Questa terra è la mia
terra
December 09, 2014
Gli attivisti presenti al confine
turco-siriano hanno incontrato Halil Demir membro del D.P.B. Partito Regionale
Curdo, di seguito la trascrizione dell’intervista.
Perchè Kobane?
Perchè l’Isis sta investendo soldi, risorse e perdendo un alto
numero di uomini per conquistare Kobane?
Kobane è un simbolo,
rovesciato anche per loro, una strategia di annientamento contro i curdi e il
loro progetto. E’ una questione politica.
Vogliono strategicamente prendere
Kobane per eliminare la realtà curda dentro
Quindi gli aggiornamenti
di ieri sugli spostamenti dell’ Isis verso Serekanye vanno letti in
quest’ottica? La resistenza di Kobane ha determinato questo cambio di
strategia?
Sì, loro adesso vogliono
aprire un nuovo fronte visto che Kobane resiste e così le popolazioni
curde delle zone del Kurdistan turco nelle vicinanze. Concentrandosi su
Serekanye i curdi non potranno mandare aiuti.
Voi in questa sede vi
occupate anche della gestione dei campi, quanti campi sono gestiti direttamente
dai curdi?
Cinque.
Quante persone vivono nei
campi?
Di preciso non lo sappiamo, circa
dieci mila. Molti altri in fuga da Kobane sono andati in altre città.
I civili che ancora
vivono a Kobane non sono riusciti a uscire o hanno scelto loro di rimanere
dentro?
“Potevo andare via, ma
questa terra è la mia terra”, mi ha detto un anziano che non se
l’è sentita di partire.
Si riesce a fargli
arrivare aiuti?
Riescono a mandare un camion al
giorno. Un camion però è pochissimo. Tante persone, più o
meno 7 mila vivono ancora li.
Ovviamente hanno dovuto cambiare
il tipo di attività di sussistenza.
Non possono lavorare: se mandiamo
aiuti sopravvivono, altrimenti no.
Il problema è che gli
aiuti arrivano con grande difficoltà.
Esatto, il governo turco permette
il passaggio di un solo camion e il sabato e la domenica non passano.
Come fanno invece ad
uscire, per esempio i feriti?
E’ molto difficile, molti
feriti curdi, arrivati al confine con
Per esempio dove?
Nell’ospedale di Urfa la
polizia ha fatto irruzione, con la scusa di un’informativa su un pacco
bomba e una pistola mai trovate e arrestato con l’accusa di terrorismo 7
feriti dell’YPG e due infermieri che lì facevano i volontari.
Invece alcune notizie
affermano che feriti jihadisti sono stati curati negli ospedali turchi,
è vero?
Si, possono venire negli ospedali
e farsi curare liberamente, senza problemi. Questo succede a Gaziantep, Urfa.
Io stesso ne sono stato testimone: due mesi fa mia moglie era malata e si
trovava nell’ospedale di Gaziantep e con i miei occhi ho visto cinque
membri dell’Isis venire in ospedale per farsi curare e poi uscire e
spostarsi senza alcuna difficoltà.
Come li hai riconosciuti?
Dal modo di vestire, di parlare,
dalla capigliatura e la barba. Si riconoscono anche dalle ferite che hanno,
soprattutto ferite da proiettile.
Dovevano avere dei
passaporti con se per essere registrati?
Si, avevano dei passaporti.
Probabilmente è stata la stessa polizia turca a portarli in ospedale, ma
di questo non abbiamo le prove. Mentre il governo di Erdogan non ha mai
definito l’Isis come gruppo terrorista, criminalizza quotidianamente
tanto il PKK quanto l’YPG.
Secondo te per quanto
tempo andrà avanti questo conflitto?
Ancora per un altro anno, credo.
Cosa pensate
dell’intervento della coalizione americana?
Quando la coalizione ha
bombardato durante il regime di Saddam ci ha impiegato quattro giorni ponendo
così fine a ciò che rappresentava. Nel nostro caso basterebbero
un paio di giorni per porre fine al dominio dell’Isis
Perchè allora
bombardano?
Vogliono crearsi l’immagine
di difensori dei curdi e stanno giocando con le nostre vite. Vogliono portare
entrambe le parti al logorio.
Gli Stati Uniti stanno trattando
con
Si, già stanno
pianificando ciò. Questo cuscinetto però servirà solamente
a bloccare i curdi e gli aiuti a loro destinati, così come la relazione
e connessione dei tre cantoni della Rojava.
Marco, Alessandro, Camilla,
Filippo Centri Sociali del NordEst/Ya Basta! Bologna
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