10 -10- 2014

Lo Stato Islamico controlla oltre un terzo della città. Obama: «I raid non bastano». Ankara: «Folle pensare che interverremo da soli». Ancora scontri tra polizia turca e manifestanti curdi: 25 le vittime totali

di Chiara Cruciati - Il Manifesto

Roma, 10 ottobre 2014, Nena News – I mili­ziani dello Stato Isla­mico entrano a Kobane con i carri armati. Un’ulteriore prova di forza, se mai fosse stata neces­sa­ria. E men­tre la città curda nel nord della Siria è ad un passo dalla caduta, Washing­ton e Lon­dra fanno notare – a chi non se ne fosse accorto – che i raid aerei non bastano e la Tur­chia sot­to­li­nea che è irrea­li­stico pen­sare che possa inter­ve­nire via terra da sola.

Ormai le mili­zie di al-Baghdadi con­trol­lano oltre un terzo della comu­nità al con­fine turco, dopo tre set­ti­mane di asse­dio, oltre 400 morti e 160mila pro­fu­ghi: «L’Isis ha in mano oltre un terzo di Kobane – fa sapere l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani – Tutta la parte est, una pic­cola parte a nord est e un’altra a sud est». Secondo le mili­zie curde sul posto, nella notte i jiha­di­sti hanno occu­pato altri due distretti della città.

Cir­con­data e invasa su un fianco, men­tre pro­se­guono gli scon­tri casa per casa con i com­bat­tenti curdi rima­sti a difesa della città. Con­ti­nuano anche i bom­bar­da­menti aerei della coa­li­zione, ma ser­vono a ben poco. E gli Stati uniti lo sanno bene. Ieri il por­ta­voce del Pen­ta­gono, il mag­giore John Kirby, lo ha can­di­da­mente ammesso: «Dob­biamo pre­pa­rarci all’eventualità che altri vil­laggi e città saranno presi dall’Isis. Kobane potrebbe essere presa. Dob­biamo rico­no­scerlo. Stiamo facendo quel che pos­siamo dal cielo per cer­care di fer­mare l’avanzata dell’Isis. Ma la potenza aerea da sola non è abba­stanza a sal­vare la città».

Sarebbe neces­sa­rio un inter­vento di terra, vista l’estrema adat­ta­bi­lità dell’Isis al cam­bio di stra­te­gie mili­tari occi­den­tali. Obama, che non intende inviare nean­che un marine come ha ricor­dato Kirby, fa pres­sioni sulla Tur­chia: attacca tu. È una corsa allo sca­ri­ba­rile, figlia delle divi­sioni interne allo stesso fronte anti-Isis, che ad oggi faci­lita solo lo Stato Isla­mico. Alle richie­ste sta­tu­ni­tensi la Tur­chia, sem­pre più timo­rosa di raf­for­zare indi­ret­ta­mente la resi­stenza curda (Pkk in pri­mis), risponde con un «no, gra­zie»: «È irrea­li­stico aspet­tarsi che la Tur­chia gui­derà un’operazione di guerra da sola», ha detto ieri il mini­stro degli Esteri Cavu­so­glu durante la visita ad Ankara del segre­ta­rio gene­rale Nato, Jens Stoltenberg.

La dichia­ra­zione giunge men­tre pro­se­guono le pro­te­ste nel paese da parte della comu­nità curda, a sud, nella capi­tale Ankara e a Istan­bul: nella notte tra mer­co­ledì e ieri, nono­stante il copri­fuoco impo­sto nelle città curde a sud est, gli scon­tri tra poli­zia e mani­fe­stanti hanno pro­vo­cato altre vit­time, facendo salire il bilan­cio totale a 25. Cento poli­ziotti ieri sono entrati nel cam­pus dell’università di Ankara e hanno disperso gli stu­denti che pro­te­sta­vano: lacri­mo­geni, idranti e 25 arre­stati, tra cui 5 professori.

Si torna allora a pun­tare sulle oppo­si­zioni mode­rate al pre­si­dente Assad: il Pen­ta­gono lamenta l’assenza di «un part­ner capace e volen­te­roso in Siria» e ven­tila l’ipotesi di usare come truppe di terra mili­ziani del posto, forse quei 5mila che la Casa Bianca adde­strerà ed armerà secondo il piano appro­vato dal Con­gresso il mese scorso. Ma ci vor­ranno ancora dai tre ai cin­que mesi sol­tanto per pro­ce­dure e pro­to­colli e i dubbi restano: finora molte delle armi inviate ai gruppi mode­rati anti-Assad sono tran­si­tate per diverse vie all’Isis.

Dall’altra parte del con­fine le truppe di terra dovreb­bero essere quelle ira­chene, ma la poca pre­pa­ra­zione e l’avversione delle comu­nità sun­nite per una forza esclu­si­va­mente sciita si tra­du­cono in scarsa effi­ca­cia sul ter­reno. I set­ta­ri­smi interni sono il mag­giore osta­colo che il governo al-Abadi è costretto ad affron­tare: ieri l’ennesimo atten­tato ha ucciso 12 per­sone e ne ha ferite 33. Una bomba è esplosa vicino ad un café a Sadr City, distretto sciita di Bagh­dad e roc­ca­forte del lea­der reli­gioso Moq­data al-Sadr.

Dalla Siria giun­gono invece noti­zie sul frate fran­ce­scano Hanna Jal­louf e i venti fedeli fatti pri­gio­nieri dome­nica scorsa dal Fronte al-Nusra, gruppo qae­di­sta anti-Assad e neo-alleato dell’Isis. Sono stati tutti rila­sciati per essere posti agli arre­sti domi­ci­liari nel con­vento nel vil­lag­gio di Qunyeh, a nord ovest. I domi­ci­liari sareb­bero stati com­mi­nati da una corte isla­mica locale, per­ché – riporta la Custo­dia di Terra Santa – padre Jal­louf è accu­sato di coo­pe­ra­zione con Damasco. Nena News