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La «terza via» dei
kurdi siriani:
una provincia autonoma e libera
Intervista. Saleh Mouslem, leader del partito Pyd, «fratello» del Pkk
I kurdi in Siria «hanno ottenuto una loro amministrazione
autonoma e proprie istituzioni civili – dice al manifesto Saleh Mouslem – sono
capaci di difendersi e di proteggere le altre componenti della regione (armeni,
turcmeni, arabi e assiri) con le unità di protezione del popolo. E sono
diventati parte dell’equazione e della soluzione politica che si prospetta. Ora
nessuno può negare i loro diritti nel futuro della Siria». Mouslem è il co-presidente
del Partito dell’Unione democratica (Pyd) che, com’è costume nelle istituzioni
politiche kurde, è codiretto da un uomo e da una donna.
Creato nel 2003, il Pyd è il ramo siriano del Partito dei lavoratori del
Kurdistan (Pkk), il cui leader, Abdullah Ocalan, sconta l’ergastolo sull’isola
d’Imrali. Dopo il massacro di circa un centinaio di civili kurdi nel 2004 (attaccati
da nazionalisti armati che brandivano ritratti dell’ex presidente iracheno
Saddam Hussein, a Qamishlo e in altre città del Kurdistan sudoccidentale), Saleh
si rifugia in Iraq. Torna in Siria un mese dopo l’inizio delle rivolte contro il
governo di Bashar al Assad, iniziate nel marzo del 2011. Il Pyd ha fatto parte
del Coordinamento nazionale per il cambiamento democratico (Cncd), in cui
Mouslem ha svolto l’incarico di vicepresidente per l’interno.
Nel dicembre del 2012, diversi membri del Coordinamento, riunito al Cairo, hanno
però minacciato di abbandonare l’alleanza se non fossero stati allontanati sia
il Pyd che il presidente della Cncd per l’esterno, il marxista Haytham Manna:
entrambi accusati di essere in dissonanza con l’opposizione più dura a Bashar
al Assad.
Qual è la vostra posizione nei confronti del governo siriano?
I kurdi hanno sempre sofferto ingiustizia e oppressione. Non
siamo mai stati vicino al potere ma in permanente conflitto col regime. Dal 2004
fino alla rivoluzione siriana, a cui abbiamo partecipato, abbiamo cominciato a organizzarci
e a impegnarci nella difesa legittima delle nostre città, ottenendo la
liberazione della maggioranza delle nostre regioni il 19 luglio del 2012. Non
conduciamo, però, una lotta cieca. Combattiamo da un lato il regime e dall’altro
i salafiti sostenuti dalla Turchia, dal Qatar e dall’Arabia saudita. In Siria
siamo circa 2,5 milioni, il 10–12% della popolazione. Abbiamo enormi difficoltà
quotidiane, ma cerchiamo di mantenere alta la nostra dignità e libertà, contando
sull’aiuto dei kurdi nel mondo. Quel che vogliamo è un’amministrazione unica,
autonoma e democratica in Siria, senza alcuna frontiera: affinché i kurdi che
vivono nelle altre città siriane come Damasco, Homs e Aleppo possano usufruire
dei propri diritti legittimi (sociali, culturali, politici e di legittima difesa)
ovunque si trovino.
Com’è adesso la situazione in Siria?
Per il momento il governo siriano è fuori dalle nostre regioni,
ma siamo esposti agli attacchi brutali dei gruppi salafiti jihadisti come Jabhet
al Nusra, che vogliono instaurare un califfato islamico. L’Esercito libero è debole
e anzi non esiste attualmente e noi siamo comunque pronti a cooperare con loro
in vista di stabilire una Siria democratica, laica e pluralista. Ora il
conflitto è tra l’esercito libero e i salafiti, e anche tra l’Esercito libero e le
forze armate governative, e tra i salafiti e le forze dell’ordine. Dopo il
regime, quelli che contano di più sono i salafiti. Le forze kurde del Pyd sono
però più disciplinate e organizzate. Nelle regioni in cui è presente
l’opposizione, siamo maggioritari.
Che cosa pensate delle trattative tra Ocalan e Erdogan in Turchia?
Le vediamo in modo positivo, sono passi importanti sia per il popolo kurdo che per quello turco. Siamo uniti da legami di fratellanza e da un progetto di integrazione nazionale con tutte le altre parti del Kurdistan. Noi difendiamo la democrazia e la libertà e in questo modo pensiamo di difendere i valori umanitari per il mondo intero.
Il Pyd sarà rappresentato martedì a Roma dal suo responsabile Esteri, Hassan Muhammed Ali, che interverrà all’incontro «Una proposta per la Siria che brucia: la ’terza via’ del kurdi siriani» (alle 18,30, Città dell’Altraeconomia, Largo Dino Frisullo). A seguire, parlerà l’avvocata Simonetta Crisci, della Rete Italiana di solidarietà con il popolo kurdo, di ritorno dallaRegione Autonoma del Kurdistan iracheno.