March 09, 2015
Le donne curde hanno delle
caratteristiche particolari, sono originarie di un popolo diviso in
quattro paesi e obbligate a vivere sotto dei differenti regimi oppressori. Doppiamente
discriminate, si sono dovute confrontare con degli approcci discriminatori in
tutti gli ambiti della società.
Si sono ritrovate a confrontarsi con
politiche che negano non solo la loro identità ma anche il loro genere. Anche loro, come la
gran parte delle donne di questo mondo, sono state formate sulla base dei
principi ricevuti e sottomesse a dei ruoli concepiti dal sistema patriarcale.
Un sistema che si è riprodotto in tutte le strutture
monopoliste della società. Le curde, vivendo in comunità,
provengono da differenti credenze e religioni e, rispetto a questo, hanno
alcune divergenze riguardanti la posizione della donna nelle differenti
strutture sociali.
Una questione fondamentale che ha decretato il risveglio delle donne curde è stata una presa di coscienza riguardo al
colonialismo e alle politiche di assimilazione. Si sono avvicinate e, in
seguito, impegnate attivamente nella lotta per il riconoscimento dei loro
diritti culturali e d’identità all’interno di uno spirito
nazionale. Queste donne, portatrici di una cultura curda, sono fino ad oggi le
architette di un ponte storico per la trasmissione della lingua e delle
tradizioni curde. Hanno affrontato, sotto condizioni molto pesanti, approcci
colonizzatori riprodotti non soltanto dalle autorità statali ma anche
dalle comunità dove sono state spesso accusate dagli attori della dominazione
maschile di essere inferiori e incapaci.Una colonizzazione etnica e sessuale allo stesso tempo. Queste
donne, originarie della Mesopotamia, culla della civilizzazione,
lottano oggi per reintrodursi a pieno titolo nei ranghi
dell’umanità.
Il Movimento delle donne curde è nato
in modo organizzato e impegnato nella metà degli anni ’80 in
Europa. Il primo metodo di sensibilizzazione delle donne a tutti i livelli
della società fu, innanzitutto, quello di
valutare la condizione delle donne curde all’interno delle
comunità, le discriminazioni con cui si dovevano confrontare, il loro
livello sociale e politico al fine di poter lavorare a dei progetti per la loro
emancipazione a lungo termine. Le tradizioni arcaiche provenienti dal
feudalismo regnavano e regnano ancora in molti luoghi
del Kurdistan. Questa prima associazione ha giocato all’epoca un ruolo
importante per la presa di coscienza da parte delle
curde sui problemi della violenza di genere in tutte le sue forme.
Una delle figure emblematiche
del femminismo in Kurdistan è stata Sakine Cansiz, cofondatrice del PKK,
una delle due donne del gruppo fondatore di liberazione del Kurdistan. La sua
resistenza leggendaria durante la detenzione nella prigione di Diyarbakir
contro i torturatori è stata una tappa
fondamentale della mobilitazione e della partecipazione attiva delle donne in
seno alla lotta per la liberazione del Kurdistan. Sakine Cansiz è stata
la prima donna curda ad avere presentato un’arringa politica ai tribunali
della Turchia. La sua inflessibilità, determinazione, dignità e
convinzione politica sono state una roadmap per molti detenuti politici
imprigionati in seguito al colpo di stato del 12 settembre 1980.
L’ obiettivo principale di questo
movimento all’interno della società curda era quello di avviare
una riflessione e un’interrogazione sul potere patriarcale che attraversa tutte le classi sociali. Le donne avevano per la
prima volta l’opportunità di decifrare i codici della dominazione
maschile in tutte le loro sfaccettature. In seguito avrebbero potuto analizzare
e implementare delle strategie pratiche mirate a ridurre questo potere tramite
le organizzazioni associative, politiche e di autodifesa.
Durante gli anni ’90 le donne sono
state la forza motrice delle sommosse nelle metropoli curde contro le
operazioni militari dello stato turco sulla popolazione civile. Beriban Cizre
diventò il simbolo di questa inter-rivoluzione
nel
Gli anni ‘90 sono stati un periodo di arricchimento ideologico e organizzativo per le donne
delle quattro parti del Kurdistan. In ciascuna di queste parti le donne si sono
mobilitate attraverso la costituzione di comitati locali, rappresentazioni
politiche dei movimenti di base nell’ambito delle municipalità , nonché attraverso partiti politici per i diritti
delle donne. E’ in questo periodo che la partecipazione attiva delle donne
alla lotta armata diventa sempre più ampia e rappresentativa. Donne e
uomini che combattevano per una causa comune, il riconoscimento della questione
curda, avevano ormai un’altra ragione rivoluzionaria: la liberazione
delle donne.
Questi uomini e queste
donne provenivano da diverse strutture sociali, ancora permeate dalla
mentalità patriarcale e dal dominio maschile. Lo scontro tra questa
mentalità e le nuove idee sul ruolo delle donne nella società,
basate su valori egualitari uomo/donna e sul consenso collettivo in seno al
movimento, generavano spesso dei conflitti interni rispetto al potere.
Gulnaz Karatas Beritan è stata un esempio di
determinazione di fronte alle discriminazioni e interpretazioni sessiste verso
le donne: ha rotto per prima dei tabù permettendo a delle militanti
curde di liberarsi dalla sottomessione agli ordini maschili. E’ stata una
delle prime comandanti della unità non miste in
seno al movimento armato. Ha condotto una resistenza accanita contro il nemico
e ha utilizzato fino all’ultima munizione, ha rotto il suo kalashikov per
non farlo cadere nelle mani dell’avversario e, infine, si è
gettata da una falesia per non farsi arrestare.
Un’altra tappa decisiva è stata
lo sviluppo della teoria della “rottura di genere”, quindi la separazione
fisica delle donne dalle unità miste. E’ stato un periodo di messa
in questione della posizione delle donne in base alla nuova ideologia
sviluppata anche attraverso le analisi di Abdullah
Ocalan – leader storico del movimento di librazione del Kurdistan –
sul ruolo della donna nella società . Questa ideologia femminista si
è arricchita anche con l’eredità dei movimenti femministi
universali e attraverso le analisi e le riflessioni delle figure storiche del
femminismo come Olympes de Gouges, Rosa Luxembourg, Clara Zetkin, le sorelle
Mirabal e altre ancora che sono state modelli di
formazione. Immediatamente sono cominciate le attività di educazione popolare femminista in tutte le strutture
organizzative dove erano rappresentate le donne curde, a livello sociale,
culturale e politico.
Nel 1995 fu fondato il primo Movimento delle
Donne Curde in seno al Movimento Nazionale del Kurdistan :
Per la prima volta portarono la voce della
resistenza delle donne curde nell’ambito del femminismo mondiale,
testimoniando le proprie esperienze di lotta e i genocidi che avevano dovuto e
ancora oggi devono affrontare. Questo momento forte si
tradusse in attività solidali con le organizzazioni femministe come
Nel 1999 il movimento delle donne ha deciso
di trasformarsi in partito ideologico – il PJKK (Partito
delle donne lavoratrici del Kurdistan) – che in seguito ha cambiato
denominazione in PAJK (Partito di liberazione delle donne curde). Il partito
è andato oltre l’analisi delle classi sociali, non si è
limitato più soltanto alla classe operaia ma ha
assunto la questione di un nuovo contratto sociale. Contratto
sociale basato sulla critica dello stato nazione e del monopolio del sistema
patriarcale. Mirava alla costruzione di una società libera che
avrebbe instaurato un sistema confederale democratico per tutti i componenti della società, basato sulla liberazione
delle donne. Un sistema in cui le donne avrebbero avuto la stessa posizione nei
meccanismi decisionali della società, a tutti i livelli.
E’ sicuramente importante soffermarsi
sulla tappa della trasformazione della mentalità sia femminile che maschile. E’ stata ed è tuttora una
continua lotta di queste idee progressiste contro la mentalità
regressiva. La questione della messa in discussione del potere e delle sue relazioni
di dominio è stata decisiva. C’è
stato bisogno che le donne si autorganizzassero liberandosi dalla
mentalità dominatrice che a volte anche loro stesse riproducono nei
ruoli e nelle responsabilità che assumono all’interno del
movimento. C’è stato bisogno che le donne non percorressero
uno schema simile a quello del movimento o della rappresentazione generale, ma
che diventassero portatrici di un nuovo contratto sociale – dal locale al
globale – in uno spirito di consenso collettivo, valore essenziale del
femminismo e della laicità. E’ stata nondimeno una
lotta determinata contro tutti gli atteggiamenti patriarcali che
consideravano le donne come forza di sostegno logistico e non dal punto di
vista della volontà politica.
Man mano che i processi di trasformazione
della mentalità avanzavano, le organizzazioni delle donne curde hanno
preso il loro spazio all’interno dei movimenti politici e sociali. Le
donne curde sono state promotrici di grandi campagne di sensibilizzazione su tematiche sociali come il delitto d’onore, la
discriminazione di genere, ogni forma di violenza contro le donne, la
lapidazione, la pena di morte e il femminicidio. Queste campagne hanno giocato
un ruolo fondamentale nelle attività di educazione
popolare della società curda.
Su tutti questi aspetti vediamo oggi delinearsi la messa in opera del progetto di contratto
sociale in tutte le parti del Kurdistan. Nel Kurdistan del Nord, le donne sono
oggi rappresentate in tutti gli ambiti politici e associativi al pari degli
uomini attraverso il sistema di co-presidenza. Rispetto alla percentuale
generale della presenza delle donne nella grande assemblea
nazionale della Turchia, il numero delle deputate del HDP è il
più elevato. Questo sistema di co-presidenza esiste anche in tutte le
municipalità acquisite dal HDP durante le
ultime legislative. In tutti i comuni vige il sistema
della co-presidenza, che si collega alla espressione diretta della
volontà delle donne in tutti gli ambiti politici. Allo stesso tempo esse
sono anche membri del Movimento democratico della liberazione delle donne, che è un movimento che riunisce tutte le etnie, le
identità di genere, le femministe, gli artisti, gli ecologisti, gli
anarchici, le Ong umanitarie e tutte le espressioni politiche che si
riconoscono nei valori della liberazione delle donne. Le donne mobilitano
quartieri, villaggi e municipalità attraverso riunioni locali per
determinare gli assi di lavoro in base alla situazione delle donne di quello specifico territorio e per una visione politica
basata sul consenso collettivo.
Il Rojava un modello democratico per il Medio
Oriente: una rivoluzione femminile
Oggi, quartiere per quartiere, le donne creano
associazioni educative e sociali per garantire lo sviluppo e la sicurezza dei
bambini in questo paese alle prese con una guerra che dura da tre anni. Queste
donne, in quanto curde, sono vittime sia delle forze del regime di Bashar al-Assad sia dei jihadisti. Le donne curde del
Rojava si sono mobilitate con le donne arabe, turcomanne, assire e alevite per
lavorare a soluzioni politiche e sociali collettive per la propria
emancipazione. Queste donne sono la forza motrice
della rivoluzione e le architette di un sistema democratico ripulito da ogni
influenza patriarcale.
Le donne curde del Rojava sono pienamente impegnate
e sono uno dei pilastri del sistema chiamato
“autonomia democratica del Kurdistan siriano”. Hanno avuto accesso
a tutti i livelli di autogoverno, composto da tre
cantoni. Questa è una rivoluzione nella rivoluzione.
Questa inter-rivoluzione è frutto
della tradizione femminista delle donne curde che è
in corso da quasi 40 anni. Le donne del Rojava conoscono da oltre vent’ anni l’esperienza del Movimento delle
donne curde di cui fanno parte.
Il processo di creazione di questo sistema
democratico autonomo, anche per le specificità sociali e politiche delle
comunità che ne fanno parte, è passato attraverso riflessioni
anche conflittuali sul ruolo delle donne nei meccanismi di autogestione.
Si è trattato ancora una volta di un grande
lavoro di educazione popolare basato sulla ideologia della liberazione delle
donne. Le donne si sono organizzate in associazioni e assemblee popolari
femministe che comprendono nelle loro strutture la partecipazione di donne di altre etnie della regione.
Oggi le donne del Rojava sono mobilitate in
gran numero nelle unità di difesa del popolo, YPG, ma anche nelle
unità di difesa delle donne, YPJ.
Sono giovani, dinamiche e soprattutto si
ribellano contro gli attacchi disumani che mirano alla distruzione del loro
popolo. Sono organizzate in battaglioni o in unità speciali
completamente indipendenti dai combattenti uomini.
Da settimane queste donne
sono soggetto di attualità, fotografate da molti organi di
stampa, la loro lotta è stata talvolta marginalizzata in qualche
trafiletto.
Non si tratta solo di figure belle e
carismatiche, ma di scudi umani che si sacrificano per la libertà del
loro popolo e per proteggere donne e bambini.
Arin Mirkan ha sacrificato la sua vita per
non permettere il passaggio ai terroristi di ISIS. Si
è fatta esplodere sterminando decine di soldati dell’ISIS. Questo
sacrificio è una dimostrazione di coraggio, di profonda devozione per la
lotta di liberazione delle donne e per l’umanità. Arin Mirkan oggi
è diventata un simbolo.
Le stesse combattenti YPJ hanno aperto un
corridoio umanitario nei monti del Sinjar, per salvare le persone e soprattutto
le donne yezide dalle mani dei daesh (ISIS), impedendo che venissero
rapite, violentate, uccise e vendute nei mercati come schiave sessuali.
Le combattenti curde di YPJ continuano a lottare senza tregua contro i nemici
di tutta l’umanità.
Alcune cifre
7000 donne curde yezide, cristiane, sciite e musulmane sono state imprigionate
dal daesh nel carcere di Telafer nei pressi di Mosul.
Tra 50 e 150 dollari è
il prezzo a cui sono vendute al mercato degli schiavi le donne rapite, il cui
numero è stimato in più di 3.000.
5000 donne sono state sottoposte a mutilazioni genitali nelle città irachene sotto il
controllo di daesh.
Centinaia di donne si gettano dalle scogliere
per evitare di cadere nelle mani di daesh.
Le donne del fronte della resistenza sostengono oggi un sistema democratico. Dove ognuno trova il proprio posto.
La comandante delle YPJ
Narin Afrin: “Il mio primo dovere come comandante è di mostrare
che le donne possono autodeterminarsi”.
Tutte quelle che hanno completato la loro formazione con
successo sono la prova che “le donne smentiscono
l’idea che esse non possano combattere”.
Noi non siamo favorevoli alle armi e alla
guerra e non vorremmo che la gente morisse, ma non
abbiamo scelta.
Combattiamo contro questa mentalità
oscurantista per esistere. Tutti questi uomini e donne che hanno messo da parte
la loro vita per impegnarsi coraggiosamente nella lotta
sono a mio parere gli eroi e le eroine più preziosi di questo mondo.
Qui la lotta non passa attraverso il
militarismo, ma è autodifesa.
di Nursel Kilic, Rappresentante del Movimento delle
donne Kurde
©
2013 UiKi ONLUS Team