I veri
motivi del no alla partecipazione diretta di Erdogan alla “coalizione” anti-Isis
guidata dagli Stati Uniti sono: il ruolo nell’addestrare l’Isis e la paura di
una rivolta curda
di Shorsh Surme * – IL MANIFESTO
Roma, 27 settembre 2014, Nena News – Con lo scambio
dei suoi 46 ostaggi, ecco i veri motivi del
no: il ruolo nell’addestrare l’Isis e la paura di una rivolta curda.
La Turchia membro della Nato, che da anni
cerca di entrare nell’Unione Europea, non parteciperà alla coalizione
internazionale per combattere i jihadisti dello Stato islamico (Isis) e non
concederà nemmeno l’utilizzo delle proprie basi di Incirlik e Batman nel
Kurdistan turco per i raid contro gli estremisti dell’Isis. Il rifiuto
di Ankara era stato motivato strumentalmente dalla necessità di non
compromettere la sicurezza di 49 dei suoi cittadini ostaggi dell’Isis da quando
hanno assunto il controllo della città di Mosul nel giugno scorso, ma se quelli
dell’Isis avessero voluto uccidere gli ostaggi turchi l’avrebbero fatto. Invece
sono stati liberati dopo 101 giorni. Per il quotidiano curdo Khabat
gli ostaggi sarebbero comunque rimasti nella zona di Mosul, poi sono stati trasferiti due giorni
prima della loro liberazione a Raqqa, «capitale» siriana dell’Isis, e infine
rilasciati al confine fra Siria e Turchia al valico di Tel Abayad, condizione
posta dai jihadisti per paura di attacchi dei pershmerga curdi.
I dirigenti di Ankara
vengono accusati da varie parti, di aver addestrato molti membri dell’Isis
prima in Siria poi in Iraq
in chiave anti Assad, in realtà sono stati addestrati per combattere i
combattenti curdi del Kurdistan
della Siria. Ora il governo turco non partecipa alla
coalizione anti-Isis e ha criticato le forniture di armi ai combattenti curdi
iracheni (peshmerga) che stanno per essere inviate da alcuni paesi dell’Unione
Europea (tra cui Francia, Italia e Germania). La
Turchia teme che un giorno queste armi possano cadere nella mani del Partito
dei Lavoratori del Kurdistan, il
Pkk, in lotta anche armata contro lo Stato turco dal 1980 per la libertà del popolo curdo di Turchia, e che da poco è coinvolto in
un fragile processo di pace con Ankara.
Le autorità turche, pur consapevoli che i loro imprenditori stanno guadagnando
in questo momento milioni di dollari proprio grazie al governo regionale curdo
che sta investendo per la ricostruzione del Kurdistan dell’Iraq, insistono nel
prendere le distanze, così che nel momento del bisogno non sono stati disposti
ad aiutare il governo regionale curdo (Krg) nel respingere l’attacco dell’Isis
nella regione. Tanto che il governo locale curdo sta rivedendo la sua posizione
verso Ankara. Nechirvan
Barzani, il premier del governo regionale curdo in un intervista al giornale
Hawler, ha infatti espresso la sua delusione verso la Turchia che rifiuta il
suo sostegno militare ad Erbil, dichiarando: «Ci aspettavamo un sostegno più
preciso».
La verità è che Ankara
è coinvolta fino al collo sia nell’addestrare i membri dell’Isis sia quelli del gruppo Jabhat Al
Nusra (il ramo siriano di al Qaeda, ndr), senza dimenticare che nelle due
formazioni fondamentaliste ci sono più di 900 miliziani che sono cittadini
turchi.
Questa tesi viene confermata sia del video
trasmesso dalla Bbc (https://www.facebook.com/video.php?v=835628473135141) su
come vengono trasferiti i jihadisti per poi massacrare la popolazione
curdo-siriana, sia dalla dichiarazione del nuovo ministro degli esteri turco
Mevlut Cavusoglu in un incontro con il suo omologo tedesco Frank-Walter
Steinmeier a Berlino: «La Turchia – ha detto – è determinata nel voler
interrompere il flusso di persone provenienti dall’Europa e che usano il nostro
territorio per aderire allo Stato islamico dell’Iraq e del Lavante (Isis)»
precisando che «il governo turco è già in possesso di una lista di seimila
persone non gradite che sta cercando di rimpatriare». Una domanda
sorge spontanea: ma queste persone come mai hanno scelto proprio la Turchia per
passare nella fila dei terroristi dell’Isis? E di nascosto, un confine super
blindato dall’esercito turco?
* giornalista curdo