La Terra di Nessuno…

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I KURDI DELLA RESISTENZA SIRIANA INCONTRANO LA DELEGAZIONE ITALIANA

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Incontro con la rappresentanza del PYD in Sud Kurdistan.

La sede di rappresentanza in Sud Kurdistan del PYD (Partito dell’Unità Democratica) del Rojava (Kurdistan siriano) è ad Al Sulaymaniyah (Silêmanî), poiché, purtroppo, i fratelli curdi della parte irachena, di fatto, non hanno consentito di aprirne una a Erbil.

Ci ricevono, con la formula consolidata del tandem uomo/donna, i co-responsabili Diyar e Nujin. Quest’ultima è anche leader dell’Unione Star (Lega delle Donne).
All’atto della consueta presentazione reciproca, la delegazione chiede subito se il PYD nei fatti sia il “correlativo” siriano del PKK.
Ma, comunemente, i Curdi non amano le etichette, che non aiutano di certo l’unità, in generale, e quella transnazionale, in particolare.

Ci rispondono che bisogna intendere Öcalan come il leader indiscusso dei Curdi, che lottano per la pace e la democrazia nel rispetto dell’equità sociale per tutto il grande Kurdistan, ovvero come ideologo di riferimento della questione curda.
Pertanto, altre etichette sono superflue.
Detto questo, il PYD è, di diritto, autonomo!
Peraltro – a ben rifletterci – forse è proprio la declinazione di questa complessa, ma sottile, “alterità”, che sgombra il campo da possibili accuse pretestuose di ingerenze extranazionali o dall’assimilazione pretestuosa di responsabilità tra gruppi curdi diversi, per la “proprietà transitiva”!
Di fatti, questa alterità ha consentito anche agli USA l’ipocrisia di lanciare il dialogo con il PYD, nonostante non sia all’ordine del giorno la cancellazione del PKK dalla lista nera.

Si entra nel vivo dell’incontro ed i 2 dirigenti, alternandosi equamente, iniziano il racconto della loro esperienza, invitandoci ad andare in Rojava a toccare con mano ciò che dicono.
Sono appena 4 ore d’auto da Sulaymaniyah e tutto il confine con il Rojava è ormai sotto il controllo dell’YPG (per il lato del Rojava) e dei Peshmerga (per il lato del Kurdistan iracheno).
È da oltre 2 anni che i Curdi combattono i Fondamentalisti, prima era Al Nusra, ora è ISIS.
Il Rojava è una zona fuori dal controllo della Siria da molto tempo.
Lì, il popolo ha costruito un sistema di autogoverno percorrendo la “terza via”: né con il Presidente siriano Assad, né con gli insurrezionalisti.
In effetti, la prima fase di protesta popolare per l’agibilità democratica è stata partecipata da tanti, compresi i Curdi.
Ma quando si è passati dalla fase di rivendicazione alla fase di organizzazione del sovvertimento dello Stato, le cose sono cambiate.
Sul movimento ha preso il sopravvento la parte militarizzata, evidentemente “strumentale” ad altri fini geopolitici, supportata dalla Turchia per i suoi scopi, quando non direttamente di matrice fondamentalista (Al Nusra), nonché la parte legata alla strategia del terrore (gli spari sui manifestanti per sovraccaricare le colpe di Assad!).
C’è stato addirittura chi, nella Rivoluzione siriana, ha tentato di rappresentare la parte curda senza neanche conoscerne la lingua!

In questo clima di confusione, i Curdi si sono concentrati sull’obiettivo di liberare e difendere il Rojava da tutte le linee offensive, in alleanza con tutte le altre etnie, lì presenti, che volevano costruire la democrazia dal basso, ovvero un modello di democrazia partecipata come esempio di via d’uscita dalla crisi della democrazia per il Medio Oriente.
Anche l’idea è nata dal basso, nessuno l’ha calata dall’alto o dall’esterno.

Purtroppo, la mancanza di democrazia e la repressione etnica in Siria ha reso impossibile la convivenza civile; pertanto, la rabbia, sull’onda delle rivolte anti-governative, è sfociata nella rivoluzione del Rojava del 19 Luglio 2012, che ha prodotto l’autodeterminazione: il distacco dal Governo siriano, e la auto-organizzazione della difesa dalle spinte islamiste integraliste.
I Curdi hanno sempre rivendicato i propri diritti civili nell’ambito di una autonomia regionale per il Rojava; invece, erano costantemente violati i loro diritti umani: vietati i colori della bandiera curda e parlare in Curdo.
Vieppiù, 300.000 curdi – con arroganza amministrativa dispotica, quanto inspiegabile – sono sprovvisti di carta di identità, cosicché non possono esercitare le professioni, né hanno diritto di proprietà o di espatrio.
In Siria, vivono circa 3,5 milioni di curdi e nel Rojava vivono circa 2,5 milioni di abitanti.
Kobanê ha circa 600 mila abitanti e sta ospitando Siriani in fuga da altre parti della Siria, per esempio molti dei Cristiani, che non sono scappati verso Damasco, e si sono uniti alla loro lotta.

Attualmente, da circa un anno – prima del 2º incontro tra tutte le forze anti-Assad (esclusi i Curdi!) del 26/2/2014 a Ginevra -, il Rojava è diviso in 3 cantoni (Cizire, Kobanê, Afrin), ciascuno con un’autonomia amministrativa, con una Costituzione diversa e una rappresentanza parlamentare etnica diversa a seconda della predominanza dei singoli gruppi etnici (curdi, arabi, cristiani, assiri, ecc).
Ad esempio, Kobanê è a quasi totalità curda, mentre Cizire è il cantone più variegato.
Tra i cantoni non c’è sempre continuità geografica, ma è interposto territorio meramente siriano, ora sotto il controllo di ISIS.
Per ogni carica c’è un co-responsabile uomo e uno donna. Le donne sono rappresentate nelle assemblee per il 40%. Ancora poco, se si considera il ruolo di primissimo piano che le donne hanno avuto nella guerra, ha chiosato la dirigente.
Kobanê è il cantone con il sistema di governo più avanzato (inclusione di genere, rappresentanza, partecipazione ecc.).
Le lingue ufficiali sono 3: Curdo, Arabo/siriano e Siriaco (Aramaico).
I Curdi si riuniscono in assemblee popolari, che servono per influenzare e dirigere le decisioni dei rappresentanti parlamentari.
Ora, anche le altre etnie stanno adottando questo strumento di democrazia partecipata.
Purtroppo, in questo momento di guerra l’economia è a pezzi, e si fonda su aiuti umanitari e risorse agricole o sulla pastorizia.
Attualmente, si versa all’autorità cantonale un contributo/tassa, e l’autorità gestisce il denaro pubblico mantenendo i servizi e contribuendo alla sussistenza di tutti: da ciascuno secondo le proprie capacità a ciascuno secondo i propri bisogni.
In ogni caso, il tutto si regge sulla base del contributo fattivo spontaneo: ogni sorta di stipendio non supera i 150 $.
Alla fine dello stato di guerra, l’obiettivo è andare alle elezioni e mantenere la democrazia partecipativa e solidale.

È per queste forme avanzate di governo che il Rojava da un anno e mezzo è preso di mira: è un esempio dirompente per chi come ISIS e soci più o meno occulti vuole che nulla cambi nel Medio Oriente.
Denunciano che la Turchia ha sempre cercato di smantellare il Rojava, sostenendo materialmente l’ISIS.
Gli aiuti umanitari internazionali non sono mai arrivati in Rojava.
Mancano le medicine, i vaccini.
Durante gli Inverni molto freddi, hanno dovuto recuperare legna da ardere anche dagli alberi ornamentali in città. La Turchia ha sempre sbarrato la strada agli aiuti umanitari (mentre la teneva e tuttora la tiene aperta per gli spostamenti di ISIS) e pure il Kurdistan del Sud (iracheno), in passato aveva chiuso le strade di comunicazione.
Ci dicono, inoltre, che dal 1960 è in atto un processo di colonizzazione araba del Rojava per spiazzare i Curdi, che, dal loro canto, invece, hanno accettati i nuovi arabi di buon grado.
Ma c’è da dire che i coloni erano e sono ultranazionalisti, cosicché ISIS ha molta presa, usando sia la leva sunnita che quella panaraba.
I Curdi sono molto attenti alla prassi della tolleranza. La stessa YPG – la milizia di difesa del Rojava – è Milizia di Difesa “Popolare”, non “Curda”!
Qualora fosse necessario un intervento contro la parte cristiana se ne occupa il reparto “Sotoro”, che è appunto formato da Cristiani, per non urtarne la suscettibilità.
Purtroppo, sono soli a combattere contro l’ISIS.
La Turchia impedisce anche ai Rovajani di attraversare il confine turco-siriano, per ritornare in Rojava a combattere contro l’ISIS.
In Turchia, c’è qualche campo profugo dove neanche l’ONU può entrare, a pena di essere aggredita: sono campi controllati da ISIS.
L’Europa deve capire che l’ISIS è un problema anche per lei stessa: sono arrivati in Siria 5000 miliziani nelle file di ISIS e, dopo la guerra, torneranno in Europa.

La Delegazione “Verso il Kurdistan 2014″. [1]

NOTE
[1] Olivieri Antonio,”Incontro con la rappresentanza del PYD in Sud Kurdistan”,7º Report; 6º giorno: 17 Ottobre 2014.

2014-10-20-B I kurdi della resistenza siriana incontrano la delegazione italiana