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Il premier turco Recep Tayyip Erdogan, durante un intervento in parlamento.

 

 

 

 

 

 

 

 


(© Getty images) Il premier turco Recep Tayyip Erdogan, durante un intervento in parlamento.

Festa nel Kurdistan turco dove migliaia di curdi sono scesi in piazza cantando e danzando per celebrare la riconquista di Kobane, la città curda siriana presa d'assalto a settembre 2014 dai jihadisti dello Stato Islamico (Isis).
Ma non si è mostrato per nulla festante Recep Tayyip Erdogan.

SPETTRO STATO CURDO SIRIANO. Il presidente islamico turco non ha trovato motivi per festeggiare.
Ankara vede agitarsi lo spettro di uno stato curdo siriano, la Rojava, e di un futuro 'Grande Kurdistan' di 40 milioni di abitanti (15 oggi turchi) a cavallo fra Turchia, Siria, Iran e Iraq.
Erdogan ha ironizzato vedendo i curdi festeggiare: «Ma che cosa è successo? L'Isis è stato cacciato da Kobane. Ok. Ma chi ora ricostruirà le zone bombardate?».
Una vera e propria frecciata agli americani, che hanno bombardato i jihadisti per aiutare l'Ypg, il braccio armato del partito curdo siriano Ypd, e le brigate delle donne curde Ypj, che hanno messo in fuga i jihadisti.

LINEA AMBIGUA DI ANKARA. Fin dall'inizio dell'assalto contro Kobane, in settembre, Ankara ha seguito una linea ambigua.
Ha impedito il passaggio del confine ai curdi turchi che volevano combattere con i 'fratelli' siriani, non ha ceduto alle pressioni Usa e non ha concesso l'uso della base Nato di Incirlik ai caccia americani che colpiscono l'Isis.
Le manifestazioni di protesta dei curdi turchi sono state duramente represse, con 40 morti.

VARIE ACCUSE A ERDOGAN. Dall'inizio della guerra civile siriana Erdogan si è schierato con i ribelli sunniti con un duplice obiettivo: rovesciare l'ex-amico Bashar al Assad per sostituirlo con un governo islamico e impedire il consolidamento di una entità curda in Siria.
Erdogan è stato accusato di appoggiare in chiave anti-Assad e anti-curda i jihadisti di Isis e al-Nusra.
Dopo la riconquista di Kobane, il presidente turco ha confermato che nonostante il fallimento della sua politica siriana e le divergenze crescenti con Washington non intende cambiare rotta.
Ankara non vuole una autonomia curda in Siria. E ritiene che abbattere Assad rimanga la priorità.
Washington, visti gli ultimi atteggiamenti di Ankara, secondo alcuni analisti non escluderebbe più la ripresa di contatti in chiave anti-Isis con Damasco.

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