Una giornata tra i rifugiati di
Kobane
December 02, 2014
Nel pomeriggio di lunedì 1
dicembre ci siamo recati per la prima volta in un campo di rifugiati molto
prossimo al centro della città di Suruç. Il campo era già
stato visitato dalla staffetta nei giorni scorsi ma noi abbiamo deciso di
recarci lì per vedere con i nostri occhi la situazione e capire qualcosa
di più parlando direttamente con gli abitanti. L’impatto è
sicuramente forte e le emozioni si possono toccare nelle lacrime delle donne.
Feride
C’è chi è sola nel campo con sette figli perché il marito
lavora in Iraq, chi invece ha parenti o conoscenti che combattono e resistono a
Kobane, chi invece è, purtroppo, rassegnata all’idea di passare il
resto della sua vita in una tenda lontano dalla propria casa e dalla propria
terra. La speranza invece c’è e vive nei sorrisi, nei canti e
nelle dita con il segno di vittoria alzate dai bambini. Ecco la loro forza:
speranza.
Per capire meglio come funzionano
e come sono gestiti i campi, abbiamo parlato con Feride Eralp, una giovane
volontaria di Istanbul che è responsabile del centro autonomo di
coordinamento della crisi di Suruç.
Buongiorno Feride, ci
puoi spiegare come funziona l’organizzazione dei campi?
Al momento nel Governatorato di
Sanliurfa ci sono 120.000 profughi, dei quali circa 52.000 sono stanziati nella
zona di Suruç. Per loro abbiamo approntato 7 campi, uno è in
costruzione e altri rifugiati sono ospitati nei villaggi vicini.
Dall’amministrazione municipale questi campi ricevono acqua e corrente
elettrica, ma non a sufficienza per i bisogni invernali,
Tutto il resto è gestito
dal nostro ufficio di coordinamento in collaborazione con il partito BDP che ci
aiuta nel raccogliere le richieste provenienti dall’interno dei campi. Va
detto che le persone non possono fare richieste direttamente a noi, ma le devono
far passare attraverso i responsabili del campo, che in genere sono 4/5
persone, che in seguito le fanno pervenire a noi. Con questo metodo riusciamo a
capire il numero preciso degli aiuti che dobbiamo consegnare, in modo da non
sprecare niente e di non favorire un campo o un villaggio in particolare.
Praticamente come
funziona la distribuzione degli aiuti? E da dove provengono?
Gli aiuti arrivano un po’
da tutte le parti, arrivano sia da organizzazioni governative e non ma anche
dalle singole persone che fanno donazioni di materiali e abiti usati. Ci
è capitato anche che un paio di persone ricche abbiano inviato delle
grosse donazioni per aiutare i rifugiati. Tra le agenzie governative vorrei
ricordare quelle di Danimarca, Svezia e Germania che da subito si sono prodigate
per farci avere di tutto e, soprattutto, sono state le più continue.
Nella distribuzione il modulo da
compilare che noi forniamo è fondamentale perché permette di
accedere direttamente ai magazzini da dove possono prelevare le quantità
di cibo, vestiti e generi di prima necessità. Tutte le operazioni di
preparazione e distribuzione sono portate avanti da volontari che sono spesso
la colonna portante dell’organizzazione.
Ci puoi parlare dei campi
e di come sono organizzati internamente? Vorremo sapere qual è la loro
composizione e quali attività, se ci riuscite, portate avanti al loro
interno?
Come composizione uomini e donne
si più o meno si eguagliano, con una leggera predominanza femminile,
però la componente maschile è costituiti quasi esclusivamente da
anziani e bambini. Nei campi da noi gestiti ci sono circa 25.000 bambini in
età da
Partendo dal fatto che la
maggioranza della popolazione dei campi è sotto i 18 anni, uno dei
nostri obiettivi è quello di garantire il funzionamento delle scuole. In
ogni campo infatti c’è una tenda che funge da asilo e scuola. Per
esempio nel campo”Rojava” la scuola garantisce istruzione per circa
200 bambini. Io non sono dell’ufficio che si occupa dell’educazione
ma posso dirvi che il problema principale delle scuole nei campi è lo
spazio, cioè non c’è spazio materiale per installare nuove
tende. Come ulteriore servizio che offriamo c’è una tenda che
serve da punto di ritrovo per le donne.
Ci potresti dire come
effettivamente vi possiamo aiutare? E soprattutto cosa vi serve in particolare?
Vi faccio un esempio per capire
meglio la situazione: nel campo da 10.000 posti che stiamo cercando di
approntare serviranno, per l’inverno, circa 1000 stufette elettriche. Ne
servono altre 400 per gli altri campi. Ecco cosa ci serve. Poi coperte, vestiti
invernali, soprattutto per i bambini, e cibi a lunga conservazione per poter
garantire la distribuzione continua di cibo, anche nei villaggi dove Mezzaluna
Rossa e governatorato non arrivano. Siamo anche riusciti ad aprire un conto
bancario tramite il quale speriamo di ricevere denaro anche dall’estero.
Quello che chiedo però è che nelle donazioni venga specificato
una causale, così che noi, e soprattutto i rifugiati, sappiano in cosa
li avete aiutati
Grazie Eral per il tuo tempo.
Arrivederci e buon lavoro!
Grazie a voi per essere qui.
Grazie per il vostro sostegno.
Marco e Paola, Centri
Sociali del Nord-Est