Posted date: March
04, 2015
di Petar Stanchev
L’autonomia mette insieme due
rivoluzioni dal basso e a sinistra.
” Il potere per il popolo” si
può mettere in pratica solo se il potere
esercitato dalle èlites sociali si
dissolve nel popolo”
Quella che fino a poco tempo fa era la assolutamente sconosciuta
città kurda di Kobane, è riuscita oggi a catturare
l’attenzione del mondo con la sua violenta resistenza [1] contro
l’invasione da parte dello Stato Islamico fino a convertirsi in un
simbolo internazionale che viene paragonato alla
difesa di Madrid e di Stalingrado. Il coraggio e
l’eroismo delle Unità di Difesa del Popolo (YPG) e
l’Unità di Difesa delle Donne (YPJ) hanno incontrato
l’entusiasmo di un largo spettro di individui e collettivi anarchici,
della sinistra, liberali e persino persone di destra che hanno espresso la loro
simpatia e ammirazione per gli uomini e le donne di Kobane nella loro battaglia
storica contro quello che in generale è stato visto come il
“Fascismo” dello Stato Islamico.
I mezzi di comunicazione più importanti si sono visti
obbligati a rompere il silenzio sulla autonomia kurda non appena numerosi
articoli e notizie sono stati ritrasmessi e pubblicati, spesso descrivendo la
“durezza” e determinazione dei combattenti kurdi anche se con una
certa dose di esotismo.
Nonostante questa attenzione sia stata selettiva e
parziale: l’essenza del progetto politico in Rojava (Kurdistan
occidentale) è stata trascurata e i mezzi di comunicazione hanno
preferito presentare la resistenza di Kobane come una singolare eccezione alla
cosiddetta barbarie nel Medio Oriente.
Non è sorprendente che la stella rossa, brillando sulle
bandiere vittoriose delle YPG e YPJ, non sia un simbolo gradevole agli occhi
dei poteri occidentali e i suoi mezzi di comunicazione.
I cantoni autonomi di Rojava rappresentano una soluzione autoctona
ai conflitti del Medio Oriente comprendendo la democrazia di base e i diritti
etnici, sociali e di genere, e tutto questo respingendo non solo il terrore
dello Stato Islamico ma anche quello delle democrazie liberali e
dell’economia capitalista.
Nonostante l’Occidente abbia voluto mantenere il silenzio
sul problema, questi fondamenti ideologici sono la chiave per comprendere lo
spirito che ha scritto l’epopea di Kobane e che ha affascinato il mondo,
come ha spiegato recentemente l’attivista e accademica kurda Dilar Dirik [2].
Mentre si intensificavano gli scontri in ogni strada e in ogni
angolo della città, Kobane é riuscita a catturare
l’immaginazione della sinistra e specialmente della sinistra libertaria,
come simbolo di resistenza e di lotta, e non ha tardato a trovarsi un posto nel
pantheon delle battaglie più emblematiche dell’umanità,
come la difesa di Madrid contro i fascisti durante il decennio degli anni 30. Non
è una casualità che il gruppo marxista-leninista turco MLKP, che
si è unito alle YPG/YPJ, nel campo di battaglia
esponeva la bandiera della repubblica spagnola sulle rovine della città
il giorno della sua liberazione e abbia fatto appello a formare brigate
internazionali [3], seguendo l’esempio della rivoluzione
spagnola.
Quello che ha portato a paragonare la rivoluzione spagnola non
è stata la lotta per Kobane in sé stessa, ma la sostanza
libertaria delle regioni del Rojava, l’impulso della democrazia diretta
di base e la partecipazione delle donne e dei differenti gruppi
etnici nel governo autonomo. In molti articoli si sono fatte
altre associazioni: la rivoluzione in Rojava e il suo governo autonomo si
può paragonare agli zapatisti e la loro autonomia nel sud del Messico. L’importanza
di questo confronto potrebbe essere fondamentale per poter capire il paradigma
della lotta rivoluzionaria nel Kurdistan e quello che significa per quelli che
credono che un altro mondo è possibile.
Il movimento zapatista è probabilmente uno degli elementi
più emblematici e influenti nell’immaginario rivoluzionario nel
mondo dopo la caduta dei regimi socialisti statalisti alla fine degli anni 80 e
all’inizio degli anni 90. La mattina del 1° gennaio
del 1994 una forza guerrigliera sconosciuta, composta da indigeni maya,
occupava le principali città dello Stato messicano più
meridionale, il Chiapas. L’operazione militare fu realizzata
con una grande lucidità strategica combinata con l’uso di
internet, per diffondere il messaggio dei rivoluzionari; trovò eco in
tutto il mondo ispirando la solidarietà internazionale e
l’iniziativa del movimento antiglobalizzazione. Gli zapatisti
si ribellavano contro il capitalismo neoliberale e il genocidio sociale e
culturale dei popoli indigeni del Messico. “Ya basta!”
fu il loro grido che nacque nella notte di “500 anni di
oppressione”, come diceva
L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) fu
respinto dalle città dopo dodici giorni di lotta intensa con
l’esercito federale, ma risultò che la profonda organizzazione
orizzontale delle comunità indigene non poteva essere eliminata per
mezzo di nessun intervento militare. Il portavoce mascherato
dell’esercito ribelle, il Subcomandante Marcos, pose il problema che la
nozione di avanguardia storica era in contrasto con una rivoluzione dal basso
che non aspira a prendere il potere ma ad abolirlo, e questo concetto si
affermò come centrale nella maggioranza dei movimenti anticapitalisti di
massa da Seattle a Genova, fino alle occupazioni di Syntagma e
Dal marxismo-leninismo alla autonomia: un percorso storico
condiviso.
Le radici dell’autonomia democratica in Rojava si possono
capire attraverso la storia del partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK),
l’organizzazione che dalla sua creazione nel 1978 è stata centrale
nel movimento di liberazione kurdo. Il PKK si radica, come
organizzazione di guerriglia marxista-leninista nel nord del Kurdistan, parte
dello stato kurdo, combinando le ideologie di liberazione nazionale e
sociale. Cresce fino a essere una vera forza guerrigliera sotto la
guida di Abdullah Öcalan che riuscì a fronteggiare il secondo
esercito più grande della NATO in un conflitto dove persero la vita
40.000 persone.
Lo stato turco cacciò dal proprio territorio
centinaia di migliaia di persone ed è noto che utilizzò la
tortura, esecuzioni e violenze contro la popolazione civile, ma non
riuscì a rompere la colonna vertebrale della resistenza
kurda. Dai suoi albori, il PKK estese la sua influenza sia in
Turchia che in altre parti del Kurdistan. La forza politica guida
della rivoluzione del Rojava, il Partito della Unione Democratica (PYD)
è affiliato al PKK attraverso
Per quanto gli zapatisti siano famosi per il loro governo
autonomo, il rifiuto del principio di avanguardia storica, le radici della loro
organizzazione anche se affondano nel marxismo-leninismo, come nel caso del
PKK, la loro idea di autogoverno e di rivoluzione dal basso sono il
prodotto di una lunga evoluzione storica.
L’EZLN fu fondato nel 1983 da un gruppo di guerriglia
urbana, prevalentemente marxista-leninista che crearono una cellula
rivoluzionaria tra le popolazioni indigene nel Chiapas, per organizzare una
forza guerrigliera e prendere il potere con la guerra di guerriglia. Compresero
subito che i loro dogmi ideologici non potevano applicarsi alla realtà
degli indigeni e cominciarono ad apprendere dalle tradizioni comunitarie del
governo delle popolazioni indigene. Così nacque lo zapatismo,
come una fusione tra il marxismo leninismo e l’esperienza e cultura delle
popolazioni native che andavano avanti resistendo allo Stato spagnolo e poi a
quello messicano.
Questa traiettoria ideologica condivisa dimostra una svolta
storica nella comprensione del processo rivoluzionario. L’
“Me ne fotto di tutte le avanguardie rivoluzionarie del
pianeta” [4].
Non voler essere l’avanguardia che dirige il popolo,
significava che era lo stesso popolo che costruiva la rivoluzione
dal basso e la sosteneva come tale. Questa è la
logica verso la quale il PKK ha dato una svolta nel corso degli
ultimi dieci anni sotto l’influenza di Murray Bookchin e
questo cambiamento manifesta una evoluzione dell’
Cantoni e Caracoles: la libertà qui e ora
Probabilmente la somiglianza più importante tra la
rivoluzione nel Rojava e quella del Chiapas è la riorganizzazione
sociale e politica che sta realizzandosi nelle due regioni e che si basa
sull’ideologia libertaria delle due organizzazioni.
L’autonomia zapatista nella sua forma attuale è nata
dopo il fallimento dei negoziati di pace con il governo messicano dopo l’insurrezione
del 1994. Durante questi negoziati i ribelli chiesero al governo di
rispettare gli accordi di San Andrés, che davano alle popolazioni
indigene il diritto all’autonomia, l’autodeterminazione,
l’educazione, la giustizia e l’organizzazione politica basata sulle
loro tradizioni come il controllo comunitario sulla terra e le risorse che
appartengono al territorio. Il governo mai applico questi
accordi e nel 2001 il presidente Fox propose una versione modificata che venne
votata dal Congresso ma che non soddisfaceva le domande degli zapatisti e gli
altri gruppi in resistenza. Ciò venne visto come un
“tradimento” e fece sì che, due anni dopo, l’EZLN
dichiarasse la creazione di cinque zone ribelli, con al centro cinque Caracoles
che servivano come centro amministrativo.
Il nome Caracoles mostrava il concetto della rivoluzione degli
zapatisti: “lo stiamo facendo noi stessi, apprendiamo il processo e
andiamo avanti, poco a poco ma avanziamo”. I Caracoles [5]
comprendono tre livelli di governo autonomo: comunità, municipio e
Consigli del Buon Governo. I primi due si basano su assemblee
di base mentre i Consigli del Buon Governo si scelgono ma con
l’intenzione di arrivare con il massimo numero di persone che partecipano
al governo nel corso degli anni attraverso il principio della rotazione.
L’autonomia ha il suo proprio sistema educativo, di salute e
di giustizia, così come le cooperative di produzione di
caffè, allevamento, artigianato, ecc.
“Apprendiamo facendo le cose, noi non sapevamo nulla
sull’autonomia e neppure conoscevamo in anticipo quello che andavamo
costruendo. Ma è nel corso della lotta che abbiamo
imparato e migliorato le cose” mi spiega il mio votan
zapatista Armando quando ho visitato il territorio zapatista
alla fine del 2013.
La libertà poteva essere praticata qui e ora e
la rivoluzione era un processo che costantemente metteva in discussione lo
status quo e la costruzione di una alternativa.
In effetti i cantoni di Rojava assomigliano all’autonomia in
Chiapas. Vennero proclamati dalla egemone PYD nel 2013 e
funzionano attraverso delle assemblee popolari e consigli
democratici.
Le donne partecipano in modo paritario alla presa delle decisioni
e sono rappresentate in tutte le cariche elettive che sempre si dividono tra
uomini e donne. Tutti i gruppi etnici sono rappresentati nel governo
e nelle sue istituzioni. La salute e
l’educazione sono anch’esse garantite da un sistema di
federalismo democratico e recentemente si sono aperte le porte della prima
Università di Rojava, l’Accademia di Mesopotamia, che ha messo in
discussione la struttura gerarchica dell’educazione prevedendo una
concezione differente di apprendimento.
Come è stato per il caso degli zapatisti,
La rivoluzione delle donne
Il genere è sempre stato centrale nella
rivoluzione zapatista. La situazione delle donne di fronte al
diffondersi dell’
Per questo Marcos dichiarò che la prima insurrezione non fu
nel 1994 ma nel 1993 con l’adozione della Legge Rivoluzionaria delle
Donne, costruendo la struttura per l’uguaglianza e la giustizia di genere
e garantendo i diritti delle donne all’autonomia personale,
all’emancipazione e alla dignità nel territorio
ribelle. Oggi le donne partecipano a tutti i livelli di governo e
hanno le loro proprie cooperative e strutture economiche per
garantire la loro indipendenza economica.
Le donne costituivano, e ancora costituiscono un numerosa
parte dei ranghi delle forze della guerriglia Zapatista e occupano
posizioni di alto comando.
La vittoria di San Cristobal de Las Casas, la più grande
città occupata dalle truppe zapatiste durante l’insurrezione del
1994 erano anch’esse comandate da donne con alla
testa
Non è difficile confrontare il massiccio coinvolgimento
delle donne indigene negli incarichi zapatisti in Chiapas con la
partecipazione delle donne nella difesa di Kobane e nelle YPJ (le
Unità di Difesa delle Donne), descritte in modo sensazionale [7]
dai media occidentali durante gli ultimi mesi.
Tuttavia, il loro coraggio e determinazione nella guerra contro lo
Stato Islamico è il prodotto di una lunga tradizione di partecipazione
delle donne nella lotta armata per la liberazione sociale nel Kurdistan.
Le donne hanno giocato un ruolo centrale nel
PKK e questo è indubbiamente connesso con l’importanza
del genere nella lotta kurda. La rivoluzione nel Rojava mette molta
enfasi nella liberazione delle donne come indispensabile per una vera
liberazione della società. Il piano teorico che smantella il
patriarcato nel cuore della lotta viene chiamato “gineologia” un
concetto sviluppato da Abdullah Öcalan. L’applicazione di
questo concetto ha avuto come risultato un aumento di potere da parte delle
donne mai visto in altri luoghi, non solo nel Medio Oriente ma anche nel
contesto del femminismo liberale occidentale.
Le assemblee, strutture cooperative e le milizie di donne sono il
cuore della rivoluzione, che si considera incompleta se non distrugge la
struttura patriarcale della società, che è uno dei fondamenti
del capitalismo. Janet Biehl, una scrittrice artista indipendente,
scrisse dopo una sua recente visita nel Rojava che le donne nella rivoluzione
kurda hanno il ruolo ideologico che ebbe il proletariato nel secolo passato.
L’ecologia della libertà
“L’Ecologia della Libertà” è
probabilmente l’opera più importante di Bookchin, e il suo
concetto di ecologia sociale è stato adottato dai rivoluzionari di
Rojava. La sua idea che “la stessa nozione di dominio sulla
natura da parte dell’essere umano è causata dal dominio di un
essere umano da parte di un altro essere umano” mette in relazione il
patriarcato, la distruzione della natura e il capitalismo: egli afferma che
l’abolizione del dominio sulla natura è l’unica strada verso
una società giusta.
Un approccio olistico come questo è stato
adottato e applicato dagli zapatisti. La
sostenibilità è stato un importante punto di forza specialmente
dopo la creazione dei caracoles nel 2003. I governi autonomi
hanno provato a recuperare le conoscenze ancestrali, relazionate all’uso
sostenibile del territorio e combinandolo con altre pratiche agro
ecologiche, questa logica non è solo un miglioramento delle
condizioni di vita nelle comunità ed evitare l’uso di agrochimici,
ma è il rifiuto dell’intera nozione di agricoltura industriale in
grande scala che pretende essere superiore al “primitivo” modo di
lavorare la terra e come tale è una potente sfiducia verso la logica del
neoliberalismo.
La strada dell’autonomia – il nuovo paradigma
rivoluzionario
Le somiglianze tra il sistema di confederalismo democratico che si
sta sviluppando a ovest del Kurdistan e l’autonomia in Chiapas va
più in là dei pochi punti che ho sottolineato in questo
articolo. Dagli slogan come “Ya Basta!”, adattato
in kurdo con «êdî bese», fino alla
democrazia di base, le strutture economiche comunitarie e la
partecipazione delle donne, il cammino simile che il movimento kurdo e gli
zapatisti hanno preso manifesta una rottura decisiva con la nozione di
avanguardia del marxismo-leninismo e una nuova concezione di rivoluzione, che
viene dal basso e cerca la creazione di una società libera e non
gerarchica.
Per quanto i due movimenti abbiano ricevuto dure critiche [8]
da elementi settari della sinistra il fatto che gli unici
esperimenti di cambiamento sociale importante, radicale e con successo siano
stati originati da gruppi non occidentali, emarginati e colonizzati è
uno schiaffo in faccia ai “rivoluzionari”
dogmatici, bianchi e privilegiati del nord globale che nonostante
riescano appena a porsi delle domande sulla oppressione nel proprio paese
tendono a credere che possano giudicare quando una rivoluzione è reale
oppure no.
La rivoluzione nel Rojava e in Chiapas sono un potente esempio per
il mondo, che mette in evidenza l’enorme capacità delle
organizzazioni di base e l’importanza dei legami comunitari per opporsi
alla atomizzazione capitalista. Alla fine, ma non ultimo per
importanza, Chiapas e Rojava possono far sì che molti nella sinistra,
incluso alcuni anarchici, si liberino della loro mentalità coloniale e
dal dogmatismo ideologico.
Un mondo senza gerarchie, dominazioni, capitalismo, senza
distruzione ambientale o, come dicono gli zapatisti, un mondo dove entrano
molti mondi, che spesso è stato descritto
come «utopista» e «non realista»
dai media e dalle strutture educative e politiche che vanno per la maggiore.
Tuttavia, questo mondo non ha niente a che vedere con il futuro
ideale che ci viene dai libri – ma sta realizzandosi qui e ora
e l’esempio degli zapatisti e dei kurdi sono una potente arma per tornare
ad accendere la nostra capacità di immaginare un cambiamento radicale
nella società, così come un modello per imparare per le nostre
lotte.
Le stelle rosse che brillano sopra il Chiapas e Rojava
illuminano il cammino verso la liberazione e se volessimo riassumere in una
parola quello che ci portano queste due lotte, questa sarebbe
chiaramente, Autonomia.
Note:
[1] Dicle, Amed
(2015) Kobane Victory, How it Unfolded
[2] Dirik, Dilar
(2015) Whi Kobane Did Not Fall
[3] International
Brigades Form in Rojava (2014)
[4] Marcos
(2003) I Shit on All Revolutionary Vanguards on This Planet
[5] Oikonomakis,
Leonidas (2013) Zapatistas Celebrate 10 Years of Autonomy With Escuelita
[6] Joint
Statement of the Academic Delagation to Rojavahttps://zcomm.org/
[7] Dirik, Dilar
(2014) Western Fascination With “Badass”
Kurdish Women
[8] Anarchist
Federation Statement on Rojava (2014)
Cooperazione
Rebelde
www.yabastanapoli.blogspot.com
© 2013 UiKi ONLUS Team