L’atlante dell’Esercito libero siriano brigata
per brigata
DAMASCO-BEIRUT.
Inchiesta sui ribelli anti-Assad. La
catena di comando dei militari che guidano la rivolta in Siria. La
richiesta di armi e il mito del jihadismo.
Una mappatura delle brigate regione per regione.
Intervista a Riyad al-As’ad | La missione impossibile di Kofi
Annan
(La carta illustra le morti civili e militari per
provincia al 30 aprile 2012 – tratta da http://www.sirialibano.com/, per andare
all’originale clicca qui)
Ribelli siriani che vessano e minacciano i cristiani di Homs. Altri che
barbaramente uccidono alawiti, la minoranza sciita a
cui appartengono i clan al potere in Siria da quarant’anni.
Su media italiani e internazionali appaiono sempre più
frequenti questi titoli, senza che in molti casi gli autori di simili
"reportage" si prendano cura di verificare di persona le fonti e la
loro autorevolezza.
Dopo
mesi di abboccamenti, interviste incrociate, anche via Skype, e attese a ridosso del confine siro-libanese,
Limes ha potuto ricostruire buona parte della catena
di comando e una porzione sostanziale della struttura in patria dell’Esercito
libero siriano (Esl), la piattaforma che coordina le
attività dei gruppi armati della resistenza anti-regime.
Fondato
nell’estate del 2011,
l’Esl è stato per mesi
comandato dal colonnello disertore Riyad
al-Asaad, sunnita
originario della Siria centro-settentrionale, rifugiatosi in uno dei campi
profughi allestiti nella provincia meridionale turca dell’Hatay.
Nei mesi scorsi, la diserzione del generale Mustafa al Shaykh, il militare più alto in
grado che si è opposto alla strategia repressiva imposta da Damasco, ha creato
seri problemi ai vertici. Inizialmente Shaykh aveva infatti annunciato la creazione di un Consiglio superiore
della rivoluzione, piattaforma che si proponeva come alternativa all’Esl.
Dopo
settimane di negoziati,
al-As’ad e Shaykh hanno
trovato un accordo che fa comodo a entrambi:
formalmente il generale Shaykh è a capo del neonato
Consiglio militare che comanda l’Esl. Le operazioni
militari di quest’ultimo sono però dirette da al-Asaad, che di fatto mantiene il
potere. Unica condizione: il generale, suo superiore, deve apparire nei
comunicati video e in quelli scritti come il referente dell’intera struttura militare. Fino a quando questo accordo
reggerà è difficile dirlo. Per il momento è stato comunque
eliminato uno dei tanti elementi di confusione che contribuiva a non dare
autorevolezza e legittimità ai vertici dell’Esl, la
cui base continua a essere fuori dalla Siria, in Turchia.
In
patria invece ci sono i Consigli militari locali, responsabili di ciascuna
regione di coordinare le azioni delle varie "brigate". I Consigli
sono collegati con la sala operativa di Assaad tramite connessioni telefoniche e satellitari. Come
gli attivisti non violenti hanno creato i Comitati di
coordinamento locali, così l’Esl si organizza
sul terreno tramite questi consigli militari.
La
regione centrale di Homs è sotto il controllo del Consiglio comandato dal colonnello Qassem Saad ad
Din, mentre il parigrado Afif
Suleiman è responsabile della regione centrale di Hama. Khaled Habus
comanda il Consiglio della regione di Damasco mentre
il tenente colonnello Muhannad al Talaa
dirige la regione orientale di Dayr az Zor. Si tratta di ufficiali disertori sunniti
dell’esercito regolare. Le armi in loro possesso sono leggere – fucili
automatici, lancia granate, mitragliatrici, mortai – e sono state acquistate
dai contrabbandieri in Libano, Turchia e Iraq, oltre a pochissimi carri armati
di fabbricazione sovietica portati con loro dai militari disertori. "Le
armi le abbiamo per lo più dai disertori. Oppure le compriamo nel mercato nero
in Siria, spesso dagli stessi militari che non disertano ma
hanno bisogno di soldi. Oppure dai
contrabbandieri", racconta un ufficiale dell’Esl
proveniente dalla regione di Homs.
L’addestramento
è quasi inesistente.
"Le armi leggere non richiedono molta pratica. La
maggior parte dei membri dell’Esl
sono soldati disertori. Mentre i civili che si
uniscono a noi sono per lo più giovani che hanno già servito nell’esercito come
militari di leva", afferma l’ufficiale che preferisce rimanere anonimo per
motivi di sicurezza.La questione degli
armamenti a loro disposizione è un tema che suscita sempre discussioni e
polemiche all’interno dell’Esl e a tutti i livelli
dell’organizzazione militare. Molti sottufficiali e coscritti disertori, quelli
che combattono ogni giorno sul terreno, chiedono più armi e di migliori per
contrastare i governativi.
Gli
ufficiali, come Abu al Qays,
rispondono:
"È vero, c’è uno scollamento tra le aspettative e
la realtà. I ragazzi sul terreno combattono, vedono i loro compagni morire, vengono feriti e i rifornimenti promessi non arrivano. Noi
stiamo cercando di risolvere questo problema. È una questione politica che non
è in mano nostra. I politici negoziano, ma sul terreno i soldati non capiscono
le ragioni e i tempi della politica". Un giovane disertore proveniente da Duma, sobborgo di Damasco, ma
ferito a Homs, ascoltato a Tripoli (nord del Libano)
ha detto: "Non ci inviano nemmeno le pallottole! Noi combattiamo da otto
mesi e i politici se ne stanno in un albergo a cinque stelle… poi ogni volta
che portiamo a termine con successo un’azione, loro se ne assumono
la responsabilità di fronte al mondo. Ma siamo noi che
proteggiamo la rivoluzione!".
Dal
canto suo, a marzo Burhan Ghalioun, leader del Consiglio nazionale siriano
(Cns), la principale piattaforma di
oppositori all’estero che tenta di coordinare gli sforzi con l’Esl, aveva promesso che sarebbero stati presto distribuiti
"stipendi" ai membri dell’Esercito libero grazie a sostegni
finanziari di alcuni paesi arabi (Arabia Saudita, Qatar, Kuwait). "Ma i
soldati non chiedono altro che armi!" è stata la risposta di Abu al Qays.
"È passato un anno dalla rivoluzione e la violenza aumenta di giorno in
giorno e non abbiamo i mezzi per affrontarla".
L’atteggiamento
dei "ribelli" siriani nei confronti delle popolazioni civili è un tema di estrema
attualità. I media occidentali, anche italiani, che
per varie ragioni sostengono la repressione attuata dal regime siriano, tendono
a riportare le notizie in cui i membri dell’Esl
appaiono come dei fondamentalisti sunniti
sanguinari e senza pietà pronti a fare dei cristiani e degli alawiti carne da dare in pasto ai cani.
Nel
corso della sua inchiesta, Limes non ha trovato riscontri seri a queste voci. Perché
diventino "fatti accertati", basta che testimoni di località cristiane
o alawite, per lo più della regione di Homs, raccontino presunte atrocità commesse dai "ribelli". Finora non sono però emerse prove
di questi crimini commessi da membri dell’Esl. Gli
interlocutori interpellati da Limes sono sì sunniti, molti dei quali osservanti, e alcuni di loro hanno
assunto posizioni radicali durante questi lunghi mesi di repressione e
conseguente resistenza armata a un regime da molti
identificato con l’intera comunità alawita. Gli
intervistati hanno tutti respinto con forza le accuse all’Esl
di essere l’ombrello sotto il quale operano squadre di
aguzzini che commettono atrocità a sfondo confessionale.
"Non
esistono brigate della morte o reparti dedicati a questo tipo di violenze. I civili sono parte delle nostre file. Cerchiamo di legittimare la
nostra azione nei confronti del maggior numero di siriani. Perché
mai dovremmo alienarci parte della popolazione?" si chiede il capitano Habib B., pseudonimo di un disertore della regione di Homs.
"Non
posso escludere che vengano commessi errori da parte di soldati
dell’Esl ma noi perseguiamo chiunque si macchi di
crimini contro i civili", assicura Habib B.
riecheggiando le stesse parole ripetute più volte dal presidente Bashar al Assad in riferimento
alle sue responsabilità nella repressione in corso. "Siamo qui per
proteggere prima di tutto i civili", afferma il
maggiore Yahiya S., anche detto il
"dottore" dai suoi sottoposti della regione tra Homs
e Hama. "Lavoriamo di concerto con i Comitati
per la protezione dei civili", un ombrello di gruppi che dietro le quinte lavorano da mesi nelle zone più colpite
dalla repressione.
In
particolare, all’interno dell’Esl, nei mesi scorsi era stata formata
nella regione nord-occidentale di Idlib
la Brigata dei siriani liberi con l’obiettivo principale di soccorrere ed
evacuare i civili feriti, quelle sfollate e i familiari dei disertori.
"All’inizio eravamo in dieci, oggi siamo 150, ma
di questi 50 sono armati. Gli altri lavorano nella logistica", precisa Abdel Salam Hamid,
pseudonimo di un ufficiale della regione di Idlib. Il concetto della "protezione" è cruciale
nella lotta quotidiana dei membri dell’Esl. È una
parola (himaya) che ricorre molto spesso nelle
interviste. Dal loro punto di vista, sono dei "resistenti", dei
soldati chiamati a "proteggere la rivoluzione".
Anche
quando i più aderenti alle dottrine islamiche evocano il jihad, si riferiscono allo sforzo esteriore di
ogni musulmano di difendere i territori attaccati dai nemici. In tal senso, la
loro lotta è di "liberazione" contro una forza occupante,
"l’esercito di al Asad"
(jaysh al Asad) o "le
forze di al Asad" (al quwwat
al asadiyya). Nel titolo e nel primo verso
dell’attuale inno nazionale siriano si salutano proprio i come "protettori
delle terre" (humat al diyar).
Spesso
si parla dell’Esl come un insieme di milizie senza alcuna forma di
coordinamento. Il cessate-il-fuoco richiesto dal
piano di Kofi Annan,
inviato speciale Onu-Lega Araba, ed
entrato formalmente in vigore il 12 aprile, è stato a lungo rispettato
dalle varie brigate dell’Esercito libero, dall’estremo sud all’estremo nord.
È impossibile fornire un numero esatto degli effettivi dell’Esl in patria. Riyad al Assaad ha parlato in passato di
"più di 10 mila unità". Sul terreno, in ogni regione, ogni villaggio ha la propria squadra di militari affiliati
all’Esl. Recensirle tutte è
assai difficile. Da un calcolo effettuato sommando gli uomini indicati dai vari
comandanti dei consigli militari locali si arriva a un
massimo di 6.500 uomini in tutta la Siria. Una cifra ancora
irrisoria se paragonata ai circa 300 mila soldati formalmente in quota
nell’esercito governativo.
Qui di
seguito riportiamo un elenco delle brigate dell’Esl
operative nelle varie regioni, comandate dai vari consigli militari
locali, a loro volta diretti dal colonnello Riyad al Assaad dal sud della Turchia.
Molti
italiani potranno stupirsi dei numerosi riferimenti alla storia classica dell’Islam presenti nei
nomi scelti per le varie brigate. Secondo alcuni, questa è una prova
dell’integralismo dell’intera struttura dell’Esercito
libero. Ogni comunità ha i suoi miti e le comunità in rivolta hanno l’esigenza
di attingere ai loro miti storici per dare un senso di rottura con lo status
quo che cercano di alterare.
In tale contesto, il ricorso a nomi dei primi califfi dell’Islam, a compagni
del profeta Maometto, a celebri condottieri della storia islamica non è poi
così dissimile dal ricorso ai miti risorgimentali da parte dei resistenti
italiani tra il 1943 e il 1945.
Elenco delle brigate
dell’Esl
Nella
regione di Homs sono attivi circa 3.300 combattenti così
divisi:
1) Brigata
"Khaled ben Walid", dal nome del compagno del Profeta e
comandante militare che conquistò la penisola araba e fu protagonista di
memorabili battaglie contro i Sasanidi di Persia e i
Bizantini del Vicino Oriente. La brigata è comandata
dal maggiore Abdel Rahman Shaykh Ali. Conta più di 2 mila uomini. Nell’autunno 2011
vi sono confluite squadre e compagnie più piccole. A
settembre 2011 si è distinta per esser riuscita a respingere gli
attacchi governativi a Rastan (tra Homs e Hama) e a costringere i lealisti a ritirarsi. A sua volta è divisa in varie
compagnie.
1a) Compagnia "Fadi Qassem", dall’omonimo tenente colonnello disertore ucciso ad agosto
2011 dai governativi.
È un braccio della Khaled ben Walid.
Opera a Bab Dreib ed è
comandata dal capitano Yusef Hammud.
Circa un centinaio di uomini.
1b) Compagnia "Muhammad Tlass", dal nome di uno dei primi disertori
di Rastan che annunciò la sua defezione in un video a
inizio giugno. Opera a Rastan ed è comandata dal
maggiore Ahmad Bahbuh. Circa 50-100 uomini.
1c) Compagnia "Hamza", dal
nome dello zio paterno del Profeta, Hamza ben Abdel Muttalib, noto nella tradizione
per le sue doti nella lotta e nella caccia. Operativa a Rastan, è comandata dal capitano Ali Muhammad
Ayub, 50-100 uomini. A gennaio 2012
era riuscita a liberare i quartieri occidentali di Rastan
dalla presa dei governativi.
1d) Compagnia "Ali ben Abi Taleb", dal nome del cugino e primo genero
del Profeta, quarto califfo dell’Islam e primo imam
dello sciismo. Operativa a Hula, è comandata dal
tenente colonnello Fayez Ahmad
al Abdallah. 25 uomini.
1e) Compagnia "Operazioni speciali". Opera a Zaafaraniya e Mukhtariya ed è
comandata dal Capitano Rawwad Ahmad
al Aksah. 50 uomini.
2)
Brigata "al Faruq", la più citata sui
media italiani che sostengono la repressione del regime siriano in
quanto sarebbe "infiltrata da numerosi elementi qaidisti
e colpevole dei crimini più atroci contro cristiani e alawiti".
Il nome deriva dall’appellativo di Omar ben Khattab, compagno del Profeta e secondo califfo
dell’Islam. È comandata dal tenente colonnello Abdel
Razzaq Tlass, della
famiglia dei Tlass cui appartiene l’ex ministro della
Difesa Mustafa Tlass per
lunghi anni braccio destro del defunto raìs Hafez al Asad. I Tlass sono originari di Rastan.
La brigata al Faruq, circa un migliaio di
combattenti, era operativa a Bab Amro
a Homs e nella regione sud-occidentale di Homs, fino a Qseir. Inizialmente
faceva parte della Khaled ben Walid
poi è diventata autonoma e si è ritagliata un ruolo a Bab
Amro, infliggendo perdite importanti ai governativi
tra ottobre e novembre 2011.
Nella
regione di Hama-Idlib sono attivi poco più di un migliaio di
militari dell’Esl, divisi in
diverse "brigate" minori o compagnie.
1) Brigata
"Abulfida", dal nome del combattente, storico e
geografo di Hama, curdo,
che tra il Tredicesimo e il Quattordicesimo secolo guidò
battaglie sotto i Mamelucchi contro i
Crociati. È operativa nei dintorni di Hama
e nella regione a sud di Idlib. Conta circa 500
uomini.
2) Brigata "Usama ben Zayd", dal nome di uno dei nipoti del Profeta, noto per il suo
coraggio nelle battaglie per le conquiste islamiche. È comandata dal capitano Zuhayr Shaykh e conta circa 500
uomini. La "Usama ben Zayd"
coordina il lavoro di varie compagnie:
2a) Compagnia
"Muhammad Hussein Hallaq", disertore "martire" a Hama.
Operativa nell’area di Kfarnabuda, tra Hama e Idlib. Comandata dal tenente
colonnello Ayman Hallaq.
25-50 uomini. A febbraio aveva catturato undici iraniani, poi rilasciati.
2b) Compagnia "Ayman ben Hussein al Abdallah", 25-50 uomini. Comandata dallo
stesso Ayman Hallaq.
2c) Compagnia "Lotta Sarmani".
Operativa a Khan Shaykhun, nella regione di Idlib. Comandata dal tenente
colonnello Abdel Majid Ayub. 25 uomini.
2d) Compagnia "Abu Ammar".
Operativa a Idlib, è comandata dal tenente colonnello
Amin Abu Uthman. 15 uomini. Operava in modo autonomo fino alla morte del suo comandante Ahmad
Mudir al Hussein lo scorso
novembre. È poi confluita nella Usama
ben Zayd.
2e) Compagnia "Hasan al Hasan". Comandata dal tenente colonnello Muhammad Ahmad Hamadi. 15 uomini.
2f) Compagnia "Muhammad al Shaykh".
Comandata dal tenente colonnello Muhammad Baz. 15 uomini.
2g) Compagnia "Khodr Sharif".
Operativa a Kfarnabuda. 15-20 uomini. Formatasi a
dicembre scorso, ha poi annunciato la sua fusione nella Usama ben Zayd.
2h) Compagnia "Musab al Sabea". 30 uomini. A febbraio ha annunciato
la sua fusione nella Usama
ben Zayd.
2i) compagnia "Izz ad Din". Operativa a Idlib
e comandata dall’ufficiale Jaafar Abdel
Fattah Akrabo. 20 uomini.
Formata a febbraio e poi unitasi alla Usama ben Zayd.
2l) Compagnia "Suleiman".
A sud di Idlib, è comandata
dal generale Radwan Madlush,
ucciso il 14 novembre 2011. 50 uomini. Dopo la morte del generale Madlush si deve essere sciolta e i suoi membri sono
confluiti nella Brigata Abulfida. I
media del regime di Damasco affermano che Madlush
è stato rapito da terroristi all’inizio di ottobre.
2m) Compagnia "Qashush",
dal nome del "poeta della rivoluzione", Ibrahim
Qashush, il vigile del fuoco e scrittore popolare
autore di una canzone cantata dai manifestanti in piazza. Ucciso, sgozzato, a Hama nel luglio 2011. Comandata dal capitano Ayman al Kurdi.
Nella
regione di Idlib sono operativi circa 300 uomini così
suddivisi:
1) Compagnia
"Harmush". Operativa a Jabal
Zawiya. Capitano Yusuf ad Din Yahiya.
150 uomini. È descritta come "la più attiva brigata della regione",
fino a quando non si sono ritirati a dicembre in
seguito all’offensiva governativa. "A gennaio hanno compiuto agguati e
azioni mordi e fuggi".
2) Compagnia
"Hamza". Comandata dal maggiore Abdel Sitar Yunis,
è operativa a Idlib e dintorni.
3) Compagnia
"Abu Bakr Siddiq", dal nome del primo califfo dell’Islam nonché
uno dei compagni del Profeta. Operativa a Idlib.
4)
Compagnia "Darar ben Alazur". Confluita nella Abu Bakr Siddiq
dopo esser nata a gennaio 2012, è operativa a Sirmin.
15 uomini.
5) Compagnia "Muwaya", dal nome di Muawiya
ben Abi Sufiyan, uno dei
conquistatori della Siria e primo califfo della dinastia omayyade,
con capitale a
Damasco. Operativa a Saraqeb. 50 uomini.
Nella
regione di Damasco
i membri dell’Esl sono attivi in due aree attorno a Zabadani, a ovest della capitale a
ridosso del confine col Libano e a Duma, sobborgo a
nord della città. Difficile ottenere informazioni sulla struttura interna
dell’Esercito libero in quest’area. È operativa la
Brigata "I liberi di Damasco" che conta poco meno di un migliaio di uomini.
Nella
regione di Daraa operano non più di 300 uomini divisi in
piccole compagnie.
1)
Compagnia "al Omari", dal nome dell’antica moschea di Daraa, primo rifugio dei dimostranti nel marzo 2011.
Capitano Qays al Qataina.
100 uomini.
2) Compagnia
"Nasser Salah ad Din", Saladino il Vincitore. Operativa a Sanamayn. 25-50 uomini. Si coordinano con il capitano Qataina ma
sono indipendenti.
3) Compagnia
"Ahmad Khalaf", dal nome di un ufficiale disertore.
Operativa a Jiza. 25 uomini.
4) Compagnia
"Martiri per la libertà". Operativa a Musayfra. 25 uomini.
5)
Compagnia "Maggiore Masri" dal nome di un altro ufficiale
disertore. Operativa a Tasyil. 10 uomini.
Nella
regione di Aleppo operano non più di 100 membri dell’Esl, così ripartiti:
1) Compagnia
"Ababil", da un termine che appare nella Sura dell’Elefante del Corano. La parola si riferisce agli
stormi di uccelli, detti Ababil
che fermarono l’avanzata dell’esercito degli Abissini contro La Mecca nel 570,
parecchi decenni prima l’avvento dell’Islam. È comandata dal capitano Ammar al Wawi.
2)
Compagnia "Libertà". È comandata dal capitano Ibrahim
Munir Majmur. 25-30 uomini.