07 -10- 2014

Nonostante la strenua resistenza curda, lo Stato Islamico controlla ora tre quartieri della cittadina siriana a confine con la Turchia. Il Segretario dell’Onu Ban Ki-Moon invita a difendere la popolazione civile mentre Ankara  “teme” l’avvicinamento delle bandiere nere dei fondamentalisti. Proteste anti-Is in Turchia. Un autobomba è esplosa stamane vicino a Samarra: almeno 17 le vittime.

AGGIORNAMENTO ORE 13:15  PROTESTE ANTI-IS IN TURCHIA. AUTOBOMBA VICINO A SAMARRA (IRAQ)

Centinaia di persone stanno protestando in queste ore ad Istanbul e in almeno altre sei città turche contro l’avanzata dello Stato Islamico (Is) nella città turca di Kobani. Secondo l’Agenzia turca Dogan, duri scontri sono avvenuti ieri notte in diversi quartieri di Istanbul dove i manifestanti hanno eretto barricate, gettato pietre, fumogeni e petardi sulle forze di polizia che hanno risposto usando gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Un autobus sarebbe stato bruciato dai manifestanti.

Ma disordini si registrano anche nelle principali città curde del Paese: Diyarbakir, Batman, Van, Sirnak, Sanliurfa e Hakkari. Sempre secondo la Dogan, 20.000 persone stanno protestando contro l’Is nei pressi del confine tra Iraq e Turchia.

Lo scorso mercoledì la polizia turca aveva arrestato tre simpatizzanti dello Stato Islamico nell’aggressione compiuta dai sostenitori dei fondamentalisti musulmani contro gli anti-jihadisti nell’università di Istanbul.

Intanto a Kobani stamane l’aviazione della coalizione internazionale a guida Usa ha compiuto alcuni raid aerei sulle postazioni dello Stato Islamico che, secondo gli attivisti locali, però, avrebbero avuto “poco effetto”.

I combattimenti tra i jihadisti e i curdi delle Unità di Protezione del Popolo (YPG) sono stati durissimi anche stanotte. “[Gli estremisti islamici] stanno provando a conquistare la città, ma la resistenza dei combattenti del YPG sta impedendo loro di fare progressi” ha detto al AFP l’ufficiale curdo Idris Nahsen presente a Kobani. “I raid della coalizione sono utili ma non sono abbastanza” ha aggiunto chiedendo altre armi e munizioni. “Abbiamo bisogno della comunità internazionale. O li sconfiggiamo o ci finiscono loro” ha detto allarmato. Nei combattimenti di ieri sono morti 34 fondamentalisti e 16 curdi.

Ma si muore anche in Iraq. Una attentatore suicida si è fatto esplodere con la sua macchina stamattina ad Abbasiya a circa 15 chilometri da Samara. Secondo fonti mediche e di polizia, 17 persone sono morte nell’attacco. I feriti sono 13.

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della redazione

Roma, 7 ottobre 2014, Nena News - L’avanzata dei miliziani dello Stato Islamico (Is) a Kobani sembra ormai inarrestabile. I jihadisti sono riusciti a scardinare le linee difensive curde e stanno occupando altri quartieri della cittadina siriana a confine con la Turchia. A confermare la notizia è l’Osservatorio siriano dei diritti umani, Ong di stanza a Londra e vicina all’opposizione al regime di Damasco. «Stanno [i miliziani dell’Is, ndr] combattendo dentro la città. Centinaia di civili sono fuggiti. Controllano ora tre quartieri nella parte orientale di Kobani ma provano ad entrare anche nella parte a sud ovest della città» ha dichiarato il direttore dell’Osservatorio Rami Abd al-Rahman secondo il quale, però, il centro della città è ancora sotto il controllo curdo.

Un controllo che appare, però, destinato a finire presto. Sembra difficile, infatti, credere che i combattenti curdi (mal equipaggiati rispetto ai jihadisti) possano resistere a lungo. Da quando è iniziata l’offensiva degli estremisti islamici a metà settembre, l’Is è riuscito agevolmente a conquistare i villaggi curdi che circondano Kobani, città strategica importantissima che permetterebbe allo Stato Islamico di controllare una vasta sezione del confine turco-siriano e consoliderebbe le conquiste dei fondamentalisti tra la provincia di Aleppo e la “capitale” Raqqa.

Pessimismo filtra anche negli ambienti curdi. «L’Is sta avanzando a Kobani giorno dopo giorno e sta combattendo con carri armati e armi pesanti. Ci sono molte vittime tra i civili a causa dei bombardamenti» ha commentato laconicamente Ismet Sheikh Hasan, il responsabile delle forze curde presenti in zona. In una dichiarazione rilasciata dal suo portavoce, il Segretario dell’Onu Ban Ki-Moon si è detto «preoccupato» per l’offensiva dello Stato Islamico a Kobani. Di fronte alla “campagna barbara” portata avanti dall’Is, Ban Ki-Moon «esorta a difendere la popolazione civile assediata ad ‘Aid ‘Arab [il nome arabo di Kobani, ndr]».

I progressi compiuti dallo Stato Islamico «preoccupano» però anche la Turchia. Ieri il Ministro della Difesa turco, Ismet Yilmaz, ha detto che la Nato ha predisposto un piano di difesa nel caso in cui il confine turco dovesse essere attaccato. Nel frattempo Ankara ha disposto 14 carri armati sulle colline che circondano la cittadina siriana assediata. Ma ciò non è bastato a garantire la sicurezza alla popolazione turca di Suruc. Ieri una granata proveniente da Kobani ha danneggito un negozio di alimentari e una casa. Non si sono registrati feriti.

Domenica i duri combattimenti in corso da settimane tra i curdi e i jihadisti avevano causato la morte di più di 45 persone. Tra le vittime anche la combattente curda Deilar Kahj Khamis che, ormai priva di munizioni, si sarebbe fatta saltare in area uccidendo 10 jihadisti. Drammatica, poi, resta la situazione dei civili curdi scappati dalla cittadina e duramente repressi dalle autorità di Ankara. Ieri le forze di sicurezze turche stanziate al confine con la Siria hanno usato per il secondo giorno consecutivo i gas lacrimogeni per disperdere coloro che provavano a scappare dall’inferno di Kobani. Domenica le autorità turche avevano ordinato ai rifugiati di allontanarsi immediatamente dalla confinante cittadina di Suruc dopo che un colpo di mortaio caduto nell’area aveva ferito cinque persone.

Nelle ore in cui Ankara «è preoccupata» per un possibile attacco jihadista sul suo territorio, la stampa britannica rivela che i 46 ostaggi turchi – rapiti quando lo Stato Islamico ha conquistato lo scorso giugno la città irachena di Mosulsono stati liberati due settimane fa in cambio del rilascio di 180 miliziani dello Stato islamico. Un numero che sarebbe tre volte più grande dei 50 estremisti islamici di cui ha parlato lo scorso mese il quotidiano turco Hurriyet. Ankara non commenta e non fornisce dettagli sull’operazione. Sarebbe in effetti troppo imbarazzante rivelare agli alleati occidentali i rapporti – anche intensi – che la Turchia ha da oltre tre anni con i fondamentalisti islamici nel tentativo di far cadere in Siria il macellaio” al-Asad e assestare un colpo anche ai “nemici” curdi. Nena News