October 18, 2014
Alcune riflessioni dopo il
convegno alla Casa Internazionale delle Donne a Roma con donne curde impegnate
nel progetto rivoluzionario del Rojava.
di Sara Montinaro
Sabato 11 Ottobre si è
svolto a Roma un convegno alla Casa Internazionale delle Donne che ha visto
protagoniste donne curde che hanno spiegato il loro ruolo all’interno del
progetto rivoluzionario del Rojava.
Le compagne, arrivate dalla
Siria, dalla Turchia e da altre nazioni, hanno raccontato e condiviso alcuni
principi di questo progetto politico.
Nel quadro generale attuale
alcune direttrici su cui vale la pena soffermarsi sono due: la prima è
che bisogna svincolarsi da quella che spesso, in modo superficiale, viene
definita la guerra delle civiltà e della religione (l’ occidente
moderno e cattolico, contro l’ islam barbaro e retrogrado); la seconda
è che invece stiamo assistendo ad uno scontro molto più
importante: la consapevolezza di lottare per la costruzione di una “terza
via”, che si basa sul concetto di economia sociale e democrazia radicale
dove le donne combattenti simboleggiano la costruzione di una modernità
democratica, in contrapposizione all’ Isis perfetta incarnazione delle
politiche imperialiste che tramite la formazione di uno Stato-Nazione (cd.
Stato Islamico) traducono la loro misoginia in forme di patriarcato, in
politiche imperialiste che vedono nel saccheggio e nello sfruttamento pratiche
quotidiane di affermazione della loro identità.
In tale contesto, al quale ha
contribuito un percorso di “schiavitù ideologica”
(così definita da Ocalan) che dura da millenni, il ruolo della donna
risulta essere il primo vero grande nodo da sciogliere.
La comunità curda ha
deciso di farlo provando a costruire un percorso che inizialmente in modo
parallelo, e successivamente con madalità sempre più intrecciate,
è stato in grado di dar vita ad una struttura basata su un equilibrio
tra rapporti di forza, ognuno emanazione di una delle differenti minoranze
presenti nella comunità stessa.
Ed ecco che essere uomo o donna,
sunnita o yazida, curdo, assiro o turcomanno non ha più importanza.
Quei confini imposti in una
demarcazione di ruoli suddivisi in base al sesso, alla religione e alle
minoranze si sgretola e il perimetro si dilata.
Un percorso dunque volto ad eliminare
le discriminazioni che ha saputo declinare tale principio in ogni aspetto della
vita sociale e culturale, da quella amministrativa relativa alla gestione delle
comunità, a quella guerrigliera relativa al diritto alla difesa della
propria casa.
In una video intervista Dilar
Dirik, ricercatrice all’ università di Cambridge, entra nel merito
della discussione.
© 2013 UiKi ONLUS Team
2014-10-18-U Feminist
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