29 -12- 2014
Le voci
degli attivisti: “L’Isis attacca ancora, ma i kurdi sono vicini alla
di Chiara Cruciati – il manifesto
Roma, 29 dicembre 2014, Nena News – A
Tre mesi e mezzo di resistenza popolare hanno
fatto di Kobane il simbolo della battaglia contro il fanatismo dell’Isis e gli
interessi strategici dello Stato-nazione turco. La stampa mondiale ha
concentrato occhi e orecchie sulla città e sul progetto di democrazia diretta
di Rojava.
Dopo oltre cento giorni di combattimenti
strada per strada, la fine dell’anno per le Unità di Difesa popolare maschili e
femminili (Ypg e Ypj) significa speranza. Le notizie che
giungono dalla città assediata dal 15 settembre dalle milizie di al-Baghdadi,
una città che ha pianto centinaia di morti e ha assistito impotente alla fuga
di oltre 100mila civili, raccontano dell’avanzata delle forze di difesa.
Negli ultimi giorni i kurdi hanno ottenuto
altre vittorie: hanno lanciato una controffensiva sulla strategica collina di
Mshta Nur con il sostegno dei peshmerga iracheni, guadagnando un centinaio di
preziosi metri a sud e est. A dare man forte, nel giorno di Santo Stefano, 31
raid della coalizione guidata dagli Stati uniti, seguiti ai 10
Un’avanzata lenta ma continua che ha permesso
ai kurdi di Kobane di assumere il controllo
«L’iniziativa è nelle mani delle Ypg e delle
Ypj da almeno un mese ormai e ogni giorno riceviamo buone notizie – spiega al manifesto
l’attivista kurda Burcu Çiçek Sahinli da Suruc – La città è stata ripulita
dalle gang dell’Isis, ogni giorno vengono riprese nuove postazioni: luoghi
strategici come il Centro Culturale e alcune scuole sono tornati sotto il
controllo kurdo. I miliziani dell’Isis scappano, non riescono a frenare
l’offensiva di Ypg e Ypj: hanno giustiziato 100 dei loro combattenti che
volevano abbandonare il campo di battaglia».
«Stanno ancora attaccando la città – continua
Burcu – e gli scontri sono ancora duri, ma i kurdi sembrano sempre più vicini
alla
Oltre all’Isis, la resistenza kurda è
costretta a combattere un altro nemico, la Turchia. Ankara tenta da tempo di
spezzare i legami tra il Kurdistan del nord e Rojava, impedendo ai combattenti
«La Turchia teme un
Al sostegno militare che i kurdi imputano
alla Turchia – il cui obiettivo è evitare una crescita della resistenza kurda e
il possibile contagio dell’esperimento Rojava nel proprio territorio – si
aggiunge il mancato supporto ai 230mila profughi di Kobane e Sinjar che hanno
attraversato la frontiera per avere salva la vita. Accolti dai comuni kurdi
turchi a sud in campi profughi gestiti dalle sole municipalità, con l’arrivo
dell’inverno i rifugiati vivono in condizioni sempre più precarie.
«Dopo i due campi precedenti, a Suruc ne
abbiamo aperto un terzo – conclude Burcu – Ma i bisogni sono ancora grandi, non
tutti i campi hanno riscaldamento elettrico, mancano cibo e materiali per
l’igiene personale. Le autorità turche peggiorano la situazione: feriti
arrivati da Kobane sono stati arrestati, è stata detenuta anche una dottoressa
volontaria. Poco importa: noi proseguiamo nelle nostre attività: abbiamo creato
consigli giovanili e femminili, librerie e scuole in madre lingua kurda».
Kobane resiste di qua e di là dalla frontiera. Nena News