November 24, 2014
Incontro con la sindaca della
città turca che ospita i rifugiati di Kobane
L’appuntamento con Zuhal
Elenez è un classico esempio di ospitalità locale. Il
co-presidente della municipalità di Soruç è una giovane
donna eletta con il Dbp, il Partito democratico delle regioni. In tutte le
istituzioni governate dal Partito vige il meccanismo della parità di
genere nelle cariche principali. Ci dice subito che senza gli sforzi del Pkk
donne come lei non avrebbero tali opportunità in una società
patriarcale come quella turca. Dopo un çay e una sigaretta ci fa alcune
domande per conoscerci meglio. Il ricordo di Dino Frisullo, attivista italiano incarcerato
per i diritti dei curdi, le strappa un sorriso, prima di entrare nel vivo della
conversazione.
“L’organizzazione dei
campi per i profughi di Kobane – racconta Zuhal – ci richiede un
enorme sforzo per il reperimento delle risorse necessarie. Il governo turco, ha
dichiarato di aver accolto duecentomila persone, quando in realtà ha
attrezzato due campi dove ospita appena 6100 rifugiati”.
La crisi di Kobane ha riacceso le
mai sopite tensioni tra curdi ed Ankara. Il governo autonomo della Rojava, costituito
dai curdi nel nord della Siria nei due anni di guerra civile, è visto
come una diretta minaccia da Erdogan. Il governo turco, di fronte
all’attacco dell’Isis su Kobane, ha eretto un muro di gomma,
sigillando la frontiera e bloccando l’invio di aiuti militari e umanitari
alla città. Inoltre il passaggio alla frontiera è stato possibile
solo per le persone, costrette ad abbandonare I propri veicoli e animali.
“Noi curdi siamo un popolo
molto solidale – chiosa la co-presidente. Dei rifugiati di Kobane, circa
20.000 vengono ospitati in case private a Soruç, 17.000 nei villaggi
della provincia e ben 10.000 nei campi attrezzati dalle autorità
cittadine. Per attivare le infrastrutture necessarie abbiamo collaborato con
gli altri municipi governati dal Dbp, mentre la prefettura non ha fatto altro
che metterci i bastoni tra le ruote. Siamo arrivati al punto che le Ong e le
associazioni umanitarie si ritirano oppure chiedono di poter operare solo in
via informale.”
Tra il Comune e i campi la
collaborazione è orizzontale: mentre le autorità cittadine si
occupano di questioni tecniche e logistiche, la vita all’interno dei
campi è regolata da commissioni composte dai residenti, al fine di
favorire la partecipazione dei diretti interessati. I rappresentanti di ciascuna
commissione si possono rivolgere al Comune per discutere e decidere insieme sui
bisogni dei campi. Un sistema che, ispirato all’autogestione, è
direttamente mutuato dall’organizzazione di governo che si è data
la Rojava. Da molto tempo, in tutte le municipalità guidate dal DBP le
istituzioni cercano di applicare questo modello.
“L’esperimento
politico che sta vivendo la Rojava – prosegue Zuhal – è
profondamente ispirato ai principi della democrazia diretta. La partecipazione
e il coinvolgimento di tutti nelle decisioni fondamentali della vita della
comunità costituiscono un presidio contro lo sfruttamento del
capitalismo. Il confederalismo democratico può essere un modello
applicabile ovunque, anche in Turchia, ma per il momento l’emergenza
della guerra e delle sue conseguenze rende prioritario assistere I rifugiati di
Kobane”.
Staffetta Romana per Kobane- Core
©
2013 UiKi ONLUS Team
2014-11-24-U
Suruç, la sfida
dell’accoglienza