Posted date: March
02, 2015
di Janel Biehl - Una presentazione di Abdurrahman Hemo, consulente per lo
sviluppo economico del Cantone di Cizîre, Derik. Il 2 dicembre la
delegazione accademica per il Rojava ha visitato il centro economico di Derik. Lì
abbiamo ascoltato una presentazione sull’economia del Rojava di Abdurrahman Hemo, consulente per lo sviluppo economico
del Cantone di Cizîre. Hemo ha spiegato quello che ha definito come tre
economie parallele del Rojava: l’economia della
comunità, l’economia della guerra, e l’economia aperta.
Hemo: Il nostro progetto economico
equivale al nostro progetto politico. Lo chiamiamo
“economia della comunità,” e tutte
le parti della società vi partecipano. E’ la cooperativa. Abbiamo
iniziato a costruire cooperative in tutti i vari settori: abbiamo cooperative commerciali, cooperative di società,
cooperative di costruzione. Il modello organizzativo per la nostra economia
è la cooperativa. Il nostro obiettivo è quello di
essere autosufficienti. Se vi è solo del pane, noi tutti ne avremo una quota. Questo è il principio
fondamentale delle cooperative.
Da due anni
stiamo cercando di sviluppare questa economia. Prima
[della rivoluzione] la cultura era diversa, così ora
abbiamo scuole per promuovere la mentalità della cooperativa. Abbiamo
organizzato seminari e dibattiti, in modo che la comunità possa essere convinta che questo tipo di sistema sia il
migliore. Attualmente la partecipazione è a un
buon livello.
La principale
attività economica del posto è l’agricoltura, e quindi la
maggior parte delle cooperative sono concentrate
sull’agricoltura. Questa è l’economia della nostra
comunità. Gli altri Cantoni funzionano allo stesso modo.
Lasciatemi dire che in tutti e tre i cantoni siamo circondati, siamo
sotto embargo. Il Rojava è ricco di risorse naturali e di agricoltura, ma non abbiamo ricevuto alcun investimento
per le infrastrutture. A livello internazionale non c’è nessun
investimento qui. A livello internazionale il Rojava non viene
riconosciuto, non esiste. Se vogliamo sviluppare il
Rojava, dobbiamo costruire tutto da soli.
Quindi, nel
processo rivoluzionario, abbiamo creato aziende per sviluppare l’economia
agricola, e per fornire i semi ai contadini in modo che possano
continuare a coltivare le loro terre. Li riforniamo anche di gasolio per le
macchine agricole.
Inoltre abbiamo creato aziende per raffinare il
petrolio, per produrre gasolio e altri beni. Produrre diesel in realtà
costa meno dell’acqua. Il costo dell’acqua è di 25 centesimi
al mezzo litro, mentre un litro di diesel costa 25
centesimi. L’acqua è due volte più
costosa del petrolio. Nel cantone di Cizîre abbiamo migliaia di
giacimenti petroliferi. Ma al momento solo 200 sono
attivi, perché dove potremmo inviare il petrolio? Noi siamo
sotto embargo, non possiamo commerciare con il mondo esterno. Così
sfruttiamo il petrolio per il nostro fabbisogno qui a Cizîre.
Alcuni campi
petroliferi sono sotto il controllo dell’ISIS, un emiro possiede cinque o
sei giacimenti petroliferi. L’ISIS può
vendere il petrolio alla Turchia, hanno contatti con la parte turca e
commerciano con
Abbiamo anche
creato imprese per sviluppare le infrastrutture e per costruire strade asfaltate.
Sono tutte aziende locali in quanto non riceviamo alcun aiuto
dall’esterno.
D: Chi decide quanto produrre, cosa, e come distribuire il
surplus?
Hemo: La situazione è complessa. L’auto-governo democratico, i comitati per
l’agricoltura e la finanza e le aziende sono tutti soggetti coinvolti.
D: Chi
possiede le aziende?
Hemo: Alcune delle aziende sono private – il cantone di
auto-governo non ha alcun controllo su di loro. Alcune di loro hanno
fatto accordi con l’autogoverno in modo da poter collaborare. Ad esempio,
una compagnia petrolifera può essere di proprietà privata, ma ha
un accordo con l’autogoverno. Noi possediamo il
petrolio, loro ci danno il gasolio. La commissione dell’energia
decide quanto puro dev’essere il prodotto e come tariffarlo. E’ lo
stesso per l’agricoltura, ci sono aziende private che hanno accordi con
l’autogoverno.
D: In
che modo gli individui e le persone con famiglia
guadagnano per vivere? Quali occupazioni ci sono? Le donne e gli uomini sono
cambiati rispetto all’economia?
Hemo: Non c’è divisione del lavoro. L’agricoltura è
la principale occupazione. Questa è un’economia di sopravvivenza.
Non ci sono salari. Alcune persone vivono sfruttando una mucca.
II. Economia di guerra
La seconda parte
cospicua dell’economia del Rojava è l’economia
di guerra. Sotto l’autogoverno democratico, il 70 per cento del bilancio viene speso per la difesa, per le YPG, YPJ, e Asayiş. La
guerra costa 20 milioni di dollari americani ogni anno. Compriamo tutte le
nostre armi, e le armi sono molto costose. Abbiamo un
esercito che ha bisogno di vestiti e cibo. La necessità di finanziare
l’esercito ci costringe a centralizzare l’economia di guerra,
altrimenti sarebbe impossibile per i combattenti
vivere in queste condizioni.
Il resto del
bilancio è utilizzato dall’autogoverno per fornire servizi
pubblici e per autofinanziarsi. In Rojava vengono
finanziati tutti i costi delle scuole. Diamo alla scuola il gasolio. Prima
della rivoluzione il regime finanziava le scuole, ma ora siamo
obbligati a farlo noi. Provvediamo a riscaldare gli
edifici.
E provvediamo al pane. Ogni famiglia
può ottenere tre pani al giorno. [Sono schiacciatine lievitate, ed.] Ogni pane ci costa 100
lire siriane, e li diamo al popolo per 60 lire siriane. E
lo dobbiamo sovvenzionare. Solo per l’approvvigionamento del pane per un
mese per la popolazione, registriamo una perdita di 20 milioni di lire siriane.
D: Lei dice che il 70 per cento del bilancio va alla difesa, e il
30 per cento va ai servizi pubblici. Ma da dove viene
il denaro? Non è possibile esportare il petrolio, e si consumano le
proprie verdure.
Hemo: Il reddito deriva dalla vendita di prodotti petroliferi per
l’economia locale.
D: La gente deve pagare per il petrolio?
Hemo: Sì. Tutto
ciò che otteniamo è solo per noi.
D: Ma
c’è una sola fonte, il petrolio, per il reddito domestico? Questo
è quanto?
Hemo: Abbiamo anche un certo reddito dai valichi di frontiera.
D: Ci
devono ancora essere persone dei vecchi tempi da queste parti che hanno
più soldi di altri, una certa ricchezza. Non potete riscuotere da loro
un qualche tipo di tassa o contributo?
Hemo: Abbiamo in programma di farlo. Ma la maggior
parte della popolazione è molto povera. Abbiamo deciso di non riscuotere
tasse dal popolo. Se lo facessimo, sarebbe tutto
finito. Quindi non otteniamo alcun reddito fisso sotto
forma di tasse per finanziare il sistema.
Dal
momento che siamo
sotto embargo, non otteniamo alcun aiuto esterno. Tutto quello che produciamo
va per i nostri bisogni. Abbiamo elettricità in misura limitata, acqua
potabile, le necessità della vita quotidiana. Ottenevamo energia
elettrica da Raqqa, ma ora non più,
l’ISIS controlla tutto. Tutto quello su cui dobbiamo
fare affidamento sono i generatori di diesel.
Un sacco di
persone sfollate vengono qui, nelle zone curde, e
vivono in condizioni molto semplici. In questa situazione di guerra, le agenzie
delle Nazioni Unite dovrebbero fornire l’elettricità e
l’accesso all’acqua potabile. L’istruzione e la salute sono
bisogni fondamentali. Alcune istituzioni umanitarie internazionali sono qui nei
campi profughi, e dovrebbero aiutarci a fornire tali servizi, ma la loro
presenza è solo simbolica.
Dall’inizio
della guerra civile siriana, il regime di Assad ha
ricevuto miliardi di dollari in aiuti umanitari dall’ONU, dagli Stati
Uniti e dall’Unione europea. Ma le zone curde non ricevono alcuna assistenza da parte delle organizzazioni umanitarie
internazionali.
Nessuno stato ci
aiuta a difenderci, e nessuno fornisce assistenza. Consumiamo
il pane insieme, e se non c’è pane, non abbiamo il pane.
III. Open Economy
L’economia
a Cizîre/Rojava funziona su una base di sopravvivenza. Gli altri cantoni,
Afrin e Kobanê, dipendono dalla ricchezza di Cizîre. La nostra
economia è vitale per gli altri.
Stiamo pagando
tutti i costi per le istituzioni di autogoverno e
servizi pubblici.
Non abbiamo
alcun surplus da reinvestire. Non abbiamo i mezzi per sviluppare la nostra
economia. Abbiamo bisogno di investire in altri settori, ma non possiamo. Non
siamo in grado di creare un ambiente in cui tutti hanno la possibilità
di lavorare, dove i professionisti possono ottenere posti di lavoro,
perché non abbiamo i mezzi per creare imprese.
Il reddito
dell’economia di comunità è tutto quello che abbiamo. I
costi sono in crescita a causa della guerra. E
l’amministrazione dell’autogoverno, che dobbiamo finanziare, in
questo momento ha più membri.
Se non otteniamo
alcuna apertura verso il mondo esterno la nostra
economia resterà la stessa, e non ci sarà alcuno sviluppo. Abbiamo
invece bisogno di investimenti esterni. Per
organizzare il tutto, il governo ha approvato una legge chiamata
“economia aperta”. Qualsiasi investitore esterno
dovrebbe rispettare l’economia.
Ma non c’è stato alcuno
sviluppo. La resistenza di Kobane è stata discussa a livello mondiale,
ma ufficialmente il Rojava non esiste. Alle organizzazioni internazionali che
vogliono agire da noi viene detto che devono passare
attraverso il KRG o Damasco.
C’è
un embargo politico contro di noi. Lo Stato turco non vede nulla di buono
accadere qui. Il nostro confine con
Quando Al Nusra
occupava Sere Kaniye [nel 2012-13], il valico di frontiera
era aperto. Ma dopo l’espulsione di Al Nusra, i
funzionari turchi hanno chiuso il confine con un muro di cemento. Abbiamo
bisogno di aprire il confine con
Dobbiamo
cambiare questa situazione a livello internazionale, essere riconosciuti dalla
comunità internazionale, per costringere
D:
Sembra che si stia chiamando il mondo esterno ad investire nel sistema
esistente. Lei dice che non riuscite ad essere
autosufficienti, ma l’autonomia, come in “autonomia
democratica,” significa autosufficienza. Eppure
si sta chiedendo agli outsider di aiutare. Contraddicendo anche
l’autonomia democratica: lei ha parlato di un’economia
centralizzata, che sarebbe un’economia fondata
su uno stato. Non c’è una grande
contraddizione tra i paradigmi politici ed economici?
Hemo: Sì,
anche in questa situazione di guerra, vogliamo essere autosufficienti. Ma vediamo quali sono gli equivoci. Per aumentare la
qualità della vita nel suo complesso, abbiamo bisogno di un qualche tipo
di industria, abbiamo bisogno di elettricità. La
nostra industria petrolifera è molto primitiva,
possiamo appena produrre diesel. Abbiamo bisogno di costruire una
raffineria, ma per farlo ci servono trecento milioni di dollari americani. Purtroppo
le cooperative di comunità non riescono a sostenere quest’onere.
Abbiamo bisogno di elettricità. Per costruire noi stessi una centrale
ci costerebbe quattrocento milioni di dollari, ma non li abbiamo.
Le cooperative comunitarie non possono finanziarla. Però abbiamo comunque bisogno di energia elettrica. Quindi abbiamo
bisogno di aiuto dall’esterno, privato o
pubblico.
Non abbiamo
fabbriche per la produzione di fertilizzanti per gli agricoltori. Abbiamo tutte
le materie prime per la produzione di fertilizzanti, ma non abbiamo le fabbriche.
Adesso siamo costretti ad acquistare fertilizzanti dall’Iraq. Abbiamo
bisogno di 5 milioni di dollari per costruire una fabbrica di fertilizzanti. Le
cooperative comunitarie non possono fornire quel denaro.
Abbiamo bisogno
di loro affinché vengano qui, in modo da poter
costruire una sorta di economia sociale insieme.
È
per questo che ho
descritto il sistema in termini di tre diverse economie. Tutte e tre insieme costituiscono la nostra economia, e dobbiamo
svilupparle tutte e tre. L’attività principale rimane
l’economia della comunità, ma non può stare in piedi da
sola. Se dovessimo insistere solo sull’economia
comunitaria, dureremmo forse uno o due anni. Dobbiamo finanziare la guerra. Se la situazione della guerra dovesse essere abbastanza
stabile da poter sviluppare l’industria, ci apriremmo al mondo esterno,
in un’economia aperta. In caso di apertura,
dobbiamo sviluppare l’industria.
D:
Quanto è grande l’economia aperta? Come si realizza?
Hemo: Abbiamo approvato una legge al riguardo, ma finora non abbiamo avuto
investitori. Non hanno accesso al nostro Paese. Nessuno dall’esterno
è venuto e ha investito qui. Tutto l’investimento è locale.
Le società private sono tutte locali.
D: E la
diaspora curda? Può collegarsi all’economia aperta?
Hemo: Siamo aperti per loro, ma nessuno è
attivo. Non c’è nessun aiuto diretto. Forse è possibile. Si
prega di organizzare.
D: Potrebbero altri paesi produttori di petrolio, come il
Venezuela forse, aiutare con raffinerie?
Hemo: Abbiamo alcuni legami, e alcune persone hanno fatto promesse, ma in
pratica non hanno fatto niente. C’è stata un po’ di
comunicazione, ma … se siete a conoscenza di una società, si prega
di aiutare.
D: E l’aeroporto?
Hemo: L’aeroporto di Qamişlo è occupato dal regime. Costruire un aeroporto potrebbe essere
un progetto per sviluppare l’economia locale, se qualcuno fosse
disponibile.
D: Come sarebbe un funzionamento ideale dell’economia?
Hemo: Il nostro obiettivo principale per lo sviluppo sarebbe
sull’economia della comunità. Ma dovrà coesistere con
l’economia aperta e l’economia privata. Ad esempio, abbiamo bisogno
di fabbriche legate all’agricoltura. Abbiamo bisogno di
impianti di trasformazione. Abbiamo bisogno di fertilizzante, della
lavorazione del cotone. Produciamo il petrolio ma
abbiamo bisogno di strutture per la produzione di materie plastiche, benzene. Se c’è un’apertura, possiamo creare
strutture. Abbiamo bisogno di un certo tipo di economia
comune, e le fabbriche dovrebbero essere di proprietà comune. Ma non
creeremo un economia di stato, o un’economia
centralizzata. Dovrebbe essere organizzata a livello locale.
Trascritto e
curato per l’organizzazione e la concisione da Janet Biehl.
© 2013 UiKi
ONLUS Team