19 -01- 2015

Dal 2012, con il ritiro dell’esercito siriano da Rojava e la nascita dei cantoni, non si erano registrati confronti tra le due parti, entrambe impegnate nella lotta all’Isis. 

della redazione

Roma, 19 gennaio 2015, Nena News – Il bilancio degli scontri tra forze governative siriane e combattenti kurdi, cominciati sabato nella città nord-orientale di Hasakeh, è di almeno 18 morti. Tra le vittime, una donna, otto miliziani delle Ypg, le Unità di Difesa Popolare kurde, e nove soldati di Damasco.

A monte, secondo quanto riportato dai media, l’arresto da parte dei combattenti kurdi di dieci fedelissimi del regime, accusati di aver assunto il controllo di una zona demolitarizzata. Secondo un accordo siglato l’anno scorso, infatti, la città di Hasakeh – 200mila abitanti – è stata divisa in due: il 30% circa sotto il controllo delle forze armate kurde, il restante (per lo più quartieri arabi) sotto il controllo del governo. Una terza parte è stata demilitarizzata.

Un confronto senza precedenti: dal 2012, con il ritiro delle truppe di Assad dalle città kurde a nord, lungo il confine con la Turchia (seppur ci siano stati episodi di attacchi da parte delle forze governative a checkpoint kurdi) non si erano registrate significative violenze tra le due parti, con l’obiettivo comune di frenare l’avanzata dello Stato Islamico e dei gruppi islamisti di opposizione a Damasco. Tre anni fa l’esercito di Assad, assediato dalle opposizioni moderate e islamiste, aveva preferito concentrare gli sforzi militari nell’area di Aleppo, parzialmente occupata dall’Esercito Libero Siriano.

La comunità kurda ne aveva approfittato per fare vita ad un esperimento democratico nuovo, sul modello del sistema politico teorizzato dal Pkk: governi autonomi locali in tre cantoni, fondati sul collettivismo, la parità di genere e etnia, la co-presidente uomo-donna di ogni ente pubblico, l’ecologia, la democrazia diretta. Sono state create le Unità di Protezione PopolareYpg e Ypjche in poco tempo hanno assunto il controllo delle città di Kobane, Efrin, Derika Hemko, Qamishli. Dietro, un accordo informale con Damascoche ha sollevato le proteste della vicina Turchia che teme il rafforzamento del Pkkche assegnava ai kurdi la gestione e la sicurezza dell’area

L’accordo tra Damasco e kurdi e il ritiro delle forze militari siriane aveva permesso di garantire la sicurezza della città di Hasakeh, la più grande della regione di Rojava, almeno fino allo scorso settembre quando l’avanzata dell’Isis ha provocato la fuga di 60mila residenti della città kurda. L’aviazione siriana ha bombardato alcuni quartieri della città, per stanaredisse all’epoca Damasco – un gruppo di miliziani dell’Isis infiltrati nella comunità.

Ma nonostante la lotta comune al nemico al-Baghdadi, i rapporti tra governo centrale e comunità kurda restano complessi. Quella kurda è la minoranza etnica più numerosa nel paese: tra i 2 e i 2 milioni e mezzo di abitanti, che rappresentano il 10-15% dell’intera popolazione siriana. Hafez Assad e poi Bashar, suo figlio, hanno messo in piedi una vasta campagna di arabizzazione delle zone kurde della Siria, che ha condotto ha scontri violenti con la popolazione (da ricordare la sollevazione kurda del 2004, soffocata nel sangue dall’esercito di Damasco).

Damasco non ha certo aiutato a placare il forte sentimento anti-governativo kurdo, lavorando per arabizzare le comunità: la lingua e la cultura kurda sono stati banditi, l’insegnamento del kurdo è stato vietato nelle scuole, e a circa 150mila kurdi siriani non è stata riconosciuta la nazionalità fino al 2011. Nena News