‘Bashar
al Asad è come Gheddafi’
Asharq al Awsat intervista Riyad al As’ad
RUBRICA
DAMASCO-BEIRUT. Il colonnello a capo dell’Esercito libero siriano basato in
Turchia ha parlato al quotidiano panarabo. Invoca la
creazione di uno Stato civile, non militare né religioso, dove le forze armate
saranno lontane dalla politica e dal confessionalismo.
L’atlante della rivolta in Siria | Articoli
sulla primavera araba
(Carta di Laura Canali tratta da Limes
3/2011 "(Contro)rivoluzioni in corso" – Clicca sulla carta per ingrandirla)
Sul
quotidiano panarabo Asharq al Awsat
del 7 ottobre è apparsa un’intervista al colonnello Riyad
al As’ad, capo del sedicente Esercito libero siriano
(Els, al-Jaysh as-suriyy al-hurr) rifugiatosi
nella provincia meridionale dell’Hatay, dove da
giugno sono ospitati anche circa otto mila profughi della confinante regione di
Idlib.
Thaer Abbas, l’inviato del giornale saudita
edito a Londra,
firma l’intervista da Antakia e afferma di aver
intervistato As’ad in una
località "a un tiro di schioppo" (in arabo: "a un lancio di
pietra") dal confine con la Siria. L’Els, stando
al quotidiano, è guidato da un organo direttivo (Majlis al-Qiyada, consiglio di
direzione) composto da 65 ufficiali, dei quali 36 sono
in Turchia. L’intero esercito libero, afferma As’ad,
è composto da circa dieci mila disertori. Di seguito
riporto i passaggi cruciali dell’intervista.
AS’AD:
Bashar al Asad farà la fine del colonnello libico Muammar
Gheddafi, autoproclamatosi
re dei re ma ora costretto a fuggire da un posto all’altro. La caduta del
regime è vicina, molto vicina. E
avverrà con la forza. Così come il defunto Hafez al Asad (padre dell’attuale raìs) arrivò al potere (nel novembre 1970).
Com’è nato
l’Els?
AS’AD: In tutto siamo
circa dieci mila. All’inizio ci siamo mossi a titolo individuale
ma con l’aumentare del numero dei disertori ci siamo organizzati fino a
diventare una forza influente.
Come
operate sul terreno?
AS’AD: Quotidianamente l’esercito libero
compie azioni contro il regime. I siriani devono sapere che questo
esercito è loro vicino, e che lavora per proteggerli in ogni angolo del
territorio siriano. All’inizio ci concentravamo in azioni contro gli shabbiha (milizie lealiste alawite), contro le forze di sicurezza e contro i membri
dei servizi dell’Aeronautica, incaricati di controllare eventuali diserzioni
tra le file dell’esercito. Non prendevamo di mira l’esercito governativo. Ora
siamo costretti a colpire i militari del regime e lo faremo con tutta la nostra
forza. La nostra gente viene massacrata con ogni mezzo
e oggi (6 ottobre) vengono usati anche i caccia.
Che armi
avete?
AS’AD: Ci stiamo strutturando. Ne raccogliamo
giorno dopo giorno. La fonte di queste armi sono alcune entità siriane con cui siamo in contatto. Non
collaboriamo con entità straniere né riceviamo sostegno straniero.
E con la Turchia?
AS’AD: Con i turchi è in atto un coordinamento.
Sono gli unici che si sono schierati al nostro fianco mentre
gli arabi ci hanno abbandonato. Con Ankara non c’è ancora un coordinamento
militare, ma potrebbe esserci in futuro.
Con il
neonato Consiglio nazionale siriano (Cns) principale
sigla dell’opposizione all’estero?
AS’AD: Ci auguriamo
che il Cns diventi la facciata politica
dell’operazione della caduta del regime. Che ponga le basi per dare vita a uno Stato nazionale civile (non militare, né
religioso). Siamo già in contatto con il Cns tramite
alcuni membri delle diverse commissioni. Hanno già formato la commissione per
gli Affari esteri e quando daranno vita alla
commissione per la Difesa dovranno coordinarsi con noi. Anzi, questa
commissione sarà rappresentata da noi.
Quale sarà il ruolo futuro dell’esercito nella Siria post-Assad?
AS’AD: Sarà un esercito lontano dalla politica,
lontano dai partiti, lontano dal confessionalismo. Lo Stato che dovrà formarsi dovrà essere sicuramente civile.
L’atlante della rivolta in Siria | Articoli
sulla primavera araba