November 07, 2014
di Foti Benlisoy- A partire da due diverse impostazioni la
domanda sulla nascita e lo sviluppo di »Stato Islamico« IS
può avere anche risposte diverse. A questo proposito ultimamente
tensioni e disaccordi geostrategici a livello internazionale vengono
riconosciuti come fattore determinante. In questa risposta, che si può
definire anche come »modello-Frankenstein«, le forze imperialiste e
regionali appaiono come effettivi artefici della nascita e dell’espansione
di IS, che lo hanno creato indirettamente e/o direttamente e ora dicono di non
riuscire a venire a capo di questa barbarie. Dunque IS è un soggetto che
agisce direttamente o indirettamente »sul campo« l’agenda
delle forze responsabili per la sua creazione e nel farlo di tanto in tanto
sfugge al controllo.
I poteri forti dietro IS
Nell’atmosfera del
generalizzato e giustificato stupore per la fulminea e poderosa ascesa di IS
sono comprensibili gli sforzi per la rivelazione dei poteri forti dietro IS. Lo
mostrano le dichiarazioni di Biden, che attribuisce responsabilità se
non dirette, almeno indirette per il rafforzamento di IS ad Arabia Saudita,
Qatar e forze regionali come la Turchia. In Turchia soprattutto le forze
dell’opposizione sociale sottolineano l’enorme
responsabilità della politica siriana del governo dell‘AKP in
proposito. In questo contesto gli sforzi per la rivelazione delle relazioni tra
IS e stato turco sono ovviamente giusti e significativi.
IS è solo una
marionetta?
Questa spiegazione alla luce
della dinamica di sviluppo ed espansione di IS è troppo semplicistica.
Un’interpretazione ancora più estrema, ma largamente diffusa vede
IS come una cospirazione, un dispositivo operativo delle diverse forze regionali.
Ne è un esempio la rappresentazione come opera degli USA o subappalto
della Turchia e quindi la sua semplificazione. Ovviamente vanno discusse le
responsabilità degli USA e della Turchia per lo sviluppo di IS e
l’aumento della violenza di natura confessionale nella regione. Ma questo
non deve portare a declassarlo a marionetta degli USA o della Turchia, ovvero a
intrigo il cui risultato si possa far rientrare facilmente. Dall’altro
lato questo punto di vista nonostante il pericolo di possibili debolezze e di
conversione in una sorta di »complotto«, ha anche seri vantaggi.
Siria e Iraq: una nuova
area di conflitto
Sia l’Iraq che la Siria
sono diventati un territorio che contiene al suo interno tutti i conflitti e processi
di scontro. Attraverso il conflitto in Iraq e soprattutto in Siria vengono
create ex novo molte dinamiche di conflitto, a partire dalla versione ridotta
di una guerra fredda tra USA e Russia, così come la guerra fredda
»regionale« tra le monarchie del Golfo e l’Iran. Quindi non
è inutile cercare dietro qualunque sviluppo nella regione, soprattutto
dietro l’emergere di un’organizzazione terribile come IS, una serie
di attori imperialisti e regionali. Prendiamo l’esempio della Turchia.
Nel frattempo è noto e viene pubblicamente discusso che il governo
dell’AKP per i propri interessi in Iraq e in Siria tollera IS, ammette
che la Turchia venga utilizzata come zona di approvvigionamento e ritirata e
come zona di transito per i rifornimenti per i combattimenti e che tollera i
suoi affari con il petrolio.
Il partenariato tra
Turchia e IS è pubblico
La Turchia tollera IS,
distribuisce persino »carezze«, per contrariare il governo a Bagdad
e soprattutto il Rojava. In questo senso il ruolo della Turchia nell’espansione
di IS è palese. Ma questo non significa che si tratti di un subappalto
della Turchia o che gli interessi e obiettivi di IS e Turchia coincidano. La
comunanza mascherata ed episodica in condizioni diverse può rapidamente
trasformarsi in ostilità.
Il risultato di relazioni
di potere e dominio
Per poter capire e spiegare il
fenomeno del rafforzamento di IS è necessaria una spiegazione di
impostazione diversa. Il quadro è costituto dalla dinamica interna alla
società sia in Iraq che in Siria. A partire dagli sviluppi di questi due
stati, le basi per la violenza di natura confessionale e la vendetta sunnita di
cui IS si considera potatore soprattutto in Iraq, vanno cercate nella storia
degli ultimi dieci anni. Questo non cambia nulla rispetto alle responsabilità
di USA, Arabia Saudita, Qatar e potenze regionali come la Turchia (quindi anche
l‘Iran) per il rafforzamento di IS, ovvero della violenza di natura
confessionale. Questa responsabilità non è solo il risultato di
una politica di sfruttamento. È il risultato di relazioni di potere e
dominio ancora più complesse.
Per capire come si è
sviluppato IS e se è stabile, va indagata la dinamica storica che ha
caratterizzato almeno gli ultimi dieci anni nella regione. Vanno analizzati la
politica di intervento degli imperialisti che hanno trasformato l’Iraq in
un campo di battaglia di natura confessionale, le forze regionali (soprattutto
la Turchia) che hanno sempre abusato dell’aspetto confessionale nei
conflitti regionali, regimi autoritari che hanno massicciamente oppresso
l’opposizione laica e così spianato la strada alla commistione tra
religione e politica e la politica di distruzione delle reti solidali che
garantiscono una coesione sociale.
Il risultato del crollo
della rivolta araba
Se consideriamo gli ultimi anni
– analogamente all’esempio del fascismo –IS è il
risultato del crollo della rivolta araba, in particolare della ritirata
generale e della trasformazione della rivolta popolare in Siria in una guerra
tra religioni. Così come il fascismo rappresenta un movimento che ha
messo in moto »la disperazione antirivoluzionaria della piccola
borghesia«, IS va inteso come organizzazione della mobilitazione
antirivoluzionaria dei »[ceti] inferiori«.
Il sostegno sociale per IS che ne
rende possibile il successo militare è un’espressione della
radicalizzazione delle reazioni nella società sunnita emarginata in
Iraq. Ma questo non rende IS (come viene propagandato dai seguaci
dell’AKP in Turchia) un rappresentante della »primavera
irakena« (come continuazione delle rivolte arabe). La rivolta alla quale
appartiene IS è una parte costitutiva dell’assedio
antirivoluzionario che calpesta le speranze di libertà e uguaglianza
generati dalla cosiddetta primavera araba e dai movimenti popolari. In condizioni
in cui non sono riuscite a prevalere le forze rivoluzionarie democratiche, le
turbolenze politiche e sociali risultate dalla rivolta dal
L’attacco al Rojava
non è casuale
Per questo non è un caso
che il Rojava, che va visto come una propaggine della fase rivoluzionaria che
ha scosso la regione, si trova a confrontarsi con IS. Perché è
evidente che la rivoluzione rappresenta la vera alternativa a IS, tanto quanto
al fascismo.
Per questa ragione va tenuto
conto contemporaneamente di due parametri, in particolare da un lato gli
interessi e conflitti geostrategici a breve termine, dall’altro aspetti
sociali e storici a medio e lungo termine. Un ulteriore presupposto per la
lotta contro IS è la necessità di comprendere la sua logica
assassina e di decifrarla.
Chi è IS e qual
è la sua pratica?
L’approccio popolare
secondo il quale IS sarebbe una banda barbarica, ovvero un’accozzaglia di
matti che si augura un ritorno al medioevo, porta alla banalizzazione del
pericolo. Perché IS è un’organizzazione assolutamente
»moderna« e »razionale« che sfrutta le sue risorse con
tutti i metodi di una mafia moderna, conduce campagne efficaci nei social
media e discute apertamente le sue strategie militari. Se i nazisti
meritano aggettivi simili, dovrebbe essere chiaro che »moderno« e
»razionale« in questa situazione non rappresentano dei complimenti.
IS terrorizza gli abitanti delle
zone che controlla; questo è noto a tutti noi. Contemporaneamente chiama
al califfato, che è utopico, e trova, anche se non lo prendiamo sul
serio, una certa approvazione. Nell’immaginario politico popolare o nel
mondo di fantasia politico-sociale può trovare risonanza. Soprattutto in
paesi con l’Iraq e Siria, dove sono distrutte le regole, istituzioni e
relazioni, questo porta a un despotismo collettivo.
Qual è la
particolarità?
Per capire la strategia di IS,
è necessario, anche se solo brevemente, approfondire le
particolarità all’interno del »movimento jihadista «.
È noto che IS è nato dalle ceneri dell’Al-Qaeda irakena
guidata da Abu Musab az-Zarqawi. Az-Zarqawi in effetti rappresentava una
posizione autonoma all’interno di Al-Qaeda. Anche se restava fedele alla
linea jihadista secondo la quale i diversi regimi a sfondo islamico avevano
deviato in misure diverse dall‘Islam, non aveva questi regimi come
obiettivi immediati, ma seguiva una strategia indirizzata verso gli USA. La
linea di az-Zarqawi intanto in parte deviava da quella della centrale e si
focalizzava su obiettivi vicini, i regimi di Iraq e Siria, così come
dell‘Iran. Questo atteggiamento significava che dichiarazioni e azioni
»eretiche« avevano un significato particolare per la linea di
az-Zarqawi. La violenza contro gruppi e persone che si discostavano dalla
religione e quindi diventavano blasfemi, è una caratteristica comune a
tutti i movimenti jihadisti. Le particolarità di az-Zarqawi hanno
portato al fatto che la sua corrente spesso viene definita eretica.
Tra questi movimenti che sono
nati da fonti ideologiche e politiche uguali ci sono differenze
nell’accentuazione, nella scelta dei tempi e nello stile. Si tratta qui
solo di sfumature. Gli attacchi aerei della coalizione da tempo hanno rotto il
ghiaccio tra i »fratelli diventati nemici« del »movimento
jihadista globale«. La dichiarazione del califfato ha fatto di IS il
nuovo centro del »movimento jihadista globale«.
La Turchia deve decidersi
Proviamo a riassumere: se il
governo dell’AKP non ha deciso di cambiare la sua collocazione nel
sistema internazionale, sarà costretto allo scontro con IS. Se il
»califfato« si insedia in modo duraturo, prenderà di mira la
Turchia »convertita«. Allora vivrà con IS, con il quale ha
stretto un’alleanza contro i curdi nel Rojava, in ogni caso un
»effetto boomerang«, come abbiamo visto con l’esempio
Pakistan/talebani. L’informazione su migliaia di miliziani di origine
turca all’interno di IS mostra che l’organizzazione ha una
relazione con la società turca e dispone del potenziale di coinvolgerne
una certa parte. Il quadro che ne risulta è terribile. Potremmo essere
costretti per molto tempo al »vicinato« con IS. IS ha radici troppo
reali e stabili per poterlo rappresentare come un intrigo o una manovra
cospirativa. Ci auto-illudiamo se non ci interroghiamo sui fondamenti economici
e sociali del fulmineo e terrificante sviluppo di IS e se crediamo di poter
superare questa situazione con qualche anatema politico. Il quadro creatosi
è appunto terribile. Dobbiamo avere il coraggio di osservarlo con
maggiore precisione.
*Foti Benlisoy: laureato alla facoltà di
giurisprudenza dell’università di Istanbul, tesi di dottorato alla
facoltà di storia dell’università Bogaziçi; numerosi
articoli e testi tra l’altro su: Birgün, Evrensel e Özgür
Gündem; libri: »La prima ondata rivoluzionaria del 21°
secolo« e »La resistenza di Gezi: un ›interessante‹
inizio della Turchia «; editore nella casa editrice istos.
Kurdistan Report n176
© 2013 UiKi ONLUS Team
2014-11-07-U
IS, il risultato del crollo
della rivolta araba