09 -02- 2015
La battaglia è in
corso da sabato notte a Douma nel Ghouta orientale. Dopo aver riconquistato
Kobane, intanto, i curdi avanzano nei villaggi limitrofi senza incontrare
grosse difficoltà. Washington e Amman decantano i successi della coalizione
nonostante lo scetticismo di alcuni leader arabi che non vedono “alcuna
strategia” per sconfiggere lo Stato Islamico
di Roberto Prinzi
Roma, 9 febbraio 2015, Nena News – Nel
pasticciaccio (sanguinoso) siriano può succedere di tutto. Può accadere, ad
esempio, che un gruppo di opposizione al regime di Bashar al-Asad fino a poco
tempo fa combatta ora per il “dittatore”. A rivelare la notizia non sono i
media pro-Damasco, ma l’Osservatorio siriano dei diritti umani, Ong di stanza a
Londra e vicina all’opposizione “moderata” siriana.
Secondo il direttore dell’Osservatorio, Rami
‘Abdel ar-Rahman, il Jaysh al-Wafaa’ (esercito della lealtà) ha lanciato sabato
notte “la sua più feroce offensiva” contro il Jaysh al-Islam (esercito
dell’Islam) vicino al fortino dei ribelli a Duma a est della capitale. I
combattimenti sarebbero tuttora in corso.
Il Jaysh al-Wafaa si è formato tre
mesi fa dopo che l’esercito siriano aveva assediato per più di un anno la
Ghouta dell’Est (dove si trova Duma). Molti dei suoi membri avevano combattuto
contro il “macellaio” al-Asad, ma a causa del soffocante assedio imposto dal
presidente siriano, si erano arresi consegnandosi all’esercito baathista.
“A causa
Finanziati e armati da Damasco, il Jaysh
al-Wafaa ha come compito quello di rintuzzare gli attacchi del Jaysh al-Islam,
il gruppo ribelle più forte e meglio equipaggiato nella zona della Ghouta
orientale. Secondo la rete di attivisti e di testimoni oculari su
cui si basano i resoconti dell’Osservatorio siriano, a partecipare ai
combattimenti vi sarebbero anche i miliziani di Hezbollah. Duma è uno dei
simboli della barbarie in corso in Siria da quasi quattro anni. Bastione dei
ribelli, è assediata brutalmente da oltre un anno dal regime siriano. A pagare
il prezzo salatissimo dei combattimenti tra lealisti e oppositori sono le
decine di migliaia intrappolati in quartieri crivellati di colpi, affamati e
privi di assistenza sanitaria. Ma l’incubo per i cittadini di Duma non
è rappresentato solo da Damasco, ma anche dal Jaysh al-Islam di ‘Allush. Noto
per le sue capacità belliche e per la sua efferatezza, “l’esercito dell’Islam”
presenta una soluzione al conflitto siriano non molto diversa da quella dei
qa’edisti di an-Nusra con cui, non di rado, opera in battaglia.
Ma se il regime non riesce a riportare la
calma nella fascia di Siria dove è più forte e dove anche i suoi fortini
sono sotto costante minaccia dei ribelli (i colpi di mortaio caduti giorni fa
nel centro di Damasco non sono stati un’eccezione), a poter esultare
sono i curdi. Ieri le “Unità di protezione del popolo” curde hanno annunciato
di aver ripreso il controllo di più di un terzo dei villaggi attorno Kobane,
la cittadina a confine con la Turchia liberata a fine gennaio dopo 4 mesi di
battaglia contro le milizie dello Stato Islamico. Secondo l’Osservatorio
siriano, nelle ultime due settimane i curdi avrebbero riconquistato 128
villaggi. Resta da capire quanto l’avanzata sia stata merito
della forza militare curda o quanto, più verosimilmente, siano stati gli stessi
miliziani dell’Is a indietreggiare senza contrattaccare preferendo concentrare
i loro sforzi bellici nelle aree intorno ad
Le ultime notizie dal fronte di guerra
siriano hanno ringalluzzito il Segretario di Stato statunitense John Kerry,
che, intervenendo alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, ha detto che la
lotta contro lo Stato Islamico sarà una battaglia lunga, ma che la strategia
sta portando già i primi frutti. Kerry ha dichiarato
che i 2.000 raid della coalizione anti-Is hanno permesso la riconquista di
Un’analisi, quella di Kerry e dei giordani,
che appare propaganda spicciola soprattutto se si tiene presente che dopo 6
mesi di bombardamenti gli uomini del “califfo” al-Baghdadi conservano gran
parte del territorio conquistato e che le “capitali” (Mosul in Iraq e Raqqa in
Siria) sono saldamente in loro possesso. Un’analisi che, soprattutto, non trova
tutti d’accordo. Due settimane fa il generale Kirby aveva descritto al
Pentagono l’andamento della guerra in toni molto più pacati: sebbene l’avanzata
dell’Is si sia fermata, la coalizione è riuscita finora a recuperare solo un
misero 1% di territorio in Iraq. Ieri al
“Non vedo una chiara strategia su come
affrontare lo Stato Islamico, su come contenerlo, su come controllarlo, su come
sconfiggerlo ed eliminarlo. Non vedo niente di tutto ciò. Almeno che la
strategia non siano i raid aerei. Ma questa non è una strategia” ha dichiarato
il ministro degli Esteri palestinesi Riad al-Malki presente a
Preoccupato è anche il Libano la
cui parte orientale del Paese è fuori controllo a causa della presenza dei
qaedisti di an-Nusra e degli uomini di al-Baghdadi. Ma un carico
di armi del valore di 25 milioni di dollari stabilito ieri da Washington
dovrebbe bastare per fare tacere Beirut per un po’. Nena News