Se non fosse per gli jihadisti,
il regime sarebbe caduto molto tempo fa
October 27, 2013
di Karlos Zurutuza/IPS
I combattenti curdi
sono emersi come una componente importante nella guerra siriana grazie alle
Yekîneyên Parastina Gel (YPG – “Unità di Difesa del Popolo”), un gruppo armato
apparentemente ben organizzato che fino ad ora si è dimostrato in grado di
difendere il territorio che rivendica nella Siria settentrionale.
IPS ha parlato
con Redur Khalil nel quartier generale delle YPG a Qamishli nel nordest della
Siria. Un ex combattente del Partito del Lavoratori del Kurdistan (PKK) con
dieci anni di esperienza, Khalil – considerato la faccia pubblica della
resistenza curda in Siria – è stato ufficiale nelle YPG fin dall’inizio della
guerra in Siria.
Circa 40 milioni
di curdi costituiscono attualmente la più grande nazione senza uno stato. Con
circa tre milioni di persone, in Siria sono la minoranza più grande del paese,
tanti quanti gli alauiti, il gruppo etnico-religioso del presidente siriano
Bashar al-Assad.
I curdi hanno
ancora il controllo delle loro zone nel nord della Siria in un equilibrio
precario tra l’Esercito Libero Siriano (ESL) e l’esercito di Assad. Ciononostante
la più grande minaccia per la stabilità nelle zone dove sono concentrati, è
costituita dai gruppi collegati ad Al Qaeda molti dei quali, secondo quanto
viene riferito, vengono sostenuti dalla Turchia.
D: Qual’è
la situazione attuale della sicurezza nelle zone sotto controllo curdo?
R: Dal 16 luglio le nostre forze sono state costantemente impegnate in scontri
con gruppi collegati ad Al Qaeda come Jabhat al Nusra e in particolare con
l’ISIS – Stato Islamico in Siria e nel Levante – in tutto il territorio.
Questi gruppi terroristici non solo hanno ucciso e rapito curdi e deportato
civili dai loro villaggi, ma anche rubato i loro averi, depredato le loro case
e posti di lavoro. Dopo pesanti scontri in zone come Afrin,
D: Molti
affermano che
R: Su questo non c’è dubbio. Alcuni giorni fa li abbiamo individuati di nuovo
mentre arrivavano dal confine turco e siamo persino stati attaccati
dall’artiglieria turca sul loro lato. Due dei nostri combattenti sono stati
uccisi da colpi di arma da fuoco di soldati dall’altra parte. Ma abbiamo anche
un’ampia collezione di carte d’identità che appartenevano a combattenti
provenienti da Egitto, Tunisia, Bahrein … Molti dall’Iraq e fino ad ora tre
dalla Turchia [mostra un mucchio di carte d’identità].
Q: Ma la
presenza di Assad nelle vostre zone è quasi marginale. Perché c’è una presenza
così numerosa di combattenti stranieri nell’area?
R: Si tratta di una sfortunata coincidenza di due fini: sciovinismo turco, che
vuole boicottare ogni passo verso il riconoscimento del popolo curdo in Siria e
in qualsiasi altro luogo, e il sogno degli islamisti arabi di uno stato
islamico.
Noi curdi ci troviamo in mezzo a questi due piani; siamo un vero ostacolo per
loro e per questo di fatto al momento siamo noi quelli contro i quali al
momento combattono. Negli ultimi 20 mesi abbiamo subito oltre 20 attacchi
suicidi.
Oltre agli stranieri, Assad ha anche rilasciato prigionieri in tutto il paese. Se
non fosse per gli jihadisti, il regime sarebbe caduto molto tempo fa.
D: Avete
qualche tipo di comunicazione con questi gruppi? E con le forze di Assad?
R: Qualche giorno fa abbiamo rilasciato alcuni prigionieri in cambio dei corpi
dei nostri martiri. Questo è tutto. Come YPG non abbiamo alcun tipo di
comunicazione con il regime di Assad.
D: Corre
voce che combattenti del PKK stiano entrando nella Siria curda per unirsi ai
vostri ranghi.
R: Non è vero. Oltretutto non li aspettiamo perché abbiamo già chiaramente
dimostrato che possiamo gestire la situazione per contro nostro. Abbiamo un
esercito di 45,000 combattenti che hanno già svolto un programma di
addestramento di 45 giorni in diversi campi nelle zone curde.
D:
Tuttavia il PJAK – la controparte iraniana del PKK nel Kurdistan sotto
controllo iraniano – ha detto pubblicamente che vuole venire a combattere con
le vostre truppe.
R: Sono pronti a mandare i loro combattenti, ma come ho detto possiamo gestire
la situazione senza aiuti dall’esterno. Sia il PKK che il PJAK sono benvenuti
se vogliono venire, ma al momento non abbiamo un vero bisogno di loro.
D: Nei
vostri ranghi ci sono dei non-curdi?
R: In effetti. Ci sono una serie di arabi, assiri e turcmeni che si sono uniti
a noi, così come uomini e donne di ogni provenienza. Il 35% dei nostri
combattenti sono donne. Abbiamo vissuto insieme per secoli e loro sono parte
integrante del Kurdistan proprio come lo sono i curdi. La missione delle YPG è
di proteggere il Kurdistan occidentale e tutte le sue componenti etniche,
nazionali e religiose.
D: Ma
c’è anche chi dice che le YPG stanno reclutando bambini.
R: La chiamata alle armi sotto l’età legale viene del tutto rifiutata, è
inaccettabile e proibito dalle norme e regole della zona.
Sfortunatamente questo non ha impedito che alcuni lo facessero volontariamente
sotto la pressione delle circostanze e nella trascuratezza di alcuni. In questi
pochi casi non gli è stato consentito di partecipare ad operazioni militari e
non sono stati inviati nelle zone “calde”. Quello che voglio sottolineare è che
si è trattato solo di azioni individuali, non di un sistema o
dell’organizzazione in quanto tale.
D: I
partiti dell’opposizione curda vi hanno accusato di uso indiscriminato della
forza contro manifestanti nella città di Amude, che a giugno è risultato nella
morte di tre attivisti.
R: Abbiamo video, fotografie e documenti che mostrano che quello che è successo
ad Amude era parte di una cospirazione. Uomini armati si sono uniti ai
manifestanti e non hanno esitato a sparare contro un convoglio delle YPG di
ritorno da un combattimento nei dintorni di Hasakah,
D: Da
dove prendete fondi e rifornimenti?
R: Riceviamo sostengo dall’Alto Consiglio Curdo e dalle tasse che raccogliamo
lungo i confini sotto il nostro controllo.
D:
Jabhat al-Akradis è un’altra unità armata curda, ma non combatte insieme alle
YPG. Che tipo di rapporto avete con loro, se lo avete?
R: Jabhat al-Akrad è stata costituita come un’unità curda che si è unita
all’ESL ad Aleppo. Ma hanno persino avuto scontri con loro quando l’opposizione
araba ha attaccato le zone curde. Anche loro sono impegnati nella difesa del
territorio curdo.
D: Cosa
pensate del processo di pace tra Ankara e i curdi della Turchia?
R: Come al solito la parte curda ha fatto passi in avanti, mentre i turchi fino
ad ora non hanno mosso un dito. Nonostante gli ostacoli, io credo davvero che
la pace alla fine arriverà e che le questioni tra le due parti verranno risolte.
Non è solo una parte, ma l’intera società turca che lo chiede. Potrà volerci
più tempo del previsto, ma sono convinto che alla fine succederà.
QAMISHLI, Siria , 25 ottobre
25 2013 (IPS)