di Fabio
Marcelli | 27 gennaio 2015
Dopo oltre 134 giorni di resistenza le milizie curde di Kobane
hanno finalmente liberato la città dalle bande dei tagliagola
dell’Isis. Si tratta di un successo importante, ottenuto nonostante
la disponibilità di armamenti ben peggiori di quelli in mano ai
terroristi, sostenuti dall’esercito turco che ha operato il blocco di
volontari e rifornimenti.
Una grande vittoria per una vicenda cui ho
dedicato parecchi post, denunciando il pericolo, fortunatamente ora sventato, di un massacro,
sottolineando la portata universale della resistenza di Kobane ) e la necessità di non dimenticarsene. Mi piace qui
ricordare anche il disegnatore ZeroCalcare che ha dedicato a
Kobane uno stupendo albo a fumetti allegato agli ultimi due numeri di Internazionale.
Quali insegnamenti si possono trarre da
questa eroica resistenza? Soprattutto che il terrorismo,
saldamente unito alle mafie, può essere sconfitto sulla
base di una mobilitazione cosciente e democratica del popolo
armato.
L’Isis, oltre ad
essere un gruppo terrorista fondamentalista che si ispira al peggiore
islamismo wahabita, costituisce un gruppo criminale che dispone di
quantità enormi di fondi ottenuti attraverso il contrabbando
di petrolio, il traffico di esseri umani,
specie donne ridotte in schiavitù e vendute al migliore
offerente (su Internet è possibile consultare appositi listini dei
prezzi), pezzi di patrimonio culturale che finiscono a caro prezzo nelle
collezioni di qualche ricco nababbo occidentale, sequestri,
sottoscrizioni operate soprattutto in Arabia Saudita, Qatar e Turchia con la
connivenza, quando non addirittura il diretto contributo attivo, degli apparati
di questi Stati.
In quanto gruppo al tempo
stesso mafioso e terrorista l’Isis, al pari di gruppi analoghi operanti
in altre parti del mondo, ad esempio Boko Haram, prospera
grazie al vuoto istituzionale determinato dalle politiche di
intervento militare occidentale e al soffocamento economico operato dalle
politiche di aggiustamento strutturale delle istituzioni finanziarie
internazionali.
Il secondo insegnamento da trarre dalla
resistenza di Kobane riguarda quindi la necessità di un’alternativa
al terrorismo fondamentalista e mafioso che sia sociale, economica
e culturale. Non è un caso che l’amministrazione
di Kobane e di tutta la regione della Rojava si ispira
all’autogestione democratica e al controllo delle
risorse da parte delle autorità locali, contro il regime di rapina portato
avanti dai tagliagola vestiti di nero come dalle multinazionali.
Questo discorso riguarda da vicino anche
l’Europa dove il fondamentalismo può trovare
spazi grazie alla politica di smantellamento delle politiche sociali e di
integrazione. Si pensi che perfino il ministro degli Interni francese Valls ha parlato chiaramente, dopo le stragi
del 7 ed 8 gennaio, dell’esistenza nelle periferie francesi
di veri e propri ghetti e di un apartheid territoriale,
sociale ed etnico. Il terrorismo si nutre di emarginazione sociale che va
sconfitta attribuendo un ruolo di integrazione al pubblico e alla
società civile organizzata.
Per tali motivi Kobane, oggi vittoriosa
contro i fondamentalisti terroristi dell’Isis, rappresenta un esempio da
studiare attentamente e da sostenere fino in fondo. Occorre aprire, contro le
resistenze dei turchi, che si sono resi colpevoli di vari crimini internazionali,
un corridoio umanitario e consentire l’afflusso di beni di prima
necessità, mezzi e volontari. Va altresì respinto il tentativo di
criminalizzare coloro che, come il dirigente del Labour australiano Matthew
Gardiner, rischiano oggi in patria pesanti pene detentive per essersi
battuti al fianco dei resistenti curdi.
È anche urgente aprire un’inchiesta
internazionale sull’Isis e sul sostegno ai terroristi da parte
di Turchia, Arabia Saudita e Qatar,
colpendo con precise sanzioni tutti coloro che in qualche modo portino sostegno
ai fasci- islamisti.
Bisogna invece, e questo è il terzo fondamentale insegnamento da trarre
da questa vicenda, riconoscere come legittimo interlocutore ed alleato il Pkk,
che insieme alle milizie locali dell’Ypg e dell’Ypj ha combattuto
l’Isis con successo, costringendo infine i tagliagola ad evacuare la zona sotto la protezione delle forze turche.
di Fabio
Marcelli | 27 gennaio 2015