October 08, 2014
Intervento di Havin Guneser*,
Convegno delle donne Kurde a Roma
Prima
di tutto voglio dirvi che sono davvero molto contenta di essere qui tra voi per
discutere della lotta di liberazione delle donne in generale, ma nello
specifico della lotta delle donne curde, specialmente in tempi come questi.
Personalmente non ho mai pensato che avrei attraversato una storia di questo
genere nel corso della mia vita. Siamo davvero testimoni della costruzione della
storia a Kobane, Kurdistan occidentale.
Ringrazio
le organizzatrici per questa opportunità. Presumo che gli inizi
siano molto importanti per tutto e tutti, ma in particolare per dei movimenti
politici. I valori morali e i principi politici che costituiscono la base di
ogni movimento, gli danno la capacità di trasformarsi e di trascendersi.
Il movimento di liberazione curdo e il suo principale stratega e leader
Abdullah Öcalan, si possono inserire in questa categoria. In effetti, il
PKK è nato poco dopo gli straordinari e rivoluzionari effetti del 1968.
La
formazione iniziale del gruppo ha preso avvio all’inizio degli anni
’70 e alla fine nel 1978 è stato fondato il PKK. Quindi non
è risultato in un’organizzazione che si possa considerare
completamente interna alle categorie né della vecchia sinistra,
né di quella nuova. Tuttavia aveva una fortissima unicità. I
fondatori del PKK venivano da diversi percorsi di vita, convinzioni, etnie e
c’erano delle donne già nel nucleo iniziale del gruppo. Questa
combinazione di giovani di origini rurali e urbane, la maggior parte dei quali
erano studenti, davano a questo giovane movimento uno straordinario dinamismo.
Una simile combinazione non consentiva il dogmatismo.
Quindi
feudalesimo, sciovinismo, nazionalismo e dominio maschile in generale furono
rigettati fin dal principio, dando al movimento una buona base su cui
svilupparsi. Sarebbe ingiusto sostenere che l’approfondimento e
l’analisi della questione femminile già allora fossero così
profondi. Daremmo una qualità magica a quello che è successo in
40 anni. Al contrario, nonostante il fatto che ci fosse un solido inizio, il
punto di vista sulla schiavitù delle donne e quindi sulla
libertà, si sono sviluppati in modo così profondo come risultato
della partecipazione di donne in numero crescente e grazie all’approccio
dialettico di Abdullah Öcalan come principale stratega del movimento.
Un
altro fattore importante è la complessità stessa della questione
curda. Non c’era una risposta semplice alla questione curda e lo status
quo formato intorno ad essa non consentiva una soluzione semplice.
L’accordo di Yalta tra l’Unione Sovietica e gli USA esasperarono la
già terribile situazione delle loro negazione e delle politiche di
eliminazione. Quindi non c’era spazio per le illusioni, tutte le forme di
ideologia dominante o persino spazi che assimilavano movimenti al sistema erano
chiusi per il PKK. Questo, io credo, ha portato alla vera ricerca di
libertà e a vedere le maschere dietro alle quali si nascondevano diversi
movimenti e ideologie.
Ma poi
nel 1980 ci fu un golpe militare e il movimento di liberazione era ancora molto
giovane e non ancora pienamente organizzato, se consideriamo che il PKK era
stato fondato nel 1978. Fu uno dei colpi di stato militari più duri di
tutti i tempi. Molti furono uccisi. Furono arrestate migliaia di persone,
buttate in prigione e sottoposte a orrende torture. Molte altre centinaia di
migliaia di persone furono raggruppate nelle scuole, negli stadi e torturate.
Presto sarebbe stata ripristinata la rinnovata obbedienza della società
– così pensavano. La resistenza e la lotta dei componenti del PKK
nel famigerato carcere di Diyarbakir; tra loro la resistenza delle donne e in
particolare quella della fondatrice del PKK Sakine Cansiz, presto divennero una
narrazione quasi mitologica.
Le
aspirazioni di libertà del popolo curdo, ma specialmente quelle delle
donne curde, ma più specificatamente la lotta implacabile di Sakine
Cansiz e la sua resistenza di fronte alle orrende torture alle quali era sottoposta,
aprirono la strada al fatto le donne avessero un ruolo enorme nei giorni a
venire. Quindi nonostante il fatto che all’inizio la lotta delle donne
all’interno del PKK non trascendesse i confini della vecchia sinistra,
non poteva neanche essere contenuta in essi. Qui il ruolo di Öcalan
è importante sia come stratega, che come leader politico del movimento
curdo. Non ignorava la schiavitù delle donne, né il loro
desiderio di lotta per la libertà. Lui, nonostante le reazioni negative
di alcuni componenti maschi dell’organizzazione, aprì spazi
politici, sociali, culturali, ideologici e organizzativi per le donne. Lo face
con grande convinzione.
Le
donne si unirono alle forze della guerriglia fin dall’inizio per via del
sessismo basato sulle strutture feudali tribali con il quale si confrontavano e
per via della rabbia che provavano di fronte alla crescente oppressione
colonialista e sfruttatrice dello stato turco nei confronti dei curdi.
Arrivarono persone con percorsi di vita di ogni genere per combattere una lotta
comune.
Già
si incontrava il primo problema. Arrivare e unirsi a un movimento
rivoluzionario, non bastava a superare le caratteristiche consolidate derivanti
dalle strutture colonialiste e feudali. Iniziarono a emergere problemi, in
particolare nell’approccio nei confronti delle donne c’era un
tentativo di riprodurre ruoli tradizionali nelle forze di guerriglia e nelle
strutture di partito. C’erano donne che accettavano la riproduzione di
questi ruoli e c’erano anche donne che la rifiutavano.
Quindi
presto l’organizzazione si accorse della gravità del problema che
aveva davanti e costruì
Il
conseguente sviluppo delle donne nell’autodifesa diede loro sicurezza si
sé. Questo portò a enormi trasformazioni ideologiche, politiche e
sociali. Questa fu la seconda svolta dopo l’eroica resistenza delle donne
nelle carceri turche. In effetti portò a cambiamenti rivoluzionari nel
modo in cui le donne erano percepite all’interno della società
curda e dai maschi. Così più tardi nel 1995 fu formata
Da
allora in poi il lavoro sociale e politico fu svolto non solo tra le donne, ma
anche nella società. Allo stesso tempo iniziò anche il lavoro per
la solidarietà internazionale. È durante questi anni che
Öcalan iniziò a parlare di un nuovo concetto: uccidere il maschio
dominante. Da quel momento la lotta di liberazione delle donne
diventò più radicale. Iniziarono a parlare di staccarsi dalla
mentalità dominante della modernità, psicologicamente e
culturalmente. Ma parlavano anche di un progetto in parallelo per trasformare i
maschi. A questo scopo la formazione degli uomini era fatta dalle donne.
Mentre
si avvicinava il 1998, le donne definirono i principi dell’ideologia
della liberazione delle donne e per metterla in pratica formarono il PJKK
(Partito delle Lavoratrici del Kurdistan). Nel 2000 allargarono la loro
prospettiva organizzativa e di lotta e fondarono il PJA – Partito delle
Donne Libere. Una delle più importanti conquiste di questo periodo
è il Contratto Sociale delle Donne. Tuttavia tutti questi
tentativi non superarono completamente i limiti e la struttura del patriarcato.
Non solo il movimento delle donne, ma tutta l’organizzazione era alla
ricerca di un’alternativa.
Nonostante
il fatto che il PKK non fosse più la vecchia sinistra, era incapace di
trovare una soluzione che rompesse completamente con il socialismo reale e
quindi con la modernità capitalista. Si può definire il periodo
tra il 1993 e il 2003 il periodo di transizione per costruire
un’alternativa alla modernità capitalista. Il materiale teorico
disponibile, esperienze passate di vari altri movimenti, il femminismo e
l’esperienza dello stesso PKK portarono il movimento a concludere che la
schiavitù delle donne costituiva la vera base di ogni successiva
riduzione in schiavitù, così come di tutti i problemi sociali.
Così
iniziò a distinguersi dai marxisti-leninisti classici. Si distingueva
nel modo in cui iniziava a vedere l’apparato statale, uno strumento di
potere e di sfruttamento che non è necessario per la continuazione della
vita umana e naturale. In terzo luogo cambiò anche la sua percezione
della violenza rivoluzionaria e alla fine venne formulata come autodifesa.
Öcalan stabilì che la schiavitù delle donne era
stata perpetuata su tre livelli nel corso di cinquemila anni: per prima
c’è la costruzione della schiavitù ideologica; poi la
questione dell’uso della forza; infine c’è
l’esclusione dall’economia.
Fu
quindi veloce nel fare il collegamento tra la profondità della
schiavitù delle donne e l’intenzionale occultamento di questo
fatto e l’ascesa del potere gerarchico e statalista all’interno
della società. Se le donne sono abituate alla schiavitù, il
percorso verso la riduzione in schiavitù di altre parti della
società è aperto. La schiavitù degli uomini viene dopo la
schiavitù delle donne. Ma la schiavitù delle donne per certi
aspetti è diversa dalla schiavitù della classe e della nazione.
La sua
legittimazione si raggiunge attraverso una raffinata e intensa repressione
combinata con le bugie che giocano sulle emozioni. La differenza biologica
della donna è usata come giustificazione per la sua schiavitù.
Tutto il lavoro che svolge è dato per scontato ed è definito
“lavoro da donna” privo di valore. Senza analizzare il processo
attraverso il quale la donna viene sottomessa socialmente, non solo non si
possono capire bene le caratteristiche fondamentali della conseguente cultura
sociale del maschio dominante, ma nemmeno cosa costruire al suo posto.
Senza
capire come la mascolinità è stata formata socialmente, non si
può analizzare l’istituzione dello stato e quindi non si è
in grado di definire in modo accurato la cultura della guerra e del potere
connesse all’essere uno stato. Questo è qualcosa che dobbiamo
sottolineare perché questo è quello che ha aperto la strada al
femminicidio e alla colonizzazione e allo sfruttamento dei popoli.
Il
soggiogamento sociale della donna è la più vile controrivoluzione
che sia mai stata fatta. Öcalan evidenzia che .‘La spada della
guerra brandita dallo stato e la mano dell’uomo all’interno della
famiglia sono simboli di egemonia. L’intera società suddivisa in
classi, dagli strati più alti ai più bassi è incastrata
tra la spada e la mano’. Il capitalismo e lo stato-nazione sono
analizzati per rappresentare il maschio dominante nella sua forma più
istituzionalizzata.
La
società capitalista è la continuazione e il culmine di tutte le
vecchie società basate sullo sfruttamento. Si tratta in effetti di una
guerra continuativa contro la società e la donna. Per dirlo
succintamente, il capitalismo e lo stato-nazione sono il monopolio del maschio
tirannico e sfruttatore. Basta guardarsi in giro nel mondo per vedere un nuovo
aumento della violenza, dello sfruttamento della ri-repressione delle donne.
Questo non sta succedendo solo nei cosiddetti paesi del terzo mondo, ma nel
mondo intero. Un nuovo obiettivo dell’egemonia ideologica della modernità
capitalista è di cancellare fatti storici e sociali riguardanti la sua
concezione ed essenza.
Questo
dipende dal fatto che la forma economica e sociale capitalista non è una
necessità storica, è una costruzione forgiata attraverso un
processo complesso. Religione e filosofia sono state trasformate in
nazionalismo, la divinità dello stato-nazione. L’obiettivo
principale di questa guerra ideologica è di garantire il suo monopolio
sul pensiero. Le sue armi principali per raggiungerlo sono il religionsimo, la
discriminazione di genere e lo scientismo come religione positivista.
Senza
egemonia ideologica, con la sola oppressione politica e militare, sarebbe
impossibile mantenere la modernità. Mentre il capitalismo usa il
religionismo per controllare la consapevolezza della società, usa il
nazionalismo per controllare classi e cittadinanza, un fenomeno che è
cresciuto intorno al capitalismo. L’obiettivo della discriminazione di
genere è di negare alla donna ogni speranza di cambiamento.
Il
modo di funzionare più efficace dell’ideologia sessista consiste
nell’intrappolare l’uomo in relazioni di potere e nel rendere la
donna impotente attraverso lo stupro costante. Attraverso lo scientismo
positivista, il capitalismo neutralizza il mondo accademico e i giovani. Li
convince che non hanno altra scelta che integrarsi nel sistema e, in cambio di
concessioni, questa integrazione è assicurata. Ma chiarire in modo non
ambiguo lo status delle donne è solo un aspetto di questa questione.
Molto
più importante è la questione della liberazione; in altre parole
la risoluzione del problema va oltre l’importanza della sua rivelazione e
della sua analisi. Durante l’ultimo quarto del ventesimo secolo il
femminismo è riuscito in una certa misura a rivelare la verità
sulle donne. Ma il movimento di liberazione curdo e Abdullah Öcalan hanno
fatto un passo ulteriore e basano la loro analisi della società sulla
‘società morale e politica’. Hanno costruito una relazione
tra libertà e morale e libertà e politica.
Per
sviluppare strutture ed espandere il nostro spazio di libertà, la morale
è indicata come la coscienza collettiva della società e la
politica come il suo sapere comune. Ma ora come lavoriamo verso questo
obiettivo? Per essere in grado di fermare la perpetuazione del capitale e
l’accumulazione di potere, così come la riproduzione della
gerarchia, c’è la necessità di creare strutture per una
società democratica, ecologica, basata sulla liberazione di genere.
Raggiungere questo smantellamento del potere e della gerarchia è una
necessità assoluta. Questo sistema sociale della modernità
democratica è il Confederalismo Democratico e l’Autonomia
Democratica. Questo sistema non è una formazione alternativa dello
stato, ma un’alternativa allo stato.
Le
nostre democrazie contemporanee si sono sviluppate secondo la democrazia romana
che è rappresentativa anziché partecipativa. Quindi comanda la
maggioranza e un élite decide sulle questioni fondamentali per nostro
conto. L’autonomia democratica invece è democrazia radicale
soprattutto con la partecipazione organizzata e attività decisionali
delle donne, ma anche di tutte le aree della società che si organizzano
e prendono parte direttamente al processo decisionale per essere in grado di
decidere su questioni che le riguardano direttamente e indirettamente.
Così il movimento delle donne ha attraversato diversi periodi di
ristrutturazione.
C’era
bisogno di un’organizzazione delle donne che trascendesse le strutture di
partito e che fosse più flessibile e che fosse un’organizzazione
completa confederale delle donne. Quindi nel 2005 è stato fondato il KJB
(Alto Consiglio delle Donne). Come risultato c’è stata azione e
ristrutturazione organizzativa per dare luogo alla formazione del nuovo
paradigma basato sulla democrazia, l’ecologia e la libertà delle
donne. Il KJB è stato costituito per diventare il punto di coordinamento
tra le forze di autodifesa, organizzazioni sociali, il partito delle donne PAJK
e l’organizzazione delle giovani donne.
Nel
settembre del 2014 l’organizzazione delle donne ha attraversato un’altra
trasformazione e contemporaneamente di conseguenza ha cambiato il suo nome in
KJK. C’era bisogno di questa trasformazione per affrontare in ugual modo
e complessivamente i bisogni della società e la formazione delle
istituzioni necessarie per continuare con la trasformazione degli uomini, la
democratizzazione della società, per creare etica ed estetica della vita
libera.
Le
donne quindi si organizzano a partire dal livello locale verso e in tutte le
strutture decisionali. Prendono autonomamente tutte le decisioni che le
riguardano e sono rappresentate a livello locale e a tutti i differenti livelli
in cui vengono prese decisioni che riguardano l’intera società.
Altre aree della società, giovani, anziani, professionisti, artigiani,
sono anch’esse organizzate in modo che il potere e le formazioni e
strutture gerarchiche non possano essere perpetuate e ogni tentativo viene
fermato da questi meccanismi.
La
schiavitù delle donne è stata perpetuata su tre livelli: la
costruzione della schiavitù ideologica; poi l’uso della forza;
infine l’esclusione dall’economia, allora anche queste tre aree
vanno affrontate simultaneamente. Doveri intellettuali e istruzione:
Guardando la storia, vediamo come si sono sviluppate la schiavitù delle
donne e poi quella dell’intera società. Prima era ideologica; in
effetti gerarchia significa ‘governo da parte del sacerdote’. Poi
è necessario denunciare la storia della colonizzazione delle donne.
Insieme con questo vanno rivelate anche la colonizzazione economica, politica e
intellettuale delle donne. Questo significa denunciare la storia
dell’umanità per l’intera società. Più la
scienza e il sapere venivano portate verso il capitale e il monopolio del
potere, più iniziavano a prendere di mira la società morale e
politica. La civiltà ha costruito un monopolio sia sulla scienza che
sulla conoscenza, staccandole così dalla società e in particolare
staccandole profondamente dalle donne. Questo significava anche il loro
distacco dalla vita e dall’ambiente.
Economia,
industrialismo, ecologia: L’economia è la terza forza dopo
l’ideologia e la violenza, attraverso la quale le donne, e
successivamente l’intera società, sono state intrappolate e
costrette ad accettare la dipendenza. Economia in senso letterale significa
‘gestione della casa’. Ma nell’ordine delle donne,
l’accumulazione non era né per il mercante, né per il
mercato, era per la famiglia. Quindi c’è un vero bisogno di
trasformarla in quello che dovrebbe essere. Ma per gli economisti capitalisti
solo il lavoro che è produttivo e visibile si misura in termini di
denaro. Quindi il nesso tra il lavoro invisibile delle donne e
l’accumulazione del capitale si è trovato considerando qual
è il ruolo del lavoro domestico nel capitalismo.
Coloro
che vogliono un adeguato lavoro domestico senza stabilire relazioni salariate,
devono farlo tramite la violenza strutturale e diretta. In effetti questa
violenza strutturale e diretta caratterizza le relazioni di sfruttamento: tra
umani e natura, industria e contadini, città capitali e colonie. Questa
è una delle ragioni per le quali Abdullah Öcalan considera la
relazione uomo-donna come intrinsecamente coloniale. E quindi la donna come la
prima colonia. Autodifesa: Anche questa è una questione della
massima importanza. Perché la violenza combinata con offensive
ideologiche ed economiche contro le donne hanno portato a ottenere risultati.
Oggi
la violenza è monopolio dello stato. Gode del diritto esclusivo. Non
è stato facile opprimere le donne nel corso di cinquemila anni; ha
significato bruciarle come streghe o seppellirle vive per il fatto di essere
donne, picchiarle con o senza pretesti e la lista potrebbe continuare. Ma la
cosa importante è che non devono più essere alla mercé di
altri, a prescindere da chi essi siano. In tempi di caos come quelli che
stiamo attraversando, la possibilità di cambiamento è più
che mai presente.
Il
capitalismo è in una crisi sistemica e sta cercando di modificare questo
stato di cose cambiando e trasformando se stesso. Questo non deve
necessariamente significare che questa trasformazione sia un progresso. Al
contrario, le forze reazionarie in tutto il mondo stanno cercando in diverse
forme di imporre alla popolazione mondiale, e in particolare alle donne, un
sistema più di destra. Il caos si è concentrato sul Medio Oriente
e al suo interno su Kobane, in Kurdistan.
La lotta in quel luogo ha un
doppio significato; per i curdi e per la lotta generale per libertà in
tutto il mondo e per le donne. Abbiamo bisogno di guardare oltre le nuvole.
Questo costituisce anche un’opportunità per le forze democratiche
di emergere da questo caos come grandi vincitrici. Qualsiasi cosa sia stata
costruita dalla mano umana può essere distrutta dalla mano umana. La
schiavitù delle donne non è né una legge della natura,
né è destino.
Vorrei
ricordare le tre donne rivoluzionarie che sono state assassinate a Parigi,
vorrei inoltre ricordare le coraggiose giovani donne che mentre stiamo
parlando, stanno combattendo per fermare il dilagare del fascismo. Non possono
essere lasciate sole. Sono le Mujeres Libres del
*Havin Guneser, Giornalista e
portavoce dell’Iniziativa Internazionale ‘Libertà per
Abdullah Öcalan – Pace in Kurdistan’
8 ottobre 2014
©
2013 UiKi ONLUS Team
2014-10-08-U
Feminicidio - La guerra senza fine del sistema partriarcale