27 -01- 2015
Dopo quattro mesi
di lotta, la città siriana a maggioranza curda ha costretto alla fuga lo “Stato
islamico” . Kobane ha resistito all’avanzata degli uomini
di Chiara
Roma, 27 gennaio 2015, Nena News – Kobane
si è liberata: una bandiera del Kurdistan, lunga
Una vittoria dal sapore di storia,
impensabile 4 mesi fa quando gran parte della popolazione della città fu
costretta alla fuga dall’avanzata brutale del califfato: in pochi giorni gli
islamisti hanno occupato 300 villaggi kurdi e trasformato 150mila persone in
profughi, ospiti indesiderati in Turchia.
Kobane ha combattuto pressoché da sola,
guadagnandosi l’appellativo di «Stalingrado kurda», contro la
macchina da guerra islamista, forte delle armi made in Usa razziate dalle basi
militari irachene. Ha combattuto da sola perché i raid della coalizione, seppur
continui (l’80% dei bombardamenti
Ha combattuto da sola perché la vicina
Turchia ha impedito – o cercato di impedire – il passaggio di aiuti e armi a
chi resisteva, ma anche l’arrivo di altri rifugiati, sparandogli addosso mentre
tentavano di attraversare la frontiera. Ha indirettamente sostenuto l’Isis,
come dimostrato da video e foto pubblicate dagli attivisti al confine che per mesi
hanno monitorato esercito turco e miliziani.
A fianco di Kobane si è sollevata la
solidarietà di tanti movimenti internazionali e internazionalisti e del Pkk,
che da subito ha mandato combattenti e armi a difesa della città, simbolo –
insieme al resto di Rojava – del modello di democrazia diretta e partecipazione
popolare che le comunità kurde in Siria hanno messo in piedi dopo lo scoppio
della guerra civile. A Kobane non si è combattuto solo per la
liberazione della città: si è difeso quel progetto politico contro
l’oppressione socioeconomica imposta dallo Stato-nazione liberista (di cui la
Turchia è modello) e contro il fascismo e l’autoritarismo
Ad una settimana dalla presa della strategica
collina di Mistenur, ieri le Ypg e le Ypj hanno assunto il controllo della
strada proveniente da
«Non avevamo dubbi, avremmo ripreso Mistenur.
Così abbiamo rispettato i desideri di tutti i compagni caduti nella lotta – ha
commentato il comandante Kendal – Adesso abbiamo il controllo di tutta la città
e dei villaggi a est e a sud».
Ora è il momento di pensare alla
ricostruzione e all’apertura di un corridoio umanitario: la città è ancora
circondata dagli islamisti che occupano molti villaggi, i quartieri sono
devastati dai missili dell’Isis e dai combattimenti strada per strada, scuole e
ospedali distrutti insieme alle infrastrutture base, ordigni giacciono
inesplosi tra le macerie e reti idriche e elettriche non funzionanti.
E mentre Kobane festeggiava, dall’altro lato
del confine orientale si celebrava un’altra liberazione: l’esercito iracheno ha
annunciato ieri la fine dell’occupazione islamista della provincia di Diyala,
est del paese, uno dei due confini immaginati dal califfo al-Baghdadi per il
suo califfato. Avrebbe dovuto correre da Diyala a
Con Kobane e Diyala libere cresce la speranza
di sconfiggere l’Isis e il modello di separazione di cui è indirettamente
portatore, specchio delle agende politiche di tanti attori regionali. Ma
non mancano le fonti di preoccupazione: secondo il quotidiano Asharq alawsat,
oltre il 4% del Libano sarebbe oggi sotto il controllo dei miliziani dell’Isis
e