30 -10- 2014
INTERVISTA. Nato ad Amuda, nel governatorato di al-Hasakah, nel 1956, Abdulbaset Sieda (in curdo Abdel Basset Sayda), leader curdo siriano è stato in esilio in Svezia. Poi è tornato
a combattere per l’autodeterminazione
curda. Oggi a devastare la sua terra è lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS)
di Federica Iezzi
Quali sono gli ultimi
aggiornamenti da Kobane?
L’attuale situazione
a Kobane è molto grave. L’ISIS ormai da più
di un mese
assale barbaramente interi quartieri della città, per ottenerne il completo
controllo. Allo stesso tempo, sopravvive
l’insistenza da parte dei combattenti
dell’Unità di Protezione Popolare, di opporsi fino
all’ultimo respiro.
I raid aerei della
coalizione internazionale, condotti nei giorni
scorsi, sono risultati in incursioni di successo su
strategici siti Daash (lin arabo
lo Stato Islamico, ndt). Questo ha contribuito notevolmente
ad impedire l’avanzata su Kobane dei
combattenti jihadisti.
E in molti luoghi
addirittura si è assistito ad una loro ritirata. Kobane è attualmente il simbolo
dei curdi siriani. La caduta della città
potrebbe avere come conseguenza diretta, il convincimento popolare della mancanza di serietà
della campagna internazionale contro il terrorismo. I combattenti curdi dell’YPG, che stanno
difendendo la città ormai da settimane,
hanno mostrato
una resistenza eroica e stabile. Continua intanto
il desiderio
di molti giovani curdi di
unirsi alle fila dell’Unità di Protezione Popolare.
Molti combattenti si sono uniti alla
YPG, dopo l’inizio dell’offensiva su Kobane. Cosa si
aspetta il
popolo curdo dalla coalizione internazionale?
Confidiamo anche negli attacchi
aerei della
coalizione internazional,
per ottenere il ripiegamento dell’ISIS da Kobane. C’è ancora
forte necessità di armamenti, munizioni, materiale logistico e forniture mediche. Tutto ciò dovrebbe essere
assicurato ai combattenti curdi continuativamente.
Cosa potrebbe realmente creare l’ISIS in Medio Oriente?
Lo Stato Islamico rappresenta un terrorista
legittimo e brutale. Contraddice assolutamente il progetto
di democrazia nazionale, per il quale più di
tre anni fa scoppiò la guerra
civile in Siria. L’ISIS non minaccia solo la Siria, ma l’intera regione mediorientale. In breve tempo, a subire il potere dell’ISIS,
potrebbero essere Iraq, Libano e Turchia, a causa dei turbinosi
rapporti con la politica interna, delle numerose e diverse etnie di cui è composta la popolazione. L’ISIS misura il suo vigore con la destabilizzazione di sicurezza e stabilità in un Paese. In questo caso di
tutto il
Medio Oriente. Uno degli effetti visibili
al mondo è l’ondata di rifugiati verso l’Occidente. Legato a questo
fenomeno, oggi iniziano a prendere forma e vita una serie di
piccole operazioni di estremismo religioso,
destinate a crescere, portate avanti proprio dai
membri di quelle comunità strappate violentemente alla loro terra.
Parliamo della situazione di tutta la popolazione
siriana, i più giovani, i
più piccoli sono le prime vittime della guerra
civile. Cosa pensa della
condizione dei bambini costretti a lavorare?
Il fenomeno
Molte scuole siriane sono state danneggiate dagli scontri interni,
altre vengono oggi usate come sistemazioni per i rifugiati interni siriani. Pensa che la mancanza di un organizzato
sistema di istruzione, incoraggi il lavoro minorile?
L’istruzione in Siria non può attualmente
raggiungere tutti gli studenti, a causa della
distruzione di un gran numero di
edifici scolastici. Gran parte degli edifici
rimasti in piedi si sono trasformati
in rifugi per gli sfollati, fenomeno che porta ad aggravare,
già l’enorme problema. Fornire istruzione a questi bambini è importante, ma non sufficiente. L’allarme potrebbe essere arginato agevolando l’attività lavorativa dei genitori e consentendo loro di ottenere i
requisiti di base per vivere e per mandare i figli a scuola.
Ci sono milioni di
siriani che vivono come rifugiati nei Paesi limitrofi?
Sono davvero sfruttati e sottopagati?
I rifugiati
siriani che vivono nei paesi
confinanti con la Siria, sopportano una vera tragedia
a causa delle dure condizioni di asilo. A questo si aggiungono
le inclinazioni negative che
iniziano ad emergere da parte dei
cittadini dei Paesi limitrofi, verso i rifugiati siriani.
I rifugiati siriani sono costretti allo sfruttamento come conseguenza di un
lavoro abusivo, non regolarizzato. E i
salari sono sproporzionatamente inferiori, rispetto ai duri
sforzi che stanno vivendo.
Pensa che un giorno
i rifugiati siriani possano tornare nella loro
terra e vivere una vita senza guerra?
Questa guerra deve finire,
non importa come e quando. Si deve lavorare ad una soluzione politica.
E qualsiasi soluzione non sarebbe corretta se non prendesse in considerazione la questione