October 11, 2014
Intervento di Nursel Kilic al
Convegno di Donne- Roma
Proprio
nel mezzo di una lotta che si rafforza in ogni momento, vi saluto a nome di
tutte le donne che lottano per un futuro migliore e soprattutto per la
liberazione delle donne. Vorrei anche in questa occasione commemorare tutte le
donne martiri per
Il
femminicidio non ci è sconosciuto. Noi donne curde ci dobbiamo confrontare
con una doppia discriminazione a causa della nostra identità e del
nostro genere. Siamo state e siamo tuttora le prime vittime del conflitto
armato. Le donne sono sempre state utilizzate come bottino di guerra e
continuano ad esserlo oggi per gli attacchi del Daesh.
Le
donne curde non sono obiettivi solo sul terreno del conflitto armato. Esse sono
minacciate in tutti i settori in cui sono attive per i loro diritti politici,
sociali e culturali.
La
lotta per la liberazione delle donne è una lotta millenaria, dalla notte
dei tempi le donne di tutto il mondo affrontano una discriminazione multipla;
ricordiamo figure simboliche ed emblematiche del 19° secolo come Olympe de
Gouges, Clara Zetkin, Rosa Luxembourg e le tre sorelle Mirabal. Possiamo
citarne molte altre. In tutti i settori della società le donne erano un
pericolo potenziale contro la struttura del sistema patriarcale.
Il
pericolo principale di cui erano e sono sempre portatrici è la loro presa
di coscienza, la loro forza organizzativa e la loro resistenza di fronte a
tutte le persecuzioni dei fautori del dominio maschile.
Il
Movimento delle donne curde ha saputo trasmettere questo patrimonio con figure
femminili memorabili per la liberazione del popolo curdo. Il movimento delle
donne curde è nato attraverso la lotta del Movimento Nazionale Curdo. Ma
fin dalla sua nascita le donne sono sempre state un partito in piena regola
all’interno del meccanismo decisionale del Movimento per
Gentili partecipanti,
Vorrei
rendere omaggio a Sakine Cansiz, co-fondatrice del PKK e del Movimento delle
Donne Curde. Sakine Cansiz anche è stata una di quelle donne che hanno
fatto la storia; è nata a Dersim nel Kurdistan turco, e aveva dalla
nascita dentro di sé il germe della ribellione del suo popolo, che poco
prima, nel 1938, era stato per la ventottesima volta massacrato dal governo
turco. Durante il suo percorso di studentessa ha simpatizzato rapidamente con
gli ambienti degli studenti rivoluzionari; come carattere Sakine Cansiz era
sensibile al tema della liberazione delle donne, rivendicava sempre che il
ruolo delle donne fosse uguale a quello degli uomini nella società
dell’epoca. Come metodo di mobilitazione cominciò dalle relazioni
sociali nel quartiere, iniziando spesso con l’alfabetizzazione per le
donne che non avevano avuto nella loro infanzia i mezzi per seguire un percorso
scolastico. Questo mezzo mirava in particolare alla creazione di una presa di
coscienza nell’ambiente domestico e in particolare ad aumentare il
livello di partecipazione delle donne alla vita politica del Movimento. Sakine
Cansiz ha sempre riprodotto attraverso la sua marcia militante e rivoluzionaria
tutti i principi e gli obiettivi della lotta. Nei primi anni ’80 è
stata imprigionata con i suoi compagni di lotta dal governo turco per le sue
attività politiche. La sua statura integra, la sua rivolta e la sua
rilevanza erano il suo scudo contro questi soggetti che non l’hanno
risparmiata nei corridoi delle torture della prigione di Diyarbakir. Di fronte
al torturatore Esat Oktay Yildiran esclamò: “Mi avete mutilato il
seno ma mi vergogno di dire ahi per la giusta causa del mio popolo.”
E’ stata il simbolo della resistenza del popolo kurdo. Sakine Cansiz-Sara
ha oggi arricchito il patrimonio di figure storiche del movimento di
liberazione delle donne.
Sakine Cansiz è stata
brutalmente assassinata il 9 Gennaio 2013 presso la sede del Centro di
Informazione del Kurdistan, nel cuore di Parigi.
Fidan
Dogan, un’altra figura emblematica della diplomazia curda in Europa;
molto giovane si è interessata alla causa curda. Ha lasciato gli studi
per partecipare più attivamente alle attività politiche rivolte
alla ricerca della soluzione della questione curda. Ha maturato la sua
esperienza nella pratica mentre era una rappresentante politica curda. Era la
voce delle rivendicazioni di un popolo per la libertà, la democrazia e
la pace, nota a molti politici europei; è stata anche un obiettivo
importante a causa delle sue capacità diplomatiche. Ha rappresentato un
grande pericolo per i protagonisti politici negazionisti e nemici del popolo
curdo. E’ stata un ponte tra il suo popolo e la comunità
internazionale. Era curda, femminista e attivista autentica della causa curda.
Fidan
Dogan è stata brutalmente assassinata il 9 Gennaio 2013 presso la sede
del Centro di Informazione del Kurdistan, nel cuore di Parigi.
Leyla
Saylemez, membro attivo della gioventù curda, ha lasciato gli studi
universitari nel 2007 per partecipare attivamente al movimento giovanile curdo.
Originaria di Amed-Diyarbakir, capitale geografica del Kurdistan. Si sentiva
responsabile per la situazione del suo popolo e ha deciso di impegnarsi
attivamente nella lotta per la liberazione del Kurdistan. Trasmettere la storia
degli antenati e l’eredità del movimento era anche una minaccia
per le forze distruttrici imperialiste e neo-liberali che non si augurano in
nessun caso di riconoscere l’esistenza di questo popolo e, ragion di
più, del loro stato.
Leyla
Saylemez è stata brutalmente assassinata il 9 Gennaio 2013 presso la
sede del Centro di Informazione del Kurdistan, nel cuore di Parigi.
La
data del 9 gennaio 2013 è scritta per sempre come un giorno buio nella
storia dei curdi. Eppure l’inizio di quell’anno è stato
caratterizzato da sviluppi positivi che lasciavano infine sperare nella fine di
un conflitto di 35 anni. Non può essere una coincidenza il fatto che
questo massacro sia stato realizzato esattamente 12 giorni dopo
l’annuncio ufficiale dei colloqui, il 28 dicembre 2012.
Gli
ambienti che mantengono uno sguardo obiettivo e indipendente hanno interpretato
questo crimine come un tentativo di “sabotaggio” dei negoziati in
corso a Imrali, e hanno insistito sulla natura politica di questi omicidi, i
quali, secondo coloro che sono implicati, sarebbero indiscutibilmente ad opera
di uno o più Stati. Il popolo curdo e i suoi rappresentanti condividono
questo punto di vista, precisando che potrebbe essere un atto promosso dalla
“Gladio turca” destinato non solo a demolire i colloqui di pace, ma
anche ad intensificare gli sforzi di annientamento del movimento curdo.
A
parte le circostanze politiche, vorrei sottolineare che questo assassinio
politico ha anche un altro aspetto fondamentale. Un triplice omicidio, tre
donne rivoluzionarie e femministe. Non si limitavano a difendere la causa di un
popolo, hanno militato fino al loro ultimo respiro per la liberazione delle
donne. Avevano ereditato le convinzioni di grandi figure del movimento
femminista popolare. Lottavano contro tutti gli aspetti del femminicidio di cui
sono state vittime.
Mi
permetto ancora oggi a più di un anno e mezzo dopo quel terribile
giorno, di commemorare la loro memoria. Lo ripeto ancora che resteranno per
sempre attraverso la crescente lotta del movimento di liberazione delle donne.
Care
partecipanti,
Un tema incrociato è
quello della situazione delle Donne Curde del Rojava
Le
donne curde si sono organizzate nel Kurdistan Occidentale (Rojava) e oggi,
quartiere per quartiere, si sono create organizzazioni educative e sociali per
garantire lo sviluppo e la sicurezza dei bambini in questo paese alle prese con
una guerra che dura da 3 anni.
Queste
donne, perché sono curde, sono vittime e mezzi sia del regime di Bashar
al-Assad sia degli jihadisti. Le donne curde del Rojava si sono mobilitate con
le donne arabe, turcomanne, assire e alevite per lavorare a soluzioni politiche
e sociali collettive per l’emancipazione delle donne. Queste donne sono
la forza motrice della rivoluzione e le architette di un sistema democratico
ripulito da tutti gli approcci patriarcali.
Le
donne curde del Rojava sono pienamente impegnate e sono uno dei pilastri del
sistema chiamato “autonomia democratica del Kurdistan siriano.”
Hanno avuto accesso a tutti i livelli dell’autogoverno, composto da tre
cantoni. Si tratta di una rivoluzione nella rivoluzione.
Gli
attacchi disumani delle bande dell’IS perpetrati contro i popoli e le
religioni del Medio Oriente rappresentano un grande pericolo.
Dal
mese di luglio 2014 gli attacchi delle bande dell’IS si sono sempre
più intensificati; iniziando dal Comune di Kobane in Rojava (Kurdistan
occidentale – Siria) l’invasione di questi gruppi terroristici si
è propagata alla città di Mosul; dopo luglio gli attacchi si sono
moltiplicati divenendo più violenti e configurando il crimine di
genocidio contro il popolo curdo degli yazidi di Sinjar.
Nelle
zone sotto il controllo dell’IS, le persone sono costrette a diventare
musulmane e sono anche giustiziate in massa. E’ in un spirito di festa
che gli yezidi e i cristiani vengono sterminati. L’esecuzione di persone
non musulmane è uno sterminio di culture e di credenze che persiste. Le
bande dell’IS mirano a cancellare la ricchezza delle fedi, delle culture
e la storia della Mesopotamia.
Secondo
i rapporti delle Nazioni Unite più di 700.000 persone a Sinjar, 10.000
rifugiati provenienti dai campi profughi di Maxmur, che sono stati esiliati
più di 8 volte, hanno affrontato il rischio di morte a causa della
condizione di sfollamento forzato. Il campo di Maxmur era sotto la protezione e
la responsabilità dell’UNHCR fino al 7 Agosto 2014. La maggior parte
di questi rifugiati sono donne e bambini.
Secondo
i rapporti ufficiali, si è constatato che tra chi è costretto a
migrare, le persone morte a causa della fame e della disidratazione sono in
gran numero bambini e anziani.
Attualmente ci sono ancora 20.000
persone sulle montagne di Sinjar, disidratate, senza cibo e senza farmaci.
L’IS
e il Daesh sono nemici giurati delle donne, di conseguenza rappresentano un
grande pericolo per le donne e le ragazze
Le
bande dell’IS rapiscono le donne, le violentano, le usano come oggetti sessuali
e le mettono in vendita nei “bazar della schiavitù.”
Esercitano queste pratiche secondo la loro propria interpretazione
dell’Islam basata su una mentalità dominatrice nel nome della
religione. Per questo i “matrimoni temporanei” sono considerati legittimi,
la vendita, la schiavitù delle donne, vengono interpretate come diritti
e leggi della religione. Secondo le statistiche dell’Organizzazione dei
diritti dell’uomo, più di 1.200 donne sono state stuprate e
vendute nel bazar stabilito dall’IS a Mosul.
In
questo momento mentre termino il mio discorso, le donne combattenti delle YPJ
continuano ad essere scudi viventi contro gli attacchi del Daesh a Kobane. A
rischio della loro vita difendono tutti i popoli del Rojava. Sono presenti in
tutti i settori della società per offrire un mondo migliore ai loro
discendenti che spero non dovranno più vivere in zone di conflitto, ma
in una struttura e in un sistema democratico in terra libera.
©
2013 UiKi ONLUS Team
2014-10-11-U
Il Femminicidio, un Crimine
Contro l’Umanità