Le donne curde che combattono lo
stato islamico
September 14, 2014
La storia di
Avesta e delle donne curde che combattono l’Isis nel tentativo di riabilitare
il Pkk agli occhi del mondo
Foreign Policy
racconta la storia delle donne di etnia curda che combattono ogni giorno in
Iraq i miliziani dello Stato Islamico nato dall’attività dell’Isis. Perché la
guerra non è più solo una cosa da uomini. E spesso le donne non sono semplici
soldati, ma possono anche godere di posizioni di comando, come Avesta, turca di
etnia curda, 24 anni, pronta a combattere gli islamisti.
L’ARRIVO
IN IRAQ ED I PRIMI COMBATTIMENTI - La donna incontra i commilitoni,
discute con loro tra tazze di the e caffé cosa fare nella loro base, uno
studentato nella città irachena di Makhmour, a dieci chilometri dalla line del
fronte degli islamisti, circondati dai loro Kalashnikov. Avesta guida una
guarnigione di 13 combattenti, di cui otto donne, tutti provenienti dalle fila
del Pkk, il partito dei lavoratori curdo. Arrivano tutti dalle montagne del
Qandil, una regione divisa tra Iraq, Turchia e Siria, e fanno parte delle
centinaia di curdi che hanno scelto di recarsi nel nord dell’Iraq per combattere
il nemico. Appena arrivati, il sei agosto, sono stati coinvolti in una
battaglia durata quattro giorni e che ha permesso loro di riguadagnare il
controllo di una zona abitata da oltre 10.000 curdi rifugiati dalla Turchia,
tra cui molti sostenitori del Pkk.
L’ARRUOLAMENTO
NEL PKK - Nel corso della battaglia Avesta ha sparato contro i nemici ed ha coperto
i propri compagni durante l’avanzata: «Non erano dei combattenti così capaci
come ha affermato la propaganda. Principalmente combattono usando l’artiglieria
pesante, mortai e artiglieria», ha spiegato la donna, già esperta di battaglie
visto che ha combattuto contro
I RISCHI
DEL FUTURO - Ed è tra le montagne che Avesta capì come le donne potevano essere forti e
come il Pkk, un’associazione di stampo marxista, preveda la presenza di donne
anche nei posti di comando, tanto che la metà dei leader è appunto donna, una
rarità nei paesi musulmani. Ed i suoi commilitoni seguono fedelmente i suoi
ordini come Kendal, 19enne maschio, che spiega come Avesta dia ordini ed
istruisca sulle tattiche da seguire. Il loro compito è però gravato dalla
lettura che il mondo dà del Pkk, un’organizzazione identificata come
terrorista. Continua Avesta: «ci chiamano terroristi ma noi salviamo i civili,
i jihadisti li decapitano». Ma se dovessero vincere contro l’Isis e stabilirsi
nel Kurdistan iracheno, scatenerebbero l’irritazione delle Turchia che non
apprezzerebbe la presenza di un vicino tanto ingombrante e pericoloso. Con il
rischio che Avesta, insieme alle sue compagne, potrebbero presto combattere un
nuovo nemico.
di
Maghdi Abo Abia
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