31 -10- 2014
Secondo Onu
e Stati Uniti ogni mese nelle file dell’Isis entrano mille nuovi miliziani,
ennesima sconfitta della strategia della coalizione. I kurdi siriani lavorano
per arginare l’influenza turca
di Chiara Cruciati
Roma, 31 ottobre 2014, Nena News – Oltre
mille jihadisti attraversano ogni mese i confini siriani e iracheni per
combattere al fianco dello Stato Islamico: “Il flusso di miliziani verso la
Siria resta costante – scrive il Washington Post citando fonti
governative
Mille miliziani al mese, secondo le Nazioni
Unite, fanno sì che oggi solo in Siria ci siano 16mila combattenti islamisti
stranieri, un numero senza precedenti nella storia. Arrivano da
ben 80 paesi del mondo, compresi Stati Uniti e Europa. A pagarne il costo è
anche la Al Qaeda di al-Zawahiri, dalle cui fila l’Isis è nato per poi essere
ripudiato. Al flusso costante di miliziani si aggiunge una macchina
della propaganda che mai Al Qaeda ha saputo produrre: video di ottima fattura,
magazine in arabo e inglese, messaggi brevi e incisivi, utilizzo dei social
network. E soprattutto delle entrate economiche senza precedenti che
permettono il mantenimento dei miliziani e che attirano giovani jihadisti: solo
il contrabbando di greggio garantirebbe al califfo al-Baghdadi un
milione di dollari al giorno, a cui si aggiungono 45 milioni derivanti da
riscatti per la liberazione di ostaggi stranieri.
Il numero ingente di combattenti che entrano
nei due paesi ogni mese è l’ennesima dimostrazione dell’inefficacia
dell’attuale strategia internazionale: i confini tra Siria e Iraq e tra
Turchia e Siria restano estremamente porosi, sotto il quasi totale controllo
dello Stato Islamico che si garantisce costantemente forze fresche e armi di
alto livello. Da due mesi la coalizione guidata dagli
A quanto pare non funziona nemmeno questa
strategia. E allora diventa quasi ridicolo che il mondo si focalizzi
sui 150 peshmerga e la saga
Da parte loro le Unità di protezione popolare
(Ypg) tentato di arginare il ruolo che i peshmerga intendono ritagliarsi: ieri
comandanti locali hanno ricordato ai nuovi arrivati che la strategia sul
terreno è decisa dalle unità militari locali, di Kobane. A monte il
timore – fondato – che la Turchia utilizzi i combattenti kurdi iracheni e le
opposizioni moderate siriane per indebolire il Pkk, riferimento politico delle
Ypg, e per portare avanti il proprio obiettivo, la caduta
Piovono accuse anche sulla stessa Damasco.
Nei giorni scorsi l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, gruppo anti-Assad
basato a Londra, ha detto che il governo ha ucciso in soli 10 giorni 221
civili. L’episodio più grave sarebbe stato un raid con bombe barile contro un
campo profughi vicino Idlib, il campo di Abedin. Sarebbero 70 i rifugiati
uccisi. Molti analisti, sia dentro che fuori la Siria, in mancanza di
prove si stanno chiedendo perché l’aviazione avrebbe dovuto colpire dei
profughi. Vero è che Idlib è da giorni nel mirino dell’Isis: lo Stato
Islamico lunedì ha occupato per breve tempo la sede del governatorato e il quartier
generale della polizia, per essere poi respinto dall’esercito governativo.
È possibile che il raid fosse destinato a postazioni Isis, ma per ora non si ha
alcuna conferma