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Kobane
4 / 11 / 2014
Siamo arrivati a Suruç da meno di due ore,
accolti da un calore immenso. Nel quartier generale del partito DBP c'è fermento. Le porte
delle stanze si aprono in continuazione, la fila per arruolarsi per combattere
i tafkiri (termine dispregiativo che indica gli estremisti dell'Isis, il cui
significato letterale riguarda chi accusa gli altri di infedeltà, apostasia)
cresce esponenzialmente durante il corso della giornata. Abbiamo la fortuna di
incontrare Khaled Barkal, vice
governatore del cantone di Kobane, che ci rilascia questa breve
intervista. A margine cita un detto curdo: un
leone è sempre un leone. Non importa se sia uomo o donna.
Siamo a SURUC e vorremmo sapere prima
di tutto di Kobane . Qual è la politica del
governo di Kobane ?
Vuoi sapere della politica riguardante il conflitto o più in generale la
politica di governo?
Qual è la carta
costituente del cantone di Kobane?
Come saprai a Kobane noi siamo un'autonomia democratica. Noi siamo parte
della Siria, ma proponiamo una Siria democratica, una Siria progressista, una
Siria rappresentativa, una Siria equa che appartenga a tutti i siriani.
Vorremmo questo mondo in tutte le zone. La nostra regione è il cantone
di Kobane. Noi vorremmo lasciare libertà alla popolazione di scegliere
la propria religione, la possibilità di autogovernarsi senza
limitazioni, così che la gente possa decidere per se stessa. Ognuno
è responsabile delle proprie azioni e ognuno viene giudicato solo per
questo, senza guardare partiti o appartenenze religiose. Nel nostro cantone si
combatte chi perseguita e giudica a partire dal proprio credo, che è
quello che accade nel Daesh ( stato islamico, dispregiativo). Quella del Daesh
è una guerra settaria e di discriminazioni. La nostra è una
guerra ideologica. Chi ci fa la guerra ce
la dichiara perché contrari alle nostre idee progressiste e contrari
alla nostra idea di democrazia, ma soprattutto perché siamo
riusciti a creare un'autonomia democratica e genuina. La nostra idea grida che
Nella tua risposta ci sono molte
domande che volevo porti. Qual è il ruolo delle donne a Kobane?
Dal punto di vista della rappresentanza fino ad arrivare al punto di vista del
avoro della terra, la donna ha un ruolo centrale. Lo si vede come esempio nel
ruolo che le donne ricoprono all'interno dell'Ypg. A differenza degli altri
eserciti dove le donne hanno dei ruoli secondari e dove ci sono pregiudizi nei
riguardi delle loro capacità, tra noi curdi e all'interno dell'Ypg non
esiste assolutamente questa distinzione. Da noi nel Rojava non esiste nessuna
separazione fra uomo e donna. Noi abbiamo delle donne che combattono mentre i
mariti si occupano della casa e della terra.
Quando è nato l'Ypg? Cosa
è? Da chi è formato? Curdi? Arabi?
Stranieri che arrivano da fuori come volontari?
L'Ypg è nato come un contenitore che potesse essere riempito da chiunque
lo desideri. Innanzitutto è composto da tutti coloro che hanno voluto
difendere se stessi dagli assassini che si sono trovati di fronte nel proprio
territorio. L'Ypg è stato riempito da tutti gli uomini e le donne dei
villaggi che hanno subito scorribande a cui poi si sono uniti rivoluzionati da
tutti i paesi del mondo: curdi, arabi, tedeschi...che
però si uniscono per condividere l'idea di una Siria progressista,
democratica che guarda ad una redistribuzione equa delle ricchezze, con nessuna
separazione fra lo straniero che sceglie di vivere quelle terre, e l'arabo o il
curdo che ci sono nati.
Come fa chi è in Europa, chi
condivide questo pensiero a dare un aiuto concreto a Kobane?
Noi prendiamo tutti gli aiuti senza distinzione, anche volontari che vengono
dalla Germania e dagli Stati Uniti; hanno scelto di arruolarsi come
combattenti nelle nostre fila. L'unica discriminante per chi viene da fuori
è che sia mosso d'amore, e con ciò non si crea nessun problema in
assoluto.
Come sta andando la guerra?
Innanzitutto siamo tutti resistenti, tutta la nostra popolazione è la
resistenza. Da oltre un mese e mezzo stiamo vivendo un conflitto devastante,
una battaglia ad alta intensità. C'erano forze militari in Iraq, in
Siria, che si sono opposte e che sono state spazzate via in poco tempo. Tutte
le armi che i takfiri hanno preso, le hanno prese dagli eserciti in fuga, e
hanno preso armi leggere e pesanti, corazzati, mezzi d'artiglieria e blindati
anti proiettili e con questi hanno scorrazzato in lungo e in largo senza
incontrare resistenze efficaci. Fino a quando non hanno trovato Kobane, fino a
quando non hanno trovato noi.
Daesh è riuscito a spazzare
via l'intero esercito iracheno con tutti i suoi carri armati e armi avanzate in
24 ore. Eppure da un mese e mezzo hanno concentrato gran parte delle loro forze
su una piccola città come quella del nostro cantone che non conta niente
a livello geografico e militare. La resistenza ha difeso e continua a difendere
questo piccolo pezzo di terra con sole poche armi leggere, rischiando di
ritrovarsi le case bruciate, i parenti uccisi, ritorsioni di ogni genere. Perché queste persone sentono di difendere la
comunità, il comune, Kobane e tutto quello che rappresenta.
Sentono che questa è la loro guerra, una guerra per la terra, una guerra
per il futuro. Tutti i resistenti dicono che difenderanno Kobane fino
all'ultima goccia di sangue e tutta la sua popolazione. E se i takfiri gridano "Kobane cadrà
", noi gridiamo "Kobane vivrà!" Inch' Allah.
Intervista a cura di Karim Franceschi dei Centri
Sociali delle Marche, Sara Montinaro e Roberto Cipriano Ya
Basta! Bologna per www.globalproject.info
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