Togliere il blocco al Rojava
January 28, 2014
di Michael Rubin – Quando ho visitato per la prima volta il Kurdistan
iracheno nel 2000, la vita per i curdi iracheni era difficile. Saddam Hussein
se n’era andato, almeno da Dahuk, Erbil e Sulaymani, ma nessuno sapeva se e
quando le sue forze sarebbero tornate. L’economia curdo-irachena soffriva sia
di questa incertezza che di un doppio embargo: le Nazioni Unite avevano
sanzionato l’Iraq e il governo di Baghdad aveva bloccava il Kurdistan. (…) Il
governo forniva l’elettricità solo per poche ore al giorno. Le farmacie avevano
medicine, ma c’era carenza e spesso le medicine disponibili erano oltre la data
di scadenza.
I curdi hanno
resistito al blocco, Saddam è caduto e oggi il Kurdistan iracheno prospera, in
parte a causa della stoica risolutezza del popolo curdo e in parte per via
della leadership sia dell’Unione Patriottica del Kurdistan che del Partito
Democratico del Kurdistan.
Quanto è
spiacevole che gli stessi politici che un tempo di si lamentavano del blocco
del Kurdistan iracheno, ora siano impegnati a loro volta in un blocco.
La rivoluzione
siriana ha reso possibili i sogni dei curdi che solo poco tempo fa potevano
sembrare folli. Solo dieci anni fa, una protesta antigovernativa durante una
partita di calcio a Qamishli scatenò la repressione siriana che portò alla
morte di dozzine di curdi e all’incarcerazione di altre centinaia. Il governo
siriano revocava regolarmente la cittadinanza alle persone di etnia curda
impedendo loro di comprare terre e di frequentare l’università. I curdi
languivano in città come Dibik, Qamishli e Amuda quando Hafez al-Assad prima, e
suo figlio Bashar poi, cercavano sistematicamente di minare il loro sviluppo e
anche quando cercò di finanziare il suo governo e il suo dispendioso stile di
vita in parte con la ricchezza derivante dal petrolio della provincia di
Hasakah.
Il Rojava è la
zona più stabile e sicura all’interno della Siria, anche se la sua sicurezza è
stata conquistata a caro prezzo: ogni città ha dozzine di nuove tombe e
immagini di martiri costellano la maggior parte dei negozi, delle case, dei
lampioni nelle strade. Mentre ogni ministro curdo iracheno vanta un grosso
ufficio con tappeti stravaganti, i televisori più nuovi e divani decorati, i
funzionari del Rojava svolgono il proprio lavoro in appartamenti e piccole
stanze vicino a stufe a kerosene, spesso senza un tappeto e a volte senza
nemmeno una scrivania. Nessuno dei loro figli trova i soldi per comprare ville
da 10 milioni di dollari nei dintorni di Washington, DC, o eleganti case di
città a Londra. Niente va sprecato perché alla gente normale serve così tanto.
Mentre la
regione ha frutta e ortaggi, coltiva grano e per questo aveva farina per il
pane, c’è una grave carenza di altri alimenti di base come riso e olio per
cucinare. Anche durante le sanzioni i curdi iracheni ricevevano razioni, a
prescindere da quanto fosse diventato corrotto il programma “oil-for-food”
delle Nazioni Unite. I curdi siriani non hanno simili risorse:
Il Rojava resta
stoico, anche se il suo isolamento è maggiore di quello mai affrontato da Masud
Barzani e Jalal Talabani. Nel costituire il Governo Regionale del Kurdistan
(KRG), entrambi inizialmente ebbero l’assistenza di francesi, britannici e
americani che crearono un porto sicuro e misero in atto una “no-fly zone”. Anche
durante il picco dell’isolamento del Kurdistan iracheno, il commercio è
continuato attraverso entrambi i confini, iraniano e turco. In effetti la
scintilla per la brutale guerra civile combattuta tra i partiti di Barzani e di
Talabani era in larga misura una disputa sulla divisione dei proventi del
valico di confine di Ibrahim Khalil.
Il Rojava, al
contrario, non gode né di una “no-fly zone”, né di alcuna protezione esterna. Il
governo turco, temendo un’altra entità curda affermata lungo il proprio
confine, ha imposto un blocco e la guerra civile all’interno della Siria taglia
i rifornimenti da quel paese. Il KRG completa il blocco. Le autorità curde
all’interno del Rojava dicono per esempio che il KRG ha rifiutato per più di
quattro mesi di consentire che diverse tonnellate di medicinali donati e
stoccati al confine entrassero nel Rojava e che funzionari del Partito
Democratico del Kurdistan al valico di confine di Fish Habur hanno rifiutato il
permesso di passare a illustri personalità straniere, tra cui un senatore
italiano.
La ragione per
la posizione del KRG ha due aspetti: in primo luogo Abdullah Öcalan è di gran
lunga la figura più popolare nel Kurdistan siriano; i locali ritengono che
Barzani abbia nel migliore dei casi un sostegno che va dal cinque al dieci
percento, più o meno lo stesso che nella regione ha Bashar al-Assad. Un recente
viaggio nel Rojava ha confermato simili stime, perché le bandiere a sostegno di
Barzani erano rare. Le ragioni per la popolarità di Öcalan sono molteplici: ha
vissuto in Siria fino al 1999 e quindi molti dei locali lo conoscevano. Coloro
che non lo conoscevano, potevano leggere i suoi scritti e la sua filosofia. Molti
respingono anche il carattere tribale del Partito Democratico del Kurdistan. Barzani
non ha fatto niente per guadagnarsi il cuore e la mente dei locali e ha invece
cercato di raggiungere i propri fini con la forza.
La seconda
ragione è sia diplomatica che finanziaria: gli affari di Barzani con
Soldi e
competizione politica potranno colorare i calcoli di Barzani, ma non dovrebbero
essere la ragione per fare in modo che curdi innocenti soffrano e muoiano per
mancanza di medicine. Se Barzani fosse un difensore dei curdi come lui stesso
afferma, non dovrebbe sacrificare il Kurdistan siriano alle proprie ambizioni.
I curdi hanno un
nome – Jash – per i loro compagni che hanno aiutato Saddam contro i loro
compatrioti in cambio di denaro o favori. Ahimè, quando si tratta di
danneggiare i curdi della siria, importanti funzionari del KRG ora agiscono
come principi dello jash. Non è troppo tardi però per il KRG per fare la cosa
giusta. Signor
Barzani, tolga il blocco.