I Kurdi delle città
siriane di Damasco ed Aleppo
sono stati costretti ad emigrare in altri paesi, dopo
essere stati sorpresi tra due fuochi dall’inizio del clima
di conflitto in Siria. Molti tra
di loro si
sono trasferiti ad Istanbul, dove ora lottano
per la vita in condizioni estremamente
dure: agli uomini non è permesso lavorare poichè stranieri ed i bambini sono costretti ad andare in giro ad elemosinare e rubare per ottenere il denaro
di cui le loro famiglie hanno bisogno per sopravvivere.
Circa
cento famiglie kurde siriane stanno vivendo nei quartieri
di Küçükpazar e Fatih ad Istanbul:
alloggiano in stanze umide e sporche di hotel e pensioni senza licenza, non controllati dalle autorità.
Ogni giorno gli uomini delle famiglie
di Küçükpazar si riuniscono nella
strada dell’hotel in cui alloggiano, trascorrendo ore a discutere del conflitto
in corso in Siria. I
bambini si recano ogni giorno nelle
affollate strade di Istanbul
che costeggiano il mare, costretti
all’elemosina per far fronte
alle necessità quotidiane delle loro famiglie. Le ragazze ed i
ragazzi che vanno a chiedere l’elemosina a Beyoğlu e Taksim, dove il tasso di criminalità
è piuttosto elevato, verrebbero condotti sempre di più
verso la prostituzione e la droga
ogni giorno che passa.
La maggior parte dei
Kurdi siriani che abbiamo incontrato
qui evitano di dirci i loro
nomi e di farsi fotografare.
Tutti sembrano ancora avere paura
del
regime Baath.
Un giovane di queste famiglie, che ha chiesto di rimanere anonimo,
ci ha raccontato ció che segue sulla
lotta che stanno conducendo per sopravvivere: “Vivevamo nei quartieri di
Esrefiye e Şex Meqsud ad Aleppo, quando siamo rimasti
intrappolati tra due fuochi con l’inizio del conflitto,
le forze governative da un lato ed i
gruppi d’opposizione dall’altro. Ogni
giorno la nostra casa veniva
bombardata: ció ci ha fatto spostare
prima ad Urfa ed Antep e dopo
ad Istanbul, abbandonando tutto quello che avevamo.
Alcune persone ci hanno
condotto in questi due quartieri di Istanbul. Qui viviamo
negli hotel, con una famiglia di circa dieci persone che
condivide la stessa camera
e tutte le famiglie utilizzano lo stesso bagno. Paghiamo 20 lire turche al giorno
e 600 lire al mese per ogni
stanza. Agli uomini qui non è permesso
lavorare perchè siamo stranieri che nessuno vuole
assumere o non è permesso farlo. Non abbiamo nessun’altra scelta che quella di
far lavorare i nostri figli per guadagnare il
denaro di cui abbiamo bisogno per un riparo ed il cibo.
Tutti i nostri bambini se ne vanno in giro
a chiedere la carità perchè altrimenti ci metterebbero per la strada se non possiamo pagare gli hotel in cui stiamo. Stiamo aspettando la fine della
guerra per tornare nelle nostre case”.
Quando chiediamo al giovane
di fotografare le stanze in cui vivono, ci dice che il proprietario dell’hotel non ci permetterebbe di farlo. Allora abbiamo
parlato col proprietario che infatti ci ha negato
il permesso
di fotografare l’hotel o le camere che affitta ai
Kurdi siriani. Un negoziante vicino
all’hotel, testimone della conversazione con il proprietario, ci spiega le ragioni: “Vi ha negato il permesso
perchè non vuole che il suo
sistema di affitto venga alla
luce e finisca. E’ ovvio che non è un “hotel” quello in cui queste persone vivono ma un posto che ospita povera
gente, senza essere soggetto a nessun tipo di
controllo. I proprietari
e gli amministratori di questi hotel non prendono per prima cosa i soldi ma i
passaporti delle persone siriane che si spostano
in questa zona. Poi costringono i
figli di queste famiglie ad andare a chiedere la carità per ottenere l’affitto mensile delle camere. Questo è il
sistema d’affitto che si è creato
qui, che sfrutta la povera gente. Nè
la polizia nè la municipalità sono consapevoli della
situazione inumana che c’è qui. O forse lo sanno ma non interferiscono”.
Un altro uomo di queste famiglie,
che a sua volta vive in un hotel della
zona e chiede di rimanere anonimo,
ci invita nella stanza in cui stanno vivendo da sei
mesi. Quello che vediamo all’interno è una grande disperazione e miseria. Non puó
dirci molto delle condizioni che stanno affrontando
e di cui sono vittime. Piega la testa e rimane
in silenzio. Sua moglie continua a parlare: “E’ vero che qui non abbiamo paura di
essere uccisi dalle bombe ogni notte mentre dormiamo
ma stiamo vivendo una vita inumana. Non soffriamo a causa delle bombe ma i nostri figli sono
diventati dei mendicanti e sembra che si ritroveranno
presto in un ambiente molto peggiore. Credetemi, possiamo farcela senza mangiar niente
ma i nostri bambini piccoli, che non sanno niente, piangono
sempre per la fame. Come lei –mostra la bimba nelle sue braccia- che la scorsa notte
ha pianto fino al mattino perché aveva fame. Non avevo
proprio niente da darle. Chi si sentirebbe
bene a rubare e a chiedere l’elemosina? Ci butteranno fuori da questa camera se non riusciamo a permetterci 600 lire turche a camera ogni mese”.
Un giovane ragazzo kurdo ci si
avvicina mentre camminiamo nel quartiere e chiede: “Non c’è nessun kurdo
ad Istanbul che puó fare qualcosa
per noi?”. Poi ci racconta
in dettaglio la guerra in Siria. Sospira mentre dice che
si sarebbero aspettati che i
Kurdi ad Istanbul
li aiutassero, e sottolinea che nessuno, neanche le istituzioni kurde, si è recato sul
posto a vedere come stavano. Dice che non sanno il
turco e non possono muoversi perché hanno lasciato i passaporti al proprietario dell’hotel come garanzia per il prezzo della camera.
ANF
Istanbul