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Chi sono gli islamisti siriani

 

L’universo ampio e variegato dei movimenti islamici in Siria: conservatori e progressisti, laici e reazionari.
La loro forza scaturisce dalle umiliazioni coloniali del passato e da un presente vissuto tra clandestinità e persecuzioni.
La rivincita è vicina.

Siria, testimonianze dall’assedio di Homs | Limes 1/2012 "Protocollo Iran"

(Carta di Laura Canali tratta da Limes 1/12 "Protocollo Iran" – per ingrandirla clicca qui)

di Muammad al-ʽAmmār

Redazione Limes

La nascita dell’islam politico nel mondo islamico in generale e in quello arabo in particolare è da considerarsi una reazione storica al colonialismo occidentale iniziato alla fine del XVI secolo, quando la Compagnia delle Indie irruppe in uno sterminato impero islamico in fase avanzata di dissolvimento.

La prima componente dell’islam politico contemporaneo si è formata in India nel primo ventennio del secolo scorso, con il nome diĞamāʽat al-daʽwa wa-t-tablīġ. Malgrado il suo discorso pubblico che invitava a una chiara presa di distanza dalla politica, rappresentò il primo sforzo organizzato per rinverdire, nel XX secolo, il modello dello Stato medinese. Tutti i movimenti e le organizzazioni nati successivamente sono stati, in un modo o nell’altro, varianti di questo primo gruppo. Tuttavia, le differenze ideologiche e organizzative tra questo e i successivi gruppi, in particolare i Fratelli musulmani, non sono ben definibili. Alla fine degli anni Ottanta del Novecento, ad esempio, nella città siriana di Ḥamāh il vice amīr della Ğamāʽat al-daʽwa wa-t-tablīġ era lo šay Maḥmūd Šaqfa, una delle figure emblematiche della Fratellanza in Siria. Questa ambiguità ideologica è dovuta all’assenza di uno studio critico della tradizione islamica e in grado di compiere una scrematura delle "idee morte" e all’assenza di una posizione critica rispetto alla civiltà occidentale, che permetta l’esclusione delle "idee letali", secondo la distinzione dall’intellettuale algerino Mālik bin Nabī (1).

Al contrario, la posizione degli islamisti è stata in gran parte caratterizzata da due elementi fondamentali: santificazione dell’esperienza storica e della tradizione (seppur a livelli diversi) e rigetto dell’esperienza occidentale (anche qui a livelli diversi). Senza nulla levare alle differenze tra i gruppi islamici, questi – in Siria e nel resto mondo islamico – condividono gli stessi punti di forza e di debolezza, sebbene con gradazioni e sfumature diverse. Insomma: tutti i movimenti politici del mondo arabo e islamico condividono gli stessi fattori di arretratezza e le loro idee rispetto ai grandi temi si assomigliano molto, essendo prigioniere della tradizione. Ciò appare evidente nella posizione dei movimenti laici nazionalistici rispetto all’Occidente (Usa e Europa), impregnata dello spirito della guerra fredda e di slogan nazionalistici antioccidentali degli anni Sessanta. Il loro stesso rapporto con la democrazia e i diritti dell’uomo è teorico e di facciata: e non si concretizza nella pratica politica quotidiana. La ragione sta probabilmente nel fatto che, a causa del monopolio della vita pubblica da parte dei regimi militari, i movimenti politici arabi non si sono mai cimentati nella pratica politica e, pertanto, non hanno mai sottoposto a critica i loro assiomi teorici. Fino ad ora, non è apparso un movimento originale che stabilisca un rapporto critico con la tradizione e una relazione dialogica con la civiltà occidentale. Il concetto di "dialogo tra le civiltà" adottato da molte istituzioni non si è ancora liberato dall’ossessione dell’egemonia e dell’invasione ideologica e dal sospetto reciproco che divide le due sponde del Mediterraneo.

In Siria i movimenti islamici hanno tre orientamenti principali. Il primo è quello conservatore tradizionalista. Vi aderiscono molti personaggi emblematici e gruppi che si concentrano a Damasco e hanno propaggini nelle altre città; è l’orientamento predominante in tutta la Siria. Dominato da fuqahā’ impegnati solitamente in scuole giuridiche islamiche tradizionali, è caratterizzato da una certa tendenza sufi, è normalmente controllato da clan di šuyū ed è un prodotto di quell’islam popolare che prende parte alle manifestazioni (il che spiega perché queste ultime partano quasi sempre dalle moschee). Tra le istituzioni più importanti che adottano questo orientamento, vi sono:

Giovani musulmani: fondati da ‘Izz al-Dīn al-Qassām (2) a Latakia nel 1911 per scopi missionari ed educativi, ha inviato molti volontari a compiere il jihād nella Libia occupata dagli italiani all’inizio del Novecento. In quegli anni ‘Izz al-Dīn al-Qassām fu in prima linea nella resistenza contro l’occupazione e per questo fu arrestato e condannato alla pena capitale. Rifugiatosi in Palestina, vi fondò la resistenza contro il mandato britannico.

Giusta direzione islamica (al-hadāya al-islāmiyya): fondata nel 1930 da un’idea dello šayAlī al-anāwī, ha preferito l’azione etica a quella politica. Ha pubblicato perciò bollettini e comunicati, si è interessata all’insegnamento religioso, all’abbigliamento tradizionale e alla morale pubblica. Si è occupata della Palestina e si è opposta alla legge sulle comunità religiose.

Civismo islamico (al-tamaddun al-islāmī): fondata a Damasco nel 1932 da Amad Mahar al-‘Ama, ha pubblicato nel 1946 la rivista Il civismo islamico, poi vietata nel 1982 quando il potere centrale sconfisse i Fratelli musulmani in Siria, iniziando una campagna contro tutti i possibili nemici (islamisti in primis, ma anche laici) del regime. Il gruppo ha offerto servizi sociali ed educativi a Damasco.

Abū al-Nūr: gruppo sufi della arīqa naqshbandiyya (3) fondato da Muammad Amīn Kuftārū nella moschea di Abū al-Nūr. Alla sua morte nel 1938, suo figlio Amad ne assunse la guida. Il gruppo ha offerto servizi sociali ed educativi a Damasco, con sedi anche in altre città. Il suo interesse maggiore è il dialogo interreligioso. Con la morte dello šay Amad, ha dovuto far fronte a divergenze interne.

Al-Qubaysiyyāt: fondato da Munīra al-Qubaysī (da cui il nome) negli anni Sessanta, si è limitato all’insegnamento religioso nelle case. Ha fondato molte scuole. Segue la arīqa naqshbandiyya. Ha operato apertamente ma senza autorizzazione fino al 2006, quando è stato riconosciuto. Si è diffuso nei paesi del Golfo, nello Yemen, in Europa, negli Usa e in Australia.

Al-aznawiyya: risale ad Amad Murād e segue la arīqa naqshbandiyya. Ha fondato alcuni centri nei villaggi del governatorato di Dar‘a (4) e nella periferia damascena. A ereditare il gruppo i figli del fondatore Mamūd e Maʽšūq: il primo discepolo della linea tradizionale, il secondo di tendenze riformiste. Maʽšūq ha intrapreso un dialogo con i Fratelli musulmani, ha affrontato la questione curda nella sua dimensione religiosa, ha palesato la sua opposizione alla dittatura e ha contribuito a creare un Centro di studi islamici insieme a Muammad abaš (5). È morto in circostanze oscure alla fine del 1992, secondo alcuni per mano del regime.

Unione dell’azione nazionalistica per i curdi di Siria: organizzazione islamica curda dalle aspirazioni nazionaliste, fondata nel 2006. Considera l’islam come autorità etica (in quanto religione della maggioranza dei curdi) e il nazionalismo come fenomeno sociale naturale, non come alternativa alla religione. Opera per far ottenere ai curdi i loro diritti politici, sociali e culturali nell’ambito islamico e democratico.

Il secondo orientamento è quello riesumativo, volto appunto a "riesumare" – ovvero a ravvivare – il passato islamico della nazione e a costituire un governo in contatto con il passato e con l’identità storica della nazione islamica, la cui essenza è costituita dall’appartenenza all’islam. Fanno parte di questa categoria:

Al-Daʽwa wa-l-Tablīġ: fondata in India negli anni Venti del Novecento, raggiunse l’apice della sua espansione in Siria negli anni Settanta, periodo in cui stabilì il suo quartier generale a Ḥamāh e fondò altri centri nelle città e nelle campagne. La guerra divampata tra il regime e i Fratelli musulmani colpì anche quest’organizzazione, la cui attività fu congelata a causa dell’inesistenza di confini ideologici chiari. Oggi sopravvivono alcune attività formali e di singole persone che guardano con nostalgia al passato. Il controllo però è talmente forte da bloccarne un’eventuale rinascita.

izb al-Tarīr: fondata da Taqī al-Dīn al-Nabhānī, rifiuta la democrazia ritenendola un lascito del colonialismo e propugna la creazione del califfato. È piuttosto diffusa in Giordania, Libano, Egitto e Siria. È penetrata qui nel 1954 quando al-Nabhānī risedette a Damasco, e si è diffusa tra i giovani della capitale e di Aleppo nel clima democratico degli anni Cinquanta. Ha adottato la segretezza dall’epoca della Repubblica araba unita e pur non avendo partecipato allo scontro con il regime degli anni Ottanta, fu vittima della repressione poliziesca che colpì la vita politica siriana. Alcuni membri sono stati arrestati qualche anno fa e sottoposti a processo.

Fratelli musulmani: in Siria comparvero nel 1935, ad Aleppo, per poi spostarsi a Damasco dove al-Sibāʽī riuscì a riunire i vari centri del movimento e ne fu eletto supervisore (1945-1961). I Fratelli musulmani siriani sono relativamente anziani e sono legati al ceto commerciante e borghese; sono entrati in parlamento precocemente e hanno esteso la loro egemonia sui sindacati operai e professionali (secondo alcuni il golpe di al-Zaʽīm fu realizzato proprio per frenare la loro ascesa). La dimensione confessionale è sempre presente nella loro battaglia con il potere e le ondate di "migrazione forzata" da essi subite hanno contribuito alla loro diffusione, ma hanno anche creato divisioni interne. La repressione esercitata dal regime, soprattutto dopo la morte del fondatore al-Sibāʽī, ha attenuato le divisioni tra i due centri di potere della Fratellanza: Aleppo di orientamento tradizionalista e Damasco di tendenze salafite. Recentemente da una costola dell’organizzazione è nato il movimento Giustizia ed edificazione, la cui leadership è formata soprattutto da giovani.

L’ossessione jihadista è stata sempre presente nell’organizzazione sin dalla sua fondazione. Prova ne è la creazione di Futuwwa (Ribalderia) e Sarāyā (Squadriglie) con scopi jihadistici. I Fratelli non hanno mai espresso una posizione netta rispetto alla legittimità o meno dell’uso della forza, ma sempre e soltanto "mezze posizioni". Sono stati vittime del golpe baatista dell’8 marzo 1963 per due motivi: erano il nemico politico più forte per i golpisti che presero il potere e non avevano escluso di fare il "golpe al golpe", tanto è vero che si parlò della costituzione di un’ala militare dell’organizzazione.

Gli scontri ripresero dopo il colpo di Stato del 16 novembre 1970, quando i Fratelli approfittarono dell’appartenenza confessionale del leader del golpe per fare proseliti. I golpisti fecero altrettanto per formare il nucleo duro del regime. Questo iniziò la sua battaglia in silenzio, escludendo i Fratelli dalle mansioni pubbliche e allontanandoli dalle istituzioni religiose, scolastiche e da tutti gli impieghi sensibili nel paese. Furono sempre più emarginati e contro di loro furono compiute campagne di arresti senza precedenti, cui nel 1979 reagirono con un’escalation di violenza. Il regime ne approfittò per scatenare una vera e propria guerra.

Lo scontro raggiunse il culmine con la distruzione della città di Ḥamāh. Una legge (49/1980) promulgata dall’Assemblea del popolo, i cui membri sono in gran parte nominati dal regime in modo indiretto (6), considera reato l’appartenenza ai Fratelli musulmani. I Fratelli musulmani sono stati sradicati completamente e così tutti gli altri nemici del regime, veri o presunti, di ogni confessione e orientamento. La vita politica siriana è stata insterilita per decenni, si sono verificate fughe di cervelli, sprechi di potenzialità, spaccature nel corpo sociale tali da incidere sul futuro del paese per decenni a venire.

Per quel che concerne il rapporto dei Fratelli con il movimento salafita, esso va da un’alleanza potenziale (come in Egitto) all’antagonismo aperto (come in Arabia Saudita). Non c’è dubbio, comunque, che l’organizzazione abbia contatti diretti con i coordinatori della rivoluzione e sia presente con forza nel Consiglio nazionale siriano. Non è da escludere che sia in contatto con l’Esercito libero.

Il terzo e ultimo orientamento è quello riformatore. Ne fanno parte due soggetti.

Movimento salafita: di matrice saudita, è penetrato in Siria probabilmente attraverso gli emigrati che hanno vissuto per un certo periodo in Arabia Saudita. Tra i maggiori rappresentanti vi sonoMuammad Nāsir al-Dīn al-Albāni eAbū Muʽab al-Sūrī, che fu vice di al-Zarqāwī in Iraq. Il movimento adotta un’interpretazione letterale dei testi; nel suo orientamento puro non ammette la ribellione contro i governanti, ma nella pratica sono sorte varianti jihadiste antigovernative. Malgrado non sia organizzato in collettivi, non è da escludere che ripeta l’esperienza dell’izb al-Nūr egiziano in una Siria democratica.

Muammad Šarūr: questo studioso ha riletto alcuni concetti della cultura islamica a partire da teorie linguistiche diverse da quelle alle quali si appoggia la filologia tradizionale e sfruttando la ricerca contemporanea in vari campi del sapere.

Ğawdat Saʽīd: orientamento ideologico, più che gruppo organizzato, è stata fondata da Ğawdat Saʽīd con il libro Mahab Ibn Ādam al-awwal (La dottrina del primo figlio di Adamo) a metà degli anni Sessanta. Né l’autore né il libro attirarono l’attenzione all’epoca, malgrado l’opera fosse stata ben accolta per aver trattato l’argomento usando correttamente i fondamenti sharitici. Tuttavia, il clima incandescente dell’epoca fece sì che il libro (7) fosse ignorato, perché ritenuto un freno al jihād. Saʽīd parte dal presupposto che le questioni umane non possano essere trattate se non si esclude a priori la violenza. Il processo di unificazione europea è considerato il primo esempio di un nuovo modello politico mondiale che si basa sull’uguaglianza dei membri e sull’imposizione di condizioni a chi vuole aderire di sua volontà. La democrazia è l’auspicio dei profeti e la realizzazione dell’unità che hanno predicato, perché rende uguali gli uomini come mai prima. L’organizzazione non si stabilisce in paesi in cui le persone credono di poter governare con la forza. La primavera araba (8) ha confermato che il cambiamento pacifico è divenuta un’opzione fondamentale nella coscienza popolare: le dittature possono essere abbattute se le masse si mettono in moto pacificamente. Questo orientamento legge il Corano e l’esperienza profetica sfruttando le acquisizioni scientifiche contemporanee e si relaziona ai versetti che si riferiscono ai segni dell’anima (ayāt al-anfus) e a quelli esterni ad essa (ayāt al-āfāq) in modo da offrire spunti nuovi.

Nel complesso, Damasco appare preoccupata dall’islam politico clandestino e dal fatto che qualunque elezione trasparente in Siria diventerà una ripetizione dell’esperienza egiziana e tunisina. Le organizzazioni islamiche rappresentano la vera cifra politica siriana, nell’ipotesi di caduta del regime. Questi gruppi hanno tratto beneficio dalla residenza in Turchia e hanno profondamente rinnovato i rispettivi apparati concettuali, a giudicare dalle dichiarazioni dei portavoce. Ciò permette loro di allearsi con altre correnti politiche. Tuttavia, i movimenti islamici devono ancora compiere una seria revisione dei loro capisaldi teorici per essere in sintonia con il nuovo linguaggio che hanno adottato: un linguaggio moderno, che parla di cittadinanza, Stato di diritto, uguaglianza tra i cittadini (9) e che ha i suoi precedenti storici in al-Sibāʽī (10), malgrado l’organizzazione si sia progressivamente allontanata dall’orizzonte del suo fondatore.

I movimenti islamici sono l’unico erede legittimo delle dittature militari sostenute dagli occidentali negli ultimi cinquant’anni e sono capaci di penetrare nel mondo contemporaneo (come ha dimostrato l’esperienza del partito Giustizia e sviluppo in Turchia) vincendo elezioni trasparenti (come hanno dimostrato i casi di Egitto e Tunisia). Questa regione è incontestabilmente islamica e gli islamisti sono una parte essenziale del suo futuro, non un corpo estraneo.

Nel futuro della Siria e dei paesi della regione ci saranno due correnti fondamentali, entrambe islamiche: i conservatori e i riformatori, come in Gran Bretagna esistono i laburisti e i conservatori e negli Usa i democratici e i repubblicani. Io mi considero un musulmano laico, al pari di Erdoğan. Ma una laicità antislamica o non in pace con l’islam non avrà alcuna speranza in questa regione.

(1) Le "idee morte" sono idee obsolete, sebbene scaturiscano dalla società che le adotta; quelle "letali" sono invece attuali, ma esogene rispetto alla società che le adotta e inutili – o addirittura dannose – per essa (n.d.t.).

(2) Uno dei leader religiosi più importanti della storia di Ğablain Siria. Secondo molti è il padre spirituale del movimento di resistenza alla colonizzazione sionista della Palestina. amās ha adottato il suo nome per le brigate omonime.

(3) Uno dei maggiori ordini (arīqa) sufi fu fondato nel XVI secolo a Bukhara e a Tashkent, poi si diffuse in India e Iran. Fondatore fu Šāh Naqšband Muammad Bahā’ al-Dīn (1318-1389) che crebbe e visse in India.

(4) Piccola regione della Siria meridionale al confine siro-giordano e culla dell’attuale rivoluzione. È abitata da circa 1,2 milioni di persone, divise tra città medie (50-100 mila abitanti) come Dar‘a e altre di minore grandezza.

(5) Membro dell’Assemblea del popolo, appartiene alla scuola dello šay Kuftārū. In campo religioso è un riformista, mentre in campo politico è estremamente conservatore.

(6) Le Forze di sicurezza si occupavano di tutti dettagli, dalle candidature al risultato finale.

(7) Lo šay Muammad al-āmid, aīb della moschea al-Sulān a Ḥamāh e uno dei maggiori ʽulamā’ siriani negli anni Sessanta, disse, dopo aver letto il libro: "Il libro è shariticamente ineccepibile, ma frena i giovani dal compiere il jihād!"

(8) Dei 39 arrestati nel sit-in del 15 marzo scorso davanti al ministero dell’Interno, 11 appartenevano all’organizzazione, così come gli stessi leader del movimento di protesta a Dāryā. Lo šay Ğawdat, malgrado l’età avanzata, ha parlato in numerose manifestazioni, affermando l’importanza del manifestare in modo pacifico e la sacralità della democrazia. Io stesso, che faccio parte di questo orientamento, sono stato arrestato quattro volte durante la rivoluzione così come mio figlio Iqbal, mia figlia, mio genero (due volte) e mio figlio uhayb.

(9) Dichiarazioni di Mulhim al-Durūbī, rappresentante dell’organizzazione, ad Aljazeera, dicembre 2011.

(10) Munīr Muammad Al-Ġabān, Mabda’ al-muwāana ʽind al-duktūr Muṣṭafā al-Sibāʽī mu’assis al-iwān al-muslimīn (Il concetto di cittadinanza presso Muṣṭafā al-Sibāʽī, fondatore dei Fratelli musulmani [in Siria]), www.6 dctcrs.org/s2859.htm

(traduzione di Marco Hamam)