Ankara
teme nuove ondate di profughi, la rete del contrabbando e le milizie. Ma lascia
sempre più soli i civili siriani
Per primo lo ha scritto l’agenzia stampa turca Dogan,
poi l’ha ripetuto il quotidiano turco Hurriyet, poi lo ha confermato
l’israeliano Haaretz, che di muri se ne intende. Perché
di questo si tratta: un nuovo muro, al confine tra Turchia e Siria.
I lavori di
costruzione sono già iniziati: chilometri di cemento, due metri di altezza, filo spinato e tutto il resto. Il muro
sorgerà nei pressi di Nusabyn, nella Turchia sud orientale. Simile alla barriera annunciata dal ministro turco del Commercio,
Hatati Yazici, nei pressi del posto di frontiera di Cilvegozu.
Il motivo
è intuibile: oltre ai 500mila profughi dalla Siria, quel confine
è diventato troppo poroso per i militari di Ankara:
armi, contrabbando, gruppi armati. Il timore è che alla fine renda
ancora più dura la vita dei civili siriani, in fuga da guerra e
violenza.
LEGGI
LESSICO DEDICATO AI MURI DEL MONDO
Per mesi la
politica del governo turco è stato di pieno
sostegno ai ribelli siriani e di accoglienza ai profughi, ma negli ultimi tempi
(il parlamento turco ha esteso di un anno il mandato delle forze armate per
rispondere a eventuali sconfinamenti del regime) gli scontri tra le milizie
curde e i guerriglieri più radicali si sono intensificati, attirando
l’attenzione dell’intelligence di Ankara.
Né gli uni né gli altri sono ben
visti in Turchia. Ankara vuole tenere sotto controllo la zona e i miliziani che
vi operano. Solo che, come ogni muro, questa barriera non significa solo
questo.
Un ‘neo-ottomanesimo’, una politica estera da
protagonista e non più da comprimaria. Anche
all’alba di quella primavera araba divenuta autunno anche per i suoi
più entusiasti sostenitori,
Proprio la crisi siriana
ha simboleggiato questo blocco. Il governo turco, fin dal primo giorno di insurrezione, ha appoggiato la fine del regime di Assad.
Come hanno fatto le grandi potenze, salvo
indietreggiare sempre più, dissolvendosi nel non decidere.
L’intervento
armato dell’Occidente, definitivamente tramontato dopo l’attacco
con i gas, che non è stato il casus belli che molti chiedevano, Ankara
sa di essere più sola. Russia e Iran, con
Quello che
spaventa, sempre più, è la condizione dei civili siriani. Mentre la diplomazia internazionale arranca lentamente verso
un nuovo vertice a Ginevra, atteso per novembre, in Siria si continua a morire.
E i profughi in fuga, oltre il muro dell’indifferenza dei
media, delle classi dirigenti e delle opinioni pubbliche occidentali,
ora troveranno un muro anche sulla strada per
di Christian Elia