20 -10- 2014

L’aviazione statunitense sgancia sui combattenti curdi armi e munizioni inviate dal Kurdistan iracheno, provocando l’ira di Ankara che teme un rafforzamento del Pkk. In Iraq, Baghdad di nuovo target: bomba in una moschea sciita 

AGGIORNAMENTO ore 15.30 – LA TURCHIA FARA’ PASSARE I PESHMERGA DIRETTI A KOBANE. 5 ATTACCHI ESPLOSIVI A KARBALA

Oggi Ankara ha annunciato di aver permesso il passaggio in Siria attraverso i confini turchi di peshmerga diretti a Kobane. Le autorità turche hanno assistito il transito dei combattenti icurdi iracheni. Lo ha fatto sapere il ministro degli Esteri Cavusoglu.

Poco fa cinque esplosioni hanno colpito la città sciita di Karbala provocando almeno 15 morti. Ma il bilancio è destinato a salire.

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di Chiara Cruciati

Roma, 20 ottobre 2014, Nena News – Dopo il primo coordinamento militare tra combattenti curdi a terra e jet statunitensi in aria che ha costretto nel fine settimana a una semi-ritirata i miliziani dell’Isis che assediano Kobane, ieri per la prima volta le Unità di protezione popolare, Ypg (combattenti del Partito di Unione Democratica, Pyd, affiliato al Pkk), hanno ricevuto armi, munizioni e medicinali dal cielo.

A sganciarli gli aerei militari Usa, a inviarle il Kurdistan iracheno. Nelle stesse ore continuavano i bombardamenti contro le postazioni dell’Isis, 135 in tutto quelli che hanno colpito Kobane negli ultimi giorni e che hanno permesso ai combattenti curdi di frenare in modo significativo l’avanzata dell’Isis. Le armi e le munizioni permetterannodi proseguire nella resistenza contro il tentativo dell’Isis di prendere Kobanesi legge in un comunicato dell’esercito UsaTuttavia, la situazione della sicurezza resta fragile perché la minaccia continua“.

Anche i combattenti curdi (che da settimane chiedevano di ricevere armi e munizioni perché in possesso di un equipaggiamento vecchio e povero se paragonato alla tecnologia militare in mano allo Stato islamico) hanno confermato la consegna dal cielo diuna vasta quantità di armi e munizioni”. Gli appelli si erano fatti più insistenti nell’ultimo periodo, dopo la decisione della Turchia di chiudere le frontiere con la Siria, impedendo il passaggio non solo di armi ma anche di combattenti.

Gli Stati Uniti, irritati dall’immobilismo turco, dopo aver fatto più volte pressioni su Erdogan perché intervenisse a Kobane, ieri hanno notificato ad Ankara la consegna di armi. Una mossa che alle autorità turche non piace affatto: la resistenza finora dimostrata nei confronti del nord della Siria e dei curdi di Rojava è dovuta alla loro vicinanza con il Pkk di Ocalan, trentennale nemico di Ankara.

La consegna di armi a combattenti che provengono anche dal Partito curdo dei lavoratori non ha fatto sorridere Erdogan che si è sempre opposto strenuamente all’invio di equipaggiamento militare nelle mani dei curdi siriani e turchi. Ieri il presidente turco ha detto a un gruppo di giornalisti cheil Pyd è per noi uguale al Pkk. È un’organizzazione terroristica. Sarebbe un errore per gli Stati Uniti con i quali siamo amici e alleati nella Nato aspettarsi da noi un ‘’ al sostegno ad un’organizzazione terroristica”.

Gli ha fatto eco il premier Davutoglu che ormai è capace di ripetere sempre e solo lo stesso ritornello: la Turchia parteciperà a operazioni di terra contro l’Isis in Siria solo se sarà dichiarata no-fly zone sul cielo siriano e se sarà creata una zona cuscinetto dentro il territorio siriano.

Dall’altra parte del confine, invece, l’Iraq vive un periodo tra i più intensi dell’avanzata Isis. Oggi lo Stato Islamico preferisce indebolire le istituzioni statali colpendo la capitale. Da oltre una settimana gli attentati sono quotidiani, oltre 200 i morti in 7 giorni. Ieri il target è stato una moschea sciita a ovest di Baghdad, nel quartiere di Harthiya: un kamikaze si è fatto saltare in aria durante una cerimonia funebre, provocando 19 morti e 28 feriti.

La strategia islamista è chiara: circondare Baghdad fuori, occupando la provincia di Anbar e le fondamentali città di Fallujah e Ramadi (ormai in mano jihadista per oltre la metà), e devastarla all’interno puntando sul peggioramento dei settarismi interni, il più fertile dei terreni all’avanzata jihadista.

Il governo del premier al-Abadi sta tentando di riavvicinare la comunità sunnita al potere centrale, ma le difficoltà sono molte. L’idea di creare milizie locali sunnite da far ricadere sotto l’ombrello dell’esercito governativo resta ancora sulla carta. Più concreta la nomina dei due ministri mancanti all’appello: a un mese e mezzo dalla nascita del nuovo governo, sono stati assegnati gli strategici ministeri di Difesa e Interni. Il parlamento ha dato l’ok alla nomina del sunnita di Mosul, Khaled al-Obeidi, alla Difesa e dello sciita Mohammed al-Ghabban agli Interni. Il secondo è membro del partito Badr, la cui ala militare è tra le più influenti nel paese. Nena News