Cemil Bayik: Le forze che hanno costruito l‘IS ora vogliono giocare al liberatore!

Posted date: August 26, 2014

Cemil Bayik: Le forze che hanno costruito l‘IS ora vogliono giocare al liberatore!

Nella seconda parte del reportage del quotidiano Vatan con il co-presidente del Consiglio Esecutivo dell’Unione delle Comunità del Kurdistan KCK, Cemil Bayik, quest’ultimo ha dato una valutazione sugli attacchi di Stato Islamico IS e il ruolo delle potenze internazionali.

Sembra che in Iraq e Siria con il caso Mosul sia iniziata una fase completamente nuova. Secondo le mie osservazioni nella regione ci sono due forze in ascesa: IS e il PKK. E queste due forze al momento si combattano. È giusto il ragionamento?
„Può sembrare così, ma dietro ad IS ci sono potenze regionali ed internazionali. IS senza l’aiuto di queste forze non avrebbe potuto combattere e svilupparsi in questo modo. Sembra che noi combattiamo contro IS, ma sembra così solo se osserva superficialmente. Ci sono alcune forze regionali sullo sfondo: alcune forze regionali mandano IS contro di noi.’‘

Che intenzioni hanno?
”Nel Medio Oriente stiamo vivendo la terza guerra mondiale. Ci sono stati interventi del sistema della modernità capitalista, ma non hanno avuto successo – né in Libia, Siria, Iraq, né in Egitto … La crisi si è addirittura aggrava ulteriormente, si sono create nuove crisi. Il sistema nell’amministrazione di questa crisi ha seguito diversi percorsi. Da questo è risultato il rafforzamento di IS. Con IS viene fomentata una guerra tra confessioni. Questa è una guerra molto pericolosa che riesce a distruggere la fratellanza e l’unità tra i popoli ed a renderli nemici. Fomenta conflitti e guerre tra i popoli, (…) per poi farsi festeggiare come liberatore. Così cerca di allagare di nuovo il suo controllo sul Medio Oriente.’‘

Con l’occupazione di Mosul sono venuti fuori dei commenti secondo i quali ora è stabilita la divisione dell’Iraq in tre. Secondo lei l’obiettivo di questo progetto è di dividere l’Iraq?
”In questa questione non si tratta solo della divisione dell‘Iraq. Si tratta di Siria, Iran e Iraq. Se la Turchia non cambia il suo atteggiamento, anche della Turchia. L’intenzione nello sviluppare IS era di dividere. Inoltre si vuole restringere l’influenza della rivoluzione del Rojava. Voglio mettere in evidenza il seguente punto: IS fa tutto questo in nome dell‘Islam, ma non ha niente a che fare con l‘Islam. Anche se prende come base la storia dell’Islam e la sua ideologia (con questo ottiene anche un certo sostegno, in particolare dalle aree sunnite), è completamente indirizzato contro l‘umanità. (…) Nel Medio Oriente la cultura islamica, le tradizioni, i valori democratici e sociali sono rappresentati in modo molto forte. Quello che fa IS li fa riflettere e li costringe a porsi delle domande.’‘

E crea paura.
”IS conduce molto bene la guerra psicologica. Conosce molto bene i rapporti di forza e naturalmente sfrutta anche la storia, prende la cultura islamica come base e le da alla società. Qui trova anche un certo riscontro. Ma IS si è sviluppata fino a questo punto in Iraq e ha raggiunto il suo limite. Non si svilupperà ulteriormente, la sua influenza anzi diminuirà progressivamente.’‘

Nel sud dell’Iraq ci sono gli sciiti, al centro gli arabi sunniti e al nord i curdi. Al momento gli arabi sunniti vengono guidati da IS. Può durare così? Uno stato sunnita costruito con la mentalità dell’IS può vivere con i curdi o gli arabi sciiti?
”Non penso. IS forse verrà usato ancora per un po‘ di tempo, perché quello che si vuole ottenere non è stato ancora raggiunto. Quando questo sarà riuscito, penso, IS perderà progressivamente la sua influenza. Ma questo non sarà semplice. (…)

Nella lotta dei curdi contro IS c’è disparità negli armamenti. In occidente si parla di aiuti militari ai curdi. Sono una parte di questa guerra.
”In effetti le armi si danno a chi combatte. Chi combatte contro IS? Ci sono anche altri che combattono, non lo nego, ma il nostro movimento ha l’onere principale. Se vogliono fornire armi, allora le armi vanno date a chi combatte. Sarebbe la cosa giusta. Fornire armi a forze che non combattono ma scappano è come dare armi a IS. Io vorrei affrontare un punto molto importante: non c’è una forza più grande dell‘uomo. L’arma più grande è l’essere umano stesso. Coloro che vincono gli uomini hanno vinto. Le armi erano nelle mani dell’esercito irakeno a Mosul, ma non hanno combattuto. Hanno lasciato tutte le armi. Questo significa che l’elemento determinante è l’uomo stesso. E l’uomo esiste attraverso la sua fede, i suoi obiettivi e il suo pensiero. Se l’obiettivo, la fede e il pensiero di questi uomini o movimenti sono forti, possono sconfiggere anche la tecnica più forte. Ci sono esempi pratici per questo. Le YPG e HPG combattono contro IS, ma né le YPG né le HPG hanno in mano armi come quelle di IS, ma possono fare resistenza contro IS.

L’atteggiamento del sud (Regione Autonoma Curda in Iraq), che non avevano abbastanza armi e che senza ricevere armi non potrebbero combattere IS non è giusto. (…). Tante armi quante ne ha IS ce le ha anche il sud e hanno persino lo stesso livello di armamenti. Ma IS combatte e loro non combattono. Guardare questo dal punto di vista tecnico è sbagliato. IS è una forza ideologica e dietro a loro ci sono forze internazionali e regionali che continuano a sostenerli.’‘

Vatan, 24.08.2014

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