March 18, 2015
Dopo il rally in Mongolia e il viaggio in
Bolivia con il progetto Kamlalaf da cui ha tratto
spunto per realizzare il documentario “Diario in Bolivia”, per il
ventottenne videomaker Federico Maccagni è tempo di una nuova avventura.
Con Uiki onlus (Ufficio di Informazione del Kurdistan
in Italia), partirà infatti oggi alla volta del Kurdistan, cinque anni
dopo la sua prima esperienza nelle aree abitate dal popolo curdo, oggi
prevalentemente suddivise tra Iraq, Siria e Turchia.
http://www.piacenza24.eu/rsplayer.php?n=64778&v=119359.mp3
“Non si tratta di un
viaggio organizzato per motivi umanitari – spiega Maccagni. Il
nostro obiettivo sarà quello di metterci in contatto con le istituzioni
curde e riportare a casa uno sguardo non mediato della realtà del popolo
curdo”. Una realtà composta da circa 36
milioni di persone che da decenni chiedono invano il riconoscimento della
propria indipendenza o quantomeno della propria autonomia amministrativa. Rivendicazione
che è costata l’ergastolo per il leader curdo del Pkk (Partito dei
Lavoratori Kurrdistan) Abdullah Ocalan, rinchiuso dal 1999
nell’isola-prigione turca di Imrali e condannato
con l’accusa di attività separatista armata.
Difficile anche solo stimare il numero dei
prigionieri curdi presenti nelle carceri turche. C’è chi parla di
centinaia e chi di diverse migliaia di detenuti in condizioni drammatiche, in
un paese che punisce per attività separatista la semplice esposizione di
una bandiera curda con la reclusione, nella cornice di un sistema detentivo
caratterizzato anche dalla presenza di diversi minori, colpevoli di aver
manifestato pubblicamente il proprio dissenso verso il governo turco.
Eppure in questo contesto tragico, c’è
anche lo spazio per gioire: nella città curda di Kobane in Siria, dopo
quattro mesi di assedio da parte dei militanti dell’Isis, è
tornata a sventolare la bandiera curda. “Durante la nostra permanenza in
territorio curdo – continua Maccagni – pernotteremo
prevalentemente nella città di Diyarbakir, ma raggiungeremo anche alcuni
campi profughi vicino al confine siriano e alla città di Kobane. L’insegnamento
più grande che mi porto dentro dopo il mio
primo viaggio in Kurdistan è certamente la grande forza con cui questo
popolo difende la propria identità. Qualcosa di
toccante e a cui noi italiani non siamo abituati. Ma oggi è
importante ritornare perchè la situazione è mutata e
l’esperienza dei curdi del Rojava (una regione situata nella Siria
nordorientale) sta portando avanti un’idea di Islam
basata sulla parità di genere, qualcosa di molto diverso
dall’immagine stereotipata dipinta spesso da noi europei”.
Piacenza 24
© 2013 UiKi ONLUS Team