il discorso cade subito sulle "adozioni a distanza" (o "affidi")
che il Comitato Verso il Kurdistan ha promosso da molto tempo: cittadini italiani
che versano ogni mese una quota che va a sostegno di un carcerato, o della sua
famiglia (rimasta sovente priva di ogni introito economico). Le associazioni
dei familiari dei detenuti sono un interlocutore fondamentale per lo sviluppo
di questa forma di solidarietà.
Ci dice l'Avv. Mehmet Erbil :
"Ad Istanbul il problema carceri è più grave, perché
vi sono sei grandi carceri in cui sono trattenuti circa 2000 detenuti politici.
Questi hanno undicimila parenti, dei quali circa ottomila sono in contatto con
noi. Le famiglie dei detenuti vivono qui un ulteriore problema, nel senso che
sono famiglie di profughi. Vi ringrazio tanto per la vostra sensibilità,
le famiglie dei detenuti vivono in condizioni gravi e con il vostro aiuto noi
ci sentiamo molto più protetti. E importante per noi vedere alcune
persone da un altro posto del mondo così interessate ai nostri problemi.
"
Continua un altro membro di TUAD-DER:
"Vi possiamo inviare tutte le informazioni che volete sulle famiglie da
adottare: quando e come è avvenuto il processo, le accuse, anche un video
sulle famiglie. Possiamo anche inviarvi un video sulla situazione complessiva
della salute dei detenuti. Noi disponiamo già di un rapporto circa gli
aspetti legati alla salute nelle carceri, però questo rapporto risale
a cinque mesi fa, cercheremo di aggiornarlo con nuove informazioni e speriamo
di concluderlo per poterlo consegnare alla prossima delegazione di giuristi
che verrà qui in Turchia il 22 febbraio.
Nella nostra associazione ogni membro da' un suo piccolo contributo mensile.
Nel nostro progetto c'è anche lobiettivo del miglioramento delle
condizioni dentro le carceri: per questo scriviamo ai magistrati e i nostri
avvocati vanno a incontrarsi con i direttori delle carceri. ".
Inevitabilmente il discorso si incentra sulla situazione delle carceri, che
sono state teatro, il 19 dicembre, del massacro denominato "Operazione
Ritorno alla Vita", con cui il governo ha tentato di stroncare lo sciopero
della fame di protesta contro l'introduzione del nuovo sistema carcerario: le
celle di isolamento "di tipo F" :
"I detenuti che erano militanti dei gruppi di sinistra sono stati portati
nelle carceri di tipo F. I medici militari hanno fatto loro l'alimentazione
forzata, ma non appena si erano un poco ristabiliti, i detenuti hanno ripreso
di nuovo a fare il digiuno della morte. C'è una discussione etica
tra i dottori e anche in Turchia: se è più giusto lasciarli morire
o se è più giusto somministrare loro cibo con la forza.
Non sono in grado di dire il numero esatto, ma dirò che circa 1.500/2.000
detenuti sono stati trasferiti alle carceri di tipo F. Le famiglie con cui noi
siamo in contatto hanno scarsissime notizie. Dopo l'operazione del 19 dicembre
non vengono più date notizie: né per le carceri vecchie né
per quelle nuove. Solo in qualche caso danno il permesso a qualche famiglia
o a qualche avvocato di entrare. Sappiamo solo che c'è una tortura sistematica
nei confronti dei detenuti in carcere. Tra questi 2000 detenuti politici nelle
carceri di Istanbul ci sono anche donne, meno di prima perché in parte
hanno avuto l'amnistia. Nel carcere di Bajran Pasa ci sono circa centoventi
donne, a Gebze trenta o quaranta. Ce ne sono anche nelle carceri di Usak, di
Sivas e di Miydat. In totale si può parlare di circa cinquecento donne
detenute".
E ci dice una donna di TUAD-DER:
Non c'è una associazione specifica per le donne detenute ma c'è
una associazione culturale che si chiama Associazione della donna del
Tigri. Non si tratta di avvocati. Ma si interessano dei problemi delle
donne.
E ci racconta la sua vicenda personale :
"Il mio era un villaggio di quasi 300 case, vicino a Mardin, cioè
vicino al confine con la Siria. Circa 80 case erano kurde, 200 case erano di
suriani, di religione cristiana. Dopo il colpo di stato dell'80 prima hanno
costretto i suriani ad abbandonare le loro case, poi hanno cacciato anche noi.
I suriani erano scappati in vari paesi d'Europa, dove avevano parenti; per indurli
ad andarsene, avevano violentato le ragazze suriani; così, ad esempio,
il guardiano del nostro villaggio aveva quattro mogli, di cui tre erano ragazze
suriani rimaste gravide. Poi è stata la volta dei kurdi. La mia famiglia
è di circa venti persone, io ho cinque figli, il più grande ha
24 anni. Nel villaggio avevamo tutto: alberi da frutto, pecore, animali da cortile.
Ho dovuto abbandonare il villaggio e tutto quanto vent'anni fa".
IHD, Associazione per i Diritti umani
(27 gennaio) - [torna all'indice degli incontri]
L'associazione (che è quella il cui presidente Akin Birdal era stato
ferito in modo gravissimo in un attentato degli squadroni della morte) è
in questo periodo oggetto di una durissima repressione: tutte le sedi sono state
chiuse tranne quelle di Diyarbakir e Istanbul; la responsabile della sede di
Istanbul che ci parla, Eren Keskin, è stata recentemente incarcerata,
e riceve frequenti denunce. Ci parla della vicenda delle prigioni "di tipo
F" :
"La Turchia non è governata dal Presidente della Turchia o dal Primo
Ministro ma dai militari. La gestione dei diritti umani è nelle mani
dei militari. Il sistema delle celle disolamento non è una cosa
nuova nella storia di questa repubblica; anche se non era legittima veniva attuata
nelle carceri turche: le persone venivano punite in questo modo per un mese,
un anno, tre anni Ora però c'è una legge apposita e con
la legge viene deciso il trasferimento dei detenuti in queste celle. La decisione
era già stata presa circa tre anni fa dal consiglio governativo dei militari.
Abbiamo provato moltissime volte a parlare con il ministro della giustizia turco
ma non ci ha mai preso in considerazione. Prima dell'operazione del 19 dicembre
avevamo ottenuto una buona attenzione da parte dell'opinione pubblica su questi
problemi, attraverso manifestazioni di piazza quasi giornaliere.
Così è cominciato il digiuno della morte che oggi è arrivato
al centesimo giorno.
Con la pressione che avevamo creato, il ministro della giustizia turco ha dovuto
ritardare l'attuazione di questo sistema di celle disolamento. Era iniziata
una fase importante: stavamo per trovare un accordo. I detenuti avevano chiesto
che il ministro della giustizia firmasse unintesa su questi punti.
Il progetto sul quale entrambe le parti convenivano era quello del 9 +
9: cioè due celle, ognuna delle quali poteva contenere nove persone,
che avevano in comune un cortile/giardino e una biblioteca in cui le persone
potevano incontrarsi. Il governo però non ha firmato questo accordo.
E così dieci giorni dopo ha dato il via all'operazione . Lassalto
è avvenuto il 19 dicembre ed è cominciato alle 4,30 in venti carceri
contemporaneamente. Hanno usato lo stesso metodo. Dopo aver fatto grandi buchi
nel soffitto e nelle pareti delle celle, hanno lanciato allinterno quattro
tipi di bombe: una era al gas nervino, molto pericolosa, perché distrugge
l'attività cerebrale; ed hanno usato anche armi da fuoco.
In questa operazione sono morte 32 persone: 30 detenuti e due soldati. Uno dei
soldati è morto soffocato dal fumo, l'altro è stato ucciso dai
suoi colleghi. Tre detenuti si sono suicidati, 27 detenuti sono stati uccisi
dai soldati: o con le armi o bruciati. Dopo questa operazione, i carcerati sono
stati deportati nelle celle di tipo F e durante il trasferimento sono stati
torturati. Anche all'ingresso di queste nuove carceri sono stati picchiati.
La maggior parte di questi detenuti trasferiti alle carceri di tipo F sono feriti
o ammalati e stanno conducendo il digiuno fino alla morte.
Noi avvocati abbiamo incontrato moltissimi ostacoli, soprattutto le avvocate:
quando vanno in queste carceri subiscono dal personale perquisizioni tali da
rasentare la violenza sessuale. Il diritto di difesa del detenuto è stato
distrutto. Nelle carceri ci sono soltanto cinque posti per gli avvocati e bisogna
cedere il posto al più presto; molte volte non riusciamo neanche a parlare
con il detenuto che dobbiamo difendere.
Bisogna considerare qual è lo scopo di questo sistema carcerario: il
primo scopo è quello di distruggere il detenuto, il secondo è
distruggere la sua organizzazione, il terzo, ancora più pericoloso, ha
come obiettivo quello di distruggere il diritto della difesa da parte degli
avvocati.
I detenuti hanno perso peso, alcuni hanno perso anche la memoria.
Ora nelle carceri ci sono molti dottori militari, mandati dal governo. Non si
conosce la situazione in modo più preciso perché solo alcuni detenuti
hanno avvocati.
2000 di essi sono destinati alle carceri di tipo F, e siccome le carceri di
questo tipo non sono ancora state completate, il trasferimento è avvenuto
solo in parte e alcuni rimangono ancora nelle celle delle carceri precedenti:
celle fatte per 80 persone, ma nelle quali ne vengono stipate anche 300, e che
hanno le pareti e il soffitto con i buchi fatti nell'operazione del 19 dicembre;
e in più sono al freddo. In tal modo hanno voluto distruggere il processo
di democratizzazione della società. In quel periodo hanno anche attaccato
diverse sedi dell'Associazione per i diritti umani ".
"Oggi, secondo noi, l'Europa accetta questa politica. E perciò il
processo di democratizzazione della Turchia non sarà un obiettivo a breve.
Lo si può capire anche dall'attacco fatto a questa sede dell'Associazione
per i diritti umani: i poliziotti sono entrati, hanno perquisito tutto, hanno
portato via i computer, ora stanno processando i dirigenti di questa associazione.
Come ogni anno avevamo organizzato la settimana per i diritti umani che doveva
concludersi con una dichiarazione alla stampa, che però ci è stata
vietata. C'erano tante persone quel giorno perché era il 61° giorno
del digiuno della morte. Nonostante noi avessimo accettato di non fare la conferenza
stampa, la polizia è entrata nella sede ed ha arrestato 23 persone. E
stato chiesto che il processo contro di noi venisse continuato nel Tribunale
speciale. Ci sono state rivolte tre accuse: resistenza ai poliziotti; violazione
della legge delle associazioni; sostegno al terrorismo, che è l'accusa
più preoccupante. Faccio notare che la nostra non era affatto una manifestazione
illegittima perché ne avevamo avuto l'autorizzazione; ciò nonostante,
i poliziotti sono entrati nella sede senza che noi opponessimo alcuna resistenza
ed hanno asportato quello che hanno voluto.
Vogliono interrompere la nostra lotta, perseguono una politica verso la messa
fuorilegge di questa associazione. Ma noi crediamo in quello che stiamo facendo
e continueremo il nostro lavoro".
HADEP, Partito per la Democrazia del
Popolo, filo-kurdo (27 gennaio) - [torna all'indice degli
incontri]
Incontro con l'avv. Dogan Erbas, segretario di Hadep di Istanbul
"Premetto che non ci piaceva nemmeno il precedente sistema carcerario:
con celle uniche per 70/80 persone. Le due ipotesi sulle carceri sono state
oggetto di discussione. Noi abbiamo proposto un sistema carcerario basato su
piccole stanze in ciascuna delle quali potessero coabitare da 5 ad 8 persone.
Nella nostra proposta c'è un argomento importante che sostenevamo: un
giardino/cortile, alcune aree, che potevano essere usate in comune.
Noi non siamo a favore delle carceri di tipo F perché rappresentano un
sistema di sicurezza che limita la vita sociale nelle carceri, limita il diritto
di difesa dell'avvocato,si basa sull'isolamento totale dellindividuo.
Ci sono stati diversi gruppi di sinistra che volevano la semplice continuazione
del vecchio sistema carcerario. Noi non eravamo daccordo e abbiamo proposto
un modello serio in cui i detenuti potessero vivere insieme, condividere una
vita sociale, e, nel contempo, avevamo proposto un modello conforme alle leggi
internazionali. In questa fase, è stato molto importante il ruolo di
intellettuali, scrittori, che tentavano di trovare una mediazione onorevole.
Il governo ha la responsabilità di non aver puntato a questo. Compito
del governo era risolvere la situazione senza alcun spargimento di sangue. Ciò
che non è avvenuto.
Ribadiamo che questo sistema di carceri di tipo F è un sistema antidemocratico
e sbagliato.
La Turchia non sta attraversando una buona fase, ma noi non siamo pessimisti,
siamo concreti. La Turchia è un paese molto difficile, non si trasforma
facilmente a causa di tanti motivi: religiosi, politici, sociali ecc. Nemmeno
ci attendevamo la democratizzazione del paese tutt'a un tratto. Ma dagli ultimi
due anni c'è stato un miglioramento, per due motivi: il motivo più
importante è l'interruzione della guerra che è durata 15 anni,
l'altro motivo è condizionato dal primo.
Cessata la guerra è iniziata una nuova fase in Turchia: per la prima
volta in tutto il
Paese abbiamo discusso di riforme e per la prima volta abbiamo cominciato a
discutere di temi che sono quelli fondamentali per risolvere democraticamente
il problema kurdo. Per esempio: una televisione in lingua kurda, revisione della
costituzione affinché in essa venga riconosciuta l'identità kurda.
Il capo della magistratura turca così come addirittura il capo dei servizi
segreti turchi hanno proposto di usare liberamente la lingua kurda. I generali
hanno protestato per questo, loro sono contrari a queste libertà. Sono
cose molto importanti. In quel periodo inoltre è diminuita la pressione
sul nostro partito e nella Turchia si è diffusa una speranza.
All'interno dello stato turco è in atto uno scontro molto duro tra il
governo e l'esercito.
Un'altra cosa interessante è che lesigenza di democratizzazione
in Turchia non nasce dal basso ma dall'alto.
Voglio anche dire che questa pacificazione è stata voluta soltanto da
una parte. La guerra non è finita con un accordo firmato da due contendenti.
Una parte ha dichiarato di voler cessare la guerra, perché ha visto che
la continuazione del conflitto non risolveva ed anzi rendeva più difficile
la soluzione del problema.
Visto che voi conoscete il caso di Ocalan, posso dirvi che Ocalan avvia una
nuova storia in questo paese così difficile. Viene criticato da tutti,
da destra e da sinistra. Con il tempo probabilmente capiranno la portata della
proposta di Ocalan e l'importanza per questa terra. Il problema più importante
della Turchia, ovvero il problema kurdo, può essere risolto soltanto
con la proposta di Ocalan. Questa proposta dice: se mi create la possibilità
adatta con le leggi rinnovate, io sono pronto a lasciare le armi. E stiamo parlando
di un esercito di almeno 10.000 persone. Possiamo condividere o meno le idee
del PKK ma si tratta di una forza popolare, è un movimento che con la
sua parola può cambiare tutto il destino di un paese.
Numerosissime volte hanno annunciato il progetto di pacificazione. In questo
clima, tutto il nostro partito, dai vertici alla base, è molto preoccupato
che l'altra parte stia preparandosi invece ad una guerra da esportare in Iraq.
Siamo molto preoccupati dell'atteggiamento dell'esercito. Ancor più tragico
è che ci sono forze kurde in Iraq che invitano la Turchia a una guerra.
Tutto ciò ci preoccupa molto. Ma noi non vogliamo perdere la nostra fiducia
perché vogliamo che la pace un giorno fiorisca su questa terra e che
turchi e kurdi possano vivere insieme pacificamente con le loro identità
".
MKM, Centro Culturale della Mesopotamia
(28 gennaio) - [torna all'indice degli incontri]
E' una delle due sedi del Centro culturale della Mesopotamia in Istanbul. Nell'altra
- apprendiamo - stanno attualmente svolgendosi le lezioni di lingua kurda ai
bambini, una lingua che non potranno parlare all'esterno.
Il Centro è un grande appartamento, di cui due sale hanno la porta sigillata:
la sala della cultura cinematografica e la sala della cultura musicale. Di recente
hanno avuto la visita della polizia che ha posto i sigilli a questi due locali.
Partecipazione al Congresso del TUAD-DER
(28 gennaio) - [torna all'indice degli incontri]
2° Congresso ordinario. Abbiamo i biglietti d'invito personali ricevuti
da Tuad per partecipare al congresso e portare il saluto. All'esterno della
sala troviamo un nutrito schieramento di polizia: ci perquisiscono, ci controllano
i documenti, ci vietano di fotografare e di registrare e di parlare. Vogliono
anche la lista dei nostri nomi.
L'avv. Mehmet Erbil fa il suo discorso di dimissioni da presidente :
"E' un momento difficile a causa di coloro che non vogliono la pace. Non
abbiamo avuto quello che speravamo sul piano dei diritti umani. Il governo ha
fatto un passo avanti e tre passi indietro. Ci sono delle forze che provocano;
noi non ci battiamo solo per l'ingresso in Europa ma soprattutto per i diritti
della persona, i diritti delle minoranze che sono imprescindibili. Noi siamo
per una federazione di popoli anche negli stati del Medio Oriente seppure questo
discorso può apparire oggi quasi utopistico".
Partecipaz. al Congresso del KESK, sindacato
del pubblico impiego (28 gennaio) - [torna all'indice
incontri]
Raggiungiamo il Kesk mentre è in corso il congresso, affollatissimo.
Riusciamo a parlare un poco e la conversazione inerisce soltanto gli affidi
in corso con Alessandria. Da parte di Kesk si assicura la preparazione e l'invio
ad Alessandria, in tempi brevi, della lettera di rendicontazione.
L'incontro con il KESK, che è stato il primo interlocutore con cui il
Comitato Verso il Kurdistan ha sviluppato il proprio progetto di affidi verso
i detenuti e le loro famiglie (poi estesosi alla collaborazione con altre associazioni,
tra cui Goc-Der, l'IHD e le associazioni dei familiari dei detenuti, Tuad) ci
riconduce al tema di come rendere operativa la solidarietà di fronte
alla repressione.
Concludiamo perciò la relazione di questa nostra
delegazione con una invito a coloro che volessero offrire il proprio contributo
in tale direzione:
Per aderire al "progetto Affidi" del Comitato di Alessandria occorre
effettuare il 1° versamento e spedire la relativa ricevuta, unitamente al
tagliando di adesione, al seguente indirizzo :
Comitato Verso il Kurdistan - c/o CGIL - via Cavour 27 -15100 Alessandria.
Il versamento deve essere effettuato con le seguenti modalità:
Bonifico bancario sul conto intestato :
FILCEA CGIL, cod. ABI 1025 - CAB 10400 - n. 1000402675
presso l'Istituto Bancario S. Paolo di Torino - sede di Alessandria,
specificando come causale : "AFFIDAMENTO"
Per aderire all'analogo progetto denominato "Oltre il Bosforo, oltre le
sbarre" (promosso da: Amnesty International, Antigone, ARCI, Azad, FNSI,
ICS, Magistratura Democratica, Pax Christi), ci si può rivolgere all'Associazione
Azad, c/o Villaggio globale, Lungotevere Testaccio 1 Roma, tel-fax 06.57305132,
e-mail : ass.azad@libero.it