Ha scritto il 25 ottobre 2009 Yüksel Genç
nell’articolo intitolato:
“Comprendete l’entusiasmo dei kurdi”:
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« Ciò che abbiamo vissuto da quando
abbiamo ricevuto i Gruppi di Pace a Silopi forse non lo potremo mai
piu’ vivere in tutto il resto della nostra vita.
Migliaia di braccia
protese verso i Gruppi di Pace tentavano di aggrapparsi alla pace ».
“Aggrapparsi alla Pace” è il titolo originale del bellissimo libro
che l’autrice di questo articolo, Yüksel Genç, ha pubblicato nel 2006,
e che ora è stato tradotto in italiano con il titolo "Ho lasciato il fucile
iun montagna"; in tale libro-diario essa, che e’ stata una delle
protagoniste del primo Gruppo di Pace del 1999, racconta giorno per giorno
come si è svolta quella storia, ma, soprattutto, come è stata interiormente vissuta da lei, dalle sue compagne, dai
suoi compagni.
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Con le parole scritte nel 2009 in questo suo
articolo, parole, che si riferiscono alla
gioiosa e festante accoglienza tributata in massa dai kurdi ai Gruppi di Pace
dal 19 al 21 ottobre 2009 durante il loro passaggio lungo la “Via della
Seta” (ribattezzata “Via della Pace”) a Silopi, a Cizre, a
Nusaybin, a Kiziltepe, a Mardin, a Çinar, a Diyarbakir (cfr.
l’articolo: “Grida di pace” sul quotidiano kurdo Günlük del
22 ottobre 2009), a cui vanno aggiunte le grandi manifestazioni svoltesi in
moltissime altre località, Yüksel esprime il modo in cui il popolo
kurdo ha interiormente vissuto l’evento: un vissuto interiore intriso
di decenni di travagliate vicende, e simbolizzato nelle parole di Yüksel dal
piu’ “privato” evento del ritorno a casa,
dell’abbraccio con i cari dopo lunga e ansiosa lontananza.
Questo, dice
Yüksel, è il vero significato dell’entusiasmo dei kurdi, in
indiretta risposta alle polemiche del Primo Ministro contro il presunto
“spettacolo” inscenato e la mancanza di moderazione dimostrata,
frutto, secondo le forze di governo, di un tentativo di strumentalizzazione
politica dell’iniziativa di pace.
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[Nel settembre 1999 la giovane guerrigliera Yüksel Genç
(nome di battaglia: "Jiyan"), come narra nel suo
libro “Aggrapparsi alla Pace”, Istanbul, 2006, viene invitata ad un colloquio dalla Direzione politica
della guerriglia sul monte Kandil... Ed e’ cosi’ che
l’attesa della imminente ‘partenza’ diventa protagonista
dei suoi pensieri... – Nota del Traduttore]
"Conosco
bene la ragione dell'invito che ho ricevuto. E' ciò che prevedevo, ma che ora
diventa una certezza" dissi timidamente.
Uscii dal capannone con la confusione di mille pensieri nella mia testa. Mi
misi in cammino sullo stretto sentiero. Lo zigzag del sentiero si inerpicava
dolcemente, quanto a me, io salivo faticosamente. Più in basso, si formava
una piccola cascata, e riempiva la valle con la voce dell'acqua che gettava
sottile sottile. Il canto delle rane e dei grilli si diffondeva intorno.
Mentre la notte restituiva al mondo il mantello dell'oscurità, il mattino che
ci lasciavamo alle spalle rivelava che ci attendeva un giorno luminoso! ed un
nuovo giorno che nasce significa incontrare nuove speranze!
La partenza: cos'era? La lontananza? Oppure il portarsi appresso le
lontananze nel proprio cuore? Impossibile saperlo! Ma, comunque stessero le
cose, era una amarezza che aveva qualcosa da insegnare. Come se avessi voluto
scuotermi di dosso la sensazione di una partenza prematura, mi guardai
attorno.
Evin, che sostava di fronte al capannone, vedendomi, mi venne incontro con
stupore celato dal suo riso colmo dell'amicizia di sempre, e mi abbracciò. Era
come il presentimento della partenza.
Yüksel
Genç, “Aggrapparsi alla Pace”, Istanbul, 2006
(presto in libreria anche in Italia)
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Ma accanto a questo aspetto soggettivo, al modo in cui un intero popolo ha
interiormente partecipato agli eventi, è stato sin dall’inizio rilevato il
carattere oggettivamente “storico” della svolta verificatasi, e credo che
tale caratterizzazione sia un reale dato di fatto, al di la’ degli
inevitabili contraccolpi, periodi di stasi o di arretramento, nonchè attacchi e contromisure che tale
svolta inevitabilmente subira’ nel suo iter.
Già
subito dopo la diffusione della notizia dell’imminente arrivo dei
Gruppi di Pace, 17 ottobre erano stati i due segretari del DTP, Ahmet Türk e Emine Ayna, a rivendicare la portata
“storica” dell’evento: “Vogliamo affermare che riteniamo estremamente
importante questa decisione presa dal PKK in un periodo in cui – a causa
dell’atteggiamento assunto dal governo - si erano bloccate la politica ed il
processo di apertura democratica, e la consideriamo come un passo di portata
storica ”. Mentre numerose dichiarazioni di intellettuali e personalità
politiche già dal 17 ottobre ne avevano colto l’importanza (“Vengono tre
gruppi”, Günlük del 17 X 2009), il suo valore di “svolta storica” era stato
ribadito il giorno dell’arrivo dei Gruppi, 19 X 2009, da Seydi Fırat (pure
lui già membro del Gruppo
di Pace del 1999: “Benvenuti ambasciatori di pace!”, Günlük 20
ottobre 2009).
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E pure la direzione del PKK, cioè Murat Karayılan, aveva subito pronunciato
valutazioni analoghe, affermando che si era voluto dare inizio ad una nuova
fase, e che i Gruppi di Pace avrebbero potuto costituire un ‘punto di
svolta’ per il popolo kurdo (“Grida di pace”; Günlük
del 22 X 2009).
Una delle caratteristiche più negative della Questione kurda, come è sempre
stato rilevato, era sempre consistita nel fatto che – mentre in altre
situazioni di crisi presenti in altre aree del mondo, sovente di gravità
assai drammatica, il potere costituito accettava una qualche forma di
dialettica, e talvolta anche di dialogo, con la controparte – ogni rapporto
con le forze organizzate della guerriglia kurda era stato sempre escluso in
modo categorico dalla Turchia, anche di fronte alle più esplicite proposte di pace. E’ questo il quadro di
riferimento a cui occorre fare riferimento per cogliere il carattere
innovativo di quanto stava avvenendo nel 2009.
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"Dille alla Compagna Jiyan, di prepararsi, lei partirà" venne detto, in kurdo.
La sua voce ora la percepivo più da vicino. Chi mi si stava avvicinando e mi
parlava era la nostra sentinella Servin.
"Che c'è, compagno Servin?". Si volse verso di me, e disse con una
strana voce:
"Dovresti andare subito, l'automobile è pronta".
Mi avviai subito, senza rispondergli. Con il fare abitudinario dei gesti
quotidiani, dopo aver tirato giù il mio zaino dal ramo dove lo avevo appeso,
me lo gettai sulla schiena. Fissai il mio fucile alla cintola, mi misi la mia
arma sulla spalla sinistra. In alcuni minuti ero pronta. Nel frattempo anche
le compagne del capannone si erano svegliate. Le abbracciai e bacia in
fretta. I miei preparativi e congedi non richiesero più di alcuni minuti.
Tutte erano sconcertate, e mi guardavano in viso con un'espressione un po'
incredula...
Yüksel Genç, “Aggrapparsi alla
Pace”, Istanbul, 2006
(presto in libreria anche in Italia)
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Una scrittrice kurda, Esra Çiftçi, ha intitolato
“Momento storico” il suo articolo su Günlük del 22 ottobre 2009, scrivendo:
“Ci sono alcuni momenti in cui viene scritta la storia; ed ecco che io ho
vissuto e sto vivendo la contentezza di essere una di coloro che sono
testimoni di un momento storico”. E così ha espresso quanto da lei vissuto
all’arrivo a Silopi dei Gruppi di Pace in mezzo alle decine di migliaia di
kurdi che li attendevano: “Sono una di coloro che hanno tenuto il conto
delle sofferenze vissute su queste terre. Ed al tempo stesso sono una
abitante di queste terre che hanno vissuto ogni sorta di tormento ed
angustia... La contentezza più grande e’ stata di esser una testimone di
questo momento storico, di essere una di coloro che per prime hanno stretto
la mano dei guerriglieri venuti a porgere rami d’ulivo dopo essersi
spogliati delle armi, come ambasciatori di pace... I guerriglieri che
venivano dal monte Kandil provenivano chi da 10 anni, chi da 20 anni di vita
sulle montagne... Momenti di incontro con i propri famigliari densi di
nostalgia... Per concludere: l’arrivo in Turchia degli ambasciatori di pace,
e’ una storica occasione di ritrovamento assai più importante di quanto ci
si possa immaginare. Non c’è ritorno indietro da questo ritrovamento. Gli
ingranaggi del vecchio sistema che ha fondato la propria tirannia sulle
rovine e sulle fosse comuni disseminate per cent’anni su queste terre, sono
ormai arrugginiti e logori Gli ambasciatori della pace, della libertà e
dell’eguaglianza che si accostano alla nostra porta non dovranno più essere
attesi in piedi. Questo è il significato essenziale
dell’attesa di centinaia di migliaia di persone che hanno atteso in
piedi giorno e notte”.
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Parlavamo ed al tempo stesso scendevamo rapidamente. Appena giungemmo sul
bordo del ruscello Halil si fermò. La biforcazione del sentiero che saliva a
sinistra riportava all'accampamento da cui eravamo venuti.
"Oggi mi ricordo il primo giorno in cui sono uscita di casa per unirmi
ai guerriglieri. Forse tutte le separazioni riconducono agli inizi. In
quell'epoca, proprio come ora, si sarebbe detto che avremmo raggiunto una
luce che sembrava molto pallida nella lontananza. In quell'epoca, proprio
come ora, varcammo i confini come dei bimbi allegri.... ma con una importante
differenza: il cuore che quel giorno era vuoto oggi è pieno, le cose che quel
giorno volevamo imparare oggi le abbiamo vissute. La vita che quel giorno non
conoscevamo poteva esserci tolta, ma la vita che oggi abbiamo già vissuto,
chi potrebbe portarcela via?"...
Dopo che si fu voltato indietro, cominciando a salire pian piano il
sentiero che portava al suo accampamento, anche noi continuammo per il nostro
cammino. Poco dopo eravamo in cima alla collina. Avanzammo verso la piccola
jeep che sostava a fari accesi sulla strada sterrata. Guardai con attenzione
verso la sagoma che appariva di fronte all'automobile. Chi veniva era il
piccolo meridionale Xalil, colui che si occupava delle faccende di
approvvigionamento ed acquisti.
Disse in kurdo, con aria stupita e incuriosita: “Compagna Jiyan
dove vai?”. I suoi occhi mi guardavano come se stesse aspettando
tutt'altra persona.
Ed io risposi, in kurdo: "Vado al
Consiglio della Leadership!”.
Dopo aver sganciato dalla mia cintola le mie armi, quattro caricatori, una
cartucciera formata dalla cintura e dai proiettili, ed il mio fucile, li
porsi in fretta ad Evin.
Yüksel
Genç, “Aggrapparsi alla Pace”, Istanbul, 2006
(presto in libreria anche in Italia)
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Infatti, se “storico” puo’ essere considerato il
significato oggettivo dell’evento, anche il modo in cui esso è stato
soggettivamente vissuto ha un suo significato sul terreno storico. “Storica
marcia di pace” intitola un suo capoverso l’articolo “Grida di pace” su
Günlük del 22 ottobre 2009, descrivendo il modo in cui centinaia di migliaia
di kurdi hanno preso parte alle diverse tappe del percorso dei due Gruppi di
Pace tra Silopi e Diyarbakir dal 19 al 21 ottobre. Una partecipazione di
massa che aveva avuto un suo antefatto nel gigantesco afflusso a Diyarbakir
dai più
diversi angoli della Turchia in occasione della festa per la pace del 1
settembre 2009. Ma che ora si esprimeva nel ricongiungimento con chi da dieci
anni, e talvolta anche più, era lontano dalla terra natale e dal
proprio popolo – come continuano ad esserlo le migliaia di guerriglieri
ancora arroccati sul massiccio montuoso del monte Kandil in Irak.
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Yüksel Genç
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Tuttavia il significato storico dell’evento, quello dell’apertura di una nuova
fase, continua a presentare quegli aspetti di incertezza e problematicità che sono connessi alla assenza di una risposta adeguata
da parte delle forze governative turche. Nonostante l’accoglienza
inizialmente positiva dei Gruppi di Pace, esse hanno poi
“congelato” e rinviato ulteriori sviluppi.
Ed ora [2009!] non pare chiaro se da parte loro sia in atto solo un rinvio ed
un rallentamento, oppure vi sia l’intenzione di eludere l’iniziativa di pace
kurda. Nel qual caso le stesse prospettive apertesi verrebbero minate: come
ha efficacemente sintetizzato il giornalista kurdo Veysi Sarısözen
intitolando un suo articolo su Günlük (30 X 2009): “O Habur o Kandil...”:
non c’è via d’uscita
all’alternativa netta tra il luogo-simbolo del dialogo tra la
guerriglia e lo Stato ed il luogo-simbolo della continuazione della lotta
armata.
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Il clima
si addolciva tra l'inquietudine dei cinguettii degli uccelli. La natura,
bagnata dalle piogge che iniziavano e dalle nevi che cominciavano a
sciogliersi sempre più, ma vestita con il suo abbondante abbigliamento, già
si risvegliava alla primavera. Il seme che usciva dalla terra ammorbidita, il
ramo che sta fiorendo, il torrente esuberante che nasce dai ghiacci che si
sciolgono e dalle nevi che fondono, rinascevano alla vita... I fiori
multicolori si diffondevano tra le nevi cristallizzate che si liquefacevano
dalla terra ammorbidita.
La terra a
valle, del colore intenso del rame, in contrasto con il biancore delle cime,
come una mamma che facesse divertire i suoi allegri figlioli, in superficie
si ravvivava con i colori verde, viola, azzurro, rosa, giallo. I bucaneve,
sbucando tra le loro verdi foglioline, annunziavano tra le nevi la buona
notizia del loro arrivo. E questi fiori delicati c'era tra di noi chi li
chiamava "fiori del Newroz", chi "fiori della primavera".
E noi, cercando di camminare sul ripido pendio, prestavamo attenzione a non
scivolare per l'oceano di fango che era sotto i nostri piedi. Marciavamo con
il privilegio di essere i primi che calpestavano questa terra color del rame
che appariva sotto le nevi che appena si stavano fondendo.
Yüksel
Genç, “Aggrapparsi alla Pace”, Istanbul, 2006
(presto in libreria anche in Italia)
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Un’analisi del valore storico della svolta iniziata con l’arrivo dei Gruppi di
Pace del 19 ottobre 2009 non può prescindere da un raffronto di questo
evento con il primo arrivo dei Gruppi di Pace, quello del 1999, quando (pure
allora su iniziativa di
Öcalan)
un primo gruppo si consegnò alle autorita’ turche a settembre, ed un secondo ad
ottobre.
Le differenze tra queste due vicende, assai rilevanti, vanno viste nel
contesto della grande differenza della situazione di allora:
Öcalan
(catturato e riportato in Turchia il 16 febbraio 1999) era stato da poco
condannato a morte (29 giugno 1999), a seguito di una grande campagna dello
Stato turco contro i kurdi condotta sia a livello internazionale che interno,
sia militare che politico e propagandistico, il PKK aveva subito un pesante
arretramento, mentre non si era ancora sviluppato il grande avanzamento dei
kurdi nella Società civile, iniziato solo poco prima (elezioni
amministrative del 18 aprile 1999) con l’affermarsi del partito kurdo
(allora Hadep, ora DTP) nel governo degli Enti locali dell’area abitata
dalla popolazione kurda: avanzamento non solo nei poteri di governo locale ma
accompagnato anche da un intensissimo sviluppo dell’associazionismo
sociale e culturale (ed ora il DTP e’ presente pure in Parlamento). E
la “svolta” strategica di
Öcalan
e del PKK, con il ritiro della guerriglia dalla Turchia (decisa il 2 agosto
1999: solo questa operazione era costata al PKK quasi 500 vittime), la
tregua unilaterale (in realtà ne erano state proclamate già in precedenza, ma non cosi’ sistematiche),
la rinuncia alla rivendicazione dell’indipendenza e la proposta di
pace, erano tutte “novita’” ancora molto recenti, non
avevano ancora potuto “lasciare il segno” sugli atteggiamenti
della controparte.
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Appena
raggiunto il Consiglio direttivo il giorno cominciò ad illuminarsi ed il sole
a spandere la sua luce sul mondo. Avvertivo un sentimento di impazienza. Un
attimo prima volevo sentirmi dire da una voce ufficiale la ragione della
venuta. Le ultime ventiquattr'ore erano state più che sufficienti a mettere in
subbuglio il mio mondo interiore...
"Conosci
il motivo per cui sei stata chiamata?"
"Manco per sogno, compagno" dissi. Attese per un istante. Poi, con
una voce calma disse:
"Sai, per noi è cominciata una nuova fase. In particolare seguendo la
prospettiva del nostro Leader, si apre un compito di Pace. Ma lo Stato non è
ancora in grado di gestire un simile terreno di dialogo e di accogliere la
proposta di soluzione basata sulla democrazia e sulla pace che scaturisce
dall'iniziativa della Leadership. Gli elementi conservatori che sono al suo
interno, per lo meno, costituiscono un ostacolo nella soluzione del problema,
e la nostra mancanza di fiducia alimenta le componenti conservatrici. I
settori dello Stato che vorrebbero avvicinarsi alla soluzione non sono in
grado di superare tutto ciò. Per queste ragioni il nostro Leader vuole che un
gruppo, denominato "Gruppo della Soluzione Democratica e della
Pace", vada in Turchia, per il superamento della fase che si è ostruita,
e per l'intensificazione degli sforzi di pace. Come una delegazione! Egli ha
detto: 'Coloro che andranno, diranno che sono venuti per associarsi alla
Repubblica Democratica legale, per offrire un contributo per la Democrazia e per la Pace'. Ecco che così
noi abbiamo pensato anche a te per questo gruppo".
Yüksel Genç, “Aggrapparsi alla Pace”,
Istanbul, 2006
(presto in libreria anche in Italia)
Yüksel
Genç
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Le vicende del
primo Gruppo di Pace del 1999, quello di settembre (deciso dal PKK in seguito
all’apperllo di Ocalan del 1 settembre, e giunto in Turchia il 1°
ottobre a Geli Şin, nel distretto di Şemdinli – ove era
iniziata la lotta armata del PKK – nella provincia di Hakkari), sono
narrate tra l’altro dal suo componente Seydi
Fırat (che è pure poi stato accompagnatore esterno
del Gruppo di Pace recente, di Maxmur, del 19 ottobre 2009)
nell’intervista da lui rilasciata il 26 ottobre 2009 alla giornalista Neşe Düzel del quotidiano
“Taraf” (“Seydi Fırat: ‘Anche i kurdi avevano
pensato di rinviare”). Dal suo racconto emerge come la situazione di
allora non fosse ancora matura per un processo di pace. Consegnatisi ai
gendarmi di Van, vennero tempestati di domande sull’assetto del PKK, ma
senza nessun interessamento verso le questioni della pace. Furono trattati
con durezza, e ricevettero pesanti condanne.
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Se lo aspettavano. Sapevano di andare incontro
al carcere. Ma non si aspettavano una condanna a diecia anni: pensavano ad un
massimo di tre, ma supponevano anche che forse sarebbero stati lasciati
liberi per le buone intenzioni del loro gesto.
Eppure il significato che i componenti del primo
gruppo, del 1999, attribuivano al gesto che stavano compiendo, ed il loro
modo di viverlo, erano già allora carichi di una intensita’
traboccante, che emerge, oltre che da ogni pagina del libro autobiografico di
Yüksel Genç, anche dal racconto di Seydi Fırat che rievoca la vigilia
della partenza:
“Eravamo tra le 50 e le 60 persone sulla vetta
prospiciente la Turchia
del massiccio del monte Kandil. Vivevamo una atmosfera emotivamente molto
intensa, tra canti e lacrime. Cosi’ i compagni si comportavano verso il
nostro gruppo di otto membri. L’organizzazione faceva per la prima
volta un passo come quello. Una simile situazione non aveva alcun riscontro
nella cultura e tradizione medio-orientale, nella psicologia delle
organizzazioni del Medio Oriente”.
Una analoga intensita’ di emozioni risulta
dalla rievocazione che il medesimo Seydi Fırat fa della recente
“vigilia”, quella del 18 ottobre 2009 a Maxmur (Seydi oltre
che membro del gruppo del 1999 è stato accompagnatore di uno dei
gruppi attuali):
“Quella notte abbiamo cantato, discusso, pianto. E mi e’ stato
chiesto di raccontare cosa era successo nel primo gruppo di pace di dieci
anni prima”.
Diverso era il ontesto storico, e diversa è stata
la modalità dell’iniziativa di pace kurda. Seydi Fırat rileva come allora ci
si fosse consegnati all’esercito, ora invece l’impatto è stato con le
autoritò civili. Nel
decennio intercorso la sfera militare, che allora condizionava ogni aspetto
della vita della Turchia, ha cominciato a cedere il suo monopolio alla sfera
politica.
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Yüksel Genç
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Yüksel Genç, nel suo articolo “La
questione del disarmo e l’esperimento del 1999”,
pubblicato il 4 agosto 2009 su Köküz e su Günlük (cfr.: Yüksel Genç, “Questa
occasione di pace è nostra”, su Günlük del 16
ottobre 2009, che riprende gli stessi temi), aveva sottolineato come il primo
Gruppo di Pace del 1999 avesse avuto il significato di rompere una sorta di
tabù, di aprire il discorso sul disarmo come una effettiva opzione
possibile dandogli la visibilita’ di un concreto gesto di deposizione
delle armi, di stretta di mano con i soldati nemici. Occorreva dimostrare che
nell’ambito di un processo di soluzione democratica della questione
kurda, e solo in connessione a tale possibilita’, il PKK era disposto a
rinunciare alla lotta armata.
Ma, dall’altra parte, il Regime non aveva colto quella occasione. Ed
altri dieci anni di conflitto e di morti sono trascorsi dopo
quell’esperimento non riuscito. E tuttavia quel gesto di deporre le
armi c’era stato, ed era stato reciproco: anche il comandante
dell’esercito turco aveva risposto deponendo le armi, e dicendo
esplicitamente: “Siate i benvenuti... vedete, anche io non ho
armi”.
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Finalmente
la sera del 23 settembre la BBC
diede inizio ad una svolta diffondendo la notizia secondo la quale: "Il
leader del PKK Abdullah Öcalan ha deciso che un gruppo di militanti del PKK
verrà in Turchia con le proprie armi a unirsi alla Repubblica Democratica
come segno di buona intenzione".
Quando fu trasmessa questa dichiarazione, tutte quante noi donne che ci
trovavamo nel Consiglio direttivo senza sapere cosa avremmo fatto, stavamo in
riunite silenzio di fronte alla radio. Tutte noi , riunite ai piedi della
radio ascoltavamo trattenendo il respiro l'appello della Leadership. ...
Dopo aver rotto il silenzio, e dopo i primi commenti alle dichiarazioni dello
speaker, ci abbracciammo l'un l'altra con gioia. La partenza del gruppo, con
l'annuncio al mondo delle valutazioni dell'Organizzazione, era ormai evidente
come una realtà certa, ed era aumentata la certezza che in questo modo
sarebbe stato reso partecipe il mondo intero di questa iniziativa di pace.
Dai commenti e dalle interpretazioni, si comprendeva che l'appello avrebbe
prodotto un effetto sconcertante nel mondo. Persino le stelle, che erano a
noi così vicine a causa delle tenebre che avvolgevano la notte, strizzarono
l'occhio per partecipare al nostro entusiasmo.
Yüksel
Genç, “Aggrapparsi
alla Pace”, Istanbul, 2006
(presto in libreria anche in Italia)
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E Yüksel Genç, ritornando sull’argomento il 16
ottobre 2009, alla vigilia dell’annuncio pubblico dei nuovi Gruppi di Pace,
rivendica senza esitazioni la giustezza e l’inevitabilità del duplice gesto di 10 anni prima (due erano
stati allora i Gruppi di Pace), che, pur con il suo esito negativo, e con il
sacrificio che era costato, aveva aperto una nuova strada (Günlük del 16
ottobre 2009): sì, se dovesse tornare indietro, a quei giorni del
1999, lo farebbe di nuovo!
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Per
apprendere le reazioni suscitate dall'appello, e per saggiare il polso della
"pubblica opinione" su questo argomento, cominciammo a seguire i
programmi televisivi. La pergola della televisione in ore simili è affollata,
giacciono chi a terra, chi sulle sedie, chi sulle pietre. La prima reazione
che attendevamo finalmente venne da parte del Primo ministro Ecevit.
"Se si avverasse che i militanti armati che sono sulle montagne si
arrenderanno, noi valuteremo ciò come un possibile progresso... In Turchia
viene mostrata ogni sorta di indulgenza. Ovviamente, tutto ciò all'interno
del quadro delle norme della giustizia!".
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Ecco come oggi [2009!] il PKK ha riassunto le vicende di
allora:
“Il 1 ottobre del 1999 il PKK inviò 8
guerriglieri che en- trarono in Turchia da Semzinan, il luogo nel quale la
lotta armata iniziò 15 anni prima. Il primo gruppo era composto da Ali Sapan,
Seydi Firat, Mehmet Sirin, Ismet Baycan, Yasar Temur, Soh- bet Sen, Gulten
Ucar and Yuksel Genc. Al gruppo si fecero incontro 50 soldati. Con loro
avevano 4 lettere indirizzate al Presidente della Repubblica, al Parla-
mento, al Primo Ministro ed al Comandate in Capo delle Forze Armate. Il PKK
dimostrò che se la Turchia
lo voleva, il PKK sarebbe stato pronto alla pace. Successivamente un secondo
gruppo fu inviato da Vienna il 29 Ottobre 1999. Il gruppo era formato da:
Haydar Ergul, Aysel Dogan, Dilek Kurt, Aygul Bidav, Imam Canpolat, Yusuf
Kiyak, Ali Sukran Aktas and Haci Celik. A questi sforzi fu risposto con
decenni di galera per i membri dei gruppi di pace. Ismet Baycan, membro del
Primo Gruppo, perse la sua vita come risultato di un attacco di cuore, il 24
Maggio del 2003 nel Carcere di Tipo E di Mus. Haydar Ergul e Haci Celik sono
ancora in prigione sebbene sia trascorso il termine della pena alla quale
furono condannati”.
(“Viaggio di pace: come siamo giunti a
questo punto” - www.kurdish-info.eu, 7 ottobre 2009)
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Con questa dichiarazione pronunciata da Ecevit, si propagò come un'onda di
speranza. Mi sentivo tranquillizzata. Guardai le altre compagne. Anche loro
erano tranquille come se si fossero liberate da un grosso peso.
La compagna Cicek disse, con un'espressione lenta ma più serena, come sempre
accade in seguito ad un piccolo entusiasmo:
"Questa è una dichiarazione importante".
Ed io l'approvai, dicendo: "Sì, questo mostra che anche loro non sono
lontani dalla pace", e proseguii:
"Questa parola 'arrendersi' forse era necessario che la adoperasse,
nella sua qualità di autorità dello Stato. In caso contrario forse avrebbero
anche pensato che avrebbero prodotto un'impressione come se ci stessero dando
una approvazione ufficiale".
Proseguii dicendo "In fin dei conti il messaggio che ci ha mandato è:
'Venite!'.
Yüksel Genç, “Aggrapparsi alla Pace”,
Istanbul, 2006
(presto in libreria anche in Italia)
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