05 -12- 2014
Sul tavolo
dalla redazione
Roma, 5 dicembre 2014, Nena News – Mentre il
fronte di Guerra mediorientale si allarga a Libia e Libano , simbolo
“Ora controlliamo altre due strade nella
parte occidentale della città e ucciso altri numerosi miliziani – ha detto
Mohammed Mala Omar, comandante dell’unità di peshmerga iracheni
arrivati il mese scorso – I jet
Un altro gruppo di 150 peshmerga è
entrato ieri a Kobane dal confine turco, a sostegno della città assediata.
Kobane plaude all’arrivo della nuova unità, consapevole però che non
trasformerà le sorti della battaglia, che ormai va avanti da quasi tre mesi. La
palese ostruzione del governo turco – che permettendo il passaggio di una
manciata di combattenti kurdi iracheni pensa di aver fatto il proprio dovere –
è l’ostacolo maggiore, perché impedisce non solo a Kobane di
difendersi e sopravvivere, ma ferma anche le mosse della coalizione Usa.
Washington, dipendente dall’agenda dell’alleato,
sta seriamente valutando la creazione di una zona cuscinetto in territorio
siriano, al confine con la Turchia, seppure ufficialmente continui a dire di
non essere pronta a tale passo. Da giorni i media
statunitensi riportano di piani sopra il tavolo dell’Ufficio Ovale che permetta
ai reali interessi
Come previsto dal presidente turco Erdogan,
la zona – che accoglierebbe i ribelli oggi in esilio – potrebbe essere
interdetta all’aviazione siriana, un’eventualità che accenderebbe le tensioni
dell’eterogeneo e ufficioso fronte anti-Isis: sebbene nemici
dichiarati,
Obama però otterrebbe la base militare turca
di Incirlik, il cui utilizzo è condizionato alla creazione della zona
cuscinetto. Insomma, è ancora Ankara a dettare l’agenda. Lo sanno bene i kurdi
turchi che da tempo accusano il governo di sostenere attivamente l’Isis e
impedire alla resistenza kurda di proteggere Kobane. Stessa la visione del Pkk,
convinto che il partito di governo, l’Akp, stia abbia come obiettivo la fine
del negoziato in corso con Ocalan e il suicidio politico del movimento,
attraverso la sconfitta del processo politico in corso a Rojava.
E mentre in
Il timore fondato del Libano – da tempo
attaccato da gruppi sunniti anti-Assad, a partire da al-Nusra – è un
intensificarsi degli scontri al permeabile confine con la Siria. Una possibilità
che è già da tempo concreta e che ha provocato un contagio di violenze
soprattutto a nord del Paese. Stesso dicasi per la Libia, dove la
crisi politica dovuta alla distruzione delle istituzionali statali da parte
della Nato e la presenza di milizie armate che dalla caduta di Gheddafi
imperversano nel paese, ora deve fare i conti con la presenza di gruppi
affiliati allo Stato Islamico. Secondo il generale statunitense Rodriguez, in
Libia l’Isis avrebbe creato basi di addestramento di nuovi miliziani.
Per ora, dice Rodriguez, gli affiliati sono circa 200, tutti libici, ex
miliziani di altri gruppi locali che hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico,
ma aumenteranno grazie alla propaganda vincente