April 08, 2015
Una piccola delegazione di Giovani
Comunisti/e si è recata in Kurdistan nei giorni del capodanno curdo,
nell’ambito di una missione di osservatori
internazionali.
Siamo partiti con degli obiettivi ben
precisi, ispirati dall’ordine del giorno approvato dall’assemblea
nazionale di Bologna dell’Altra Europa con Tsipras,che
proponeva una campagna tanto politica quanto di solidarietà intorno alla
questione curda e all’emergenza legata alle violenze dell’Isis
perpetrate contro il popolo curdo il quale,assieme alle altre minoranze,sta
difendendo strenuamente la libertà. È giunto il momento di fare
un bilancio del nostro viaggio rispetto agli obiettivi che ci
eravamo posti e alle prospettive che quest’esperienza ha aperto.
La campagna politica
È emersa innanzi tutto
l’urgenza della campagna politica: le organizzazioni curde sono da
anni oggetto di una repressione durissima da parte del governo turco, evidente
nel susseguirsi di divieti che hanno colpito i partiti,nel boicottaggio
sistematico da parte del governo centrale delle municipalità curde, nella
violenza di stato che insanguina le piazze,nel numero altissimo di
desaparecidos,nella carcerazione per motivi politici di tanti compagni e
compagne,il più rappresentativo dei quali,Abdullah Öcalan, è
un interlocutore fondamentale per il processo di pace. Reprimere le
organizzazioni curde e i loro leader significa proprio
minare quel processo,nel segno dell’assimilazione culturale e della
violenza, nonostante i continui appelli, l’ultimo dei quali al Newroz di
Amed (Diyarbakir) lo scorso 21 marzo,che è stato accolto dal governo
turco con una stretta repressiva nei confronti del PKK.
L’interlocuzione politica e i rapporti
stretti con i partiti curdi è stata molto
utile:ci ha offerto uno sguardo su tutto il Kurdistan, cosa che ha ovviato alla
mancata concessione del permesso per passare il confine con
All’imposizione della cultura di una
minoranza etnica contrappone il multiculturalismo,alla
centralizzazione del potere statale contrappone l’autogoverno, alla
militarizzazione della legge marziale contrappone l’autodifesa, allo
sfruttamento indiscriminato alla strumentalizzazione geopolitica delle risorse
naturali (emblematica è la questione del progetto GAP) contrappone un
loro uso adeguato ai bisogni del territorio ed ecologicamente sostenibile,al
sistema fortemente patriarcale contrappone un sistema che non si limita a tener
conto dei diritti delle donne, ma che mette al centro le donne e la loro
elaborazione politica nella costruzione di una società giusta, allo
sfruttamento capitalistico e all’economia proprietaria tanto quanto
statalista contrappone un modello cooperativo e comunitario di gestione dei
mezzi di produzione.È evidente come il confederalismo democratico
discenda direttamente dalla storia e dalle lotte del popolo curdo, come sia una
risposta di libertà ed autodeterminazione alla specificità
dell’oppressione subita,ma è altrettanto evidente il suo valore
universale.
La campagna di solidarietà
I rapporti stretti con le organizzazioni
politiche e con le municipalità curde, ma anche con
La coraggiosa resistenza di Kobanê ha
attratto l’attenzione del mondo su un determinato capitolo
dell’ormai lunga guerra civile in Siria, sul Rojava e sulla questione
curda in generale.Al momento, però, è difficile intervenire per
Kobanê:se, da un lato, la città è
stata liberata e quindi i campi profughi in territorio turco (come quelli
gestiti dalla municipalità di Suruç, che abbiamo incontrato) sono
in via di dismissione, perché i profughi stanno tornando nella loro
città, dall’altro lato è difficile dare un contributo per
la ricostruzione a causa della sostanziale chiusura del confine
turco.Finché non verrà aperto un
corridoio umanitario, il rischio sarà quello di vedere vanificati gli
sforzi di solidarietà. Per questo la cosa migliore che si possa fare per Kobanê è tenersi pronti a
intervenire e contemporaneamente mobilitarsi al fine di fare pressione sulle
istituzioni turche e sovranazionali per permettere il passaggio di derrate
alimentari, materiali e persone per ricostruire la città.
Il passaggio di aiuti
umanitari è non solo più facile dal confine iracheno, ma è
anche più impellente.
Nel cantone di Cizîrê, infatti,
la situazione è molto difficile: è più vicino al fronte
dell’Isis,quindi la ricostruzione è ben
lontana e i profughi ancora non possono progettare il loro ritorno. In quel
cantone si sono rifugiati gli abitanti dell’altra città,Şengal,di cui si è occupata l’opinione
pubblica occidentale,ma di cui forse non si sono occupati abbastanza i compagni
e le compagne.
Şengal è stata teatro di un vero
genocidio da parte dell’Isis: migliaia di uomini
yezidi, considerati “adoratori del demonio”,sono stati sterminati e
le vedove sono state usate come schiave sessuali dai terroristi. Chi è
riuscito a salvarsi, ha intrapreso una fuga di giorni attraverso le montagne. Alcuni
sono stati accolti nei campi governativi iracheni, altri nei campi
dell’autogoverno del Rojava, altri ancora nei campi delle
municipalità curde in Turchia, con situazioni molto diverse tra loro.
Nei campi iracheni, infatti, è tanto
disperata la condizione di vita quanto è probabilmente impossibile
intervenire per la natura governativa dei campi, ed è urgente accendere
i riflettori su tale barbarie: non solo le condizioni sono di
indigenza assoluta, ma c’è una forte militarizzazione ed
addirittura la medicalizzazione forzata (TSO, psicofarmaci per endovena)come
surrogato del mancato supporto psicologico per le donne che hanno subito le
violenze dell’Isis e soffrono di disturbo post traumatico da stress.
Nettamente migliore, pur nelle
difficoltà, è la situazione dei campi dell’autogoverno
curdo nel cantone di Cizîrê,dove addirittura
le donne affermano di voler restare anche quando l’Isis verrà
sconfitto e Şengal verrà ricostruita, perché si sentono
ormai parte del progetto del confederalismo democratico, che ispira la stessa
gestione dei campi e che sta permettendo loro di essere artefici del loro
futuro. Il problema lì è di natura strettamente materiale: il
cantone è vittima dell’embargo posto sul Rojava, stretto tra il
confine turco a nord, quello iracheno a est e i
territori controllati dall’Isis a sud. Nei campi manca tutto ed è
possibile per noi portare il nostro aiuto.
Sono ben attrezzati, invece, i campi
destinati ai profughi di Şengal aperti dalle municipalità curde in
Turchia. Abbiamo potuto visitare la tendopoli di Viranşehir, che è
dotata di acqua calda grazie ai pannelli solari, di
due scuole, di una grande cucina comune ed è addirittura pavimentata,
cosa rara in luoghi del genere. Un intervento da parte nostra lì sarebbe
particolarmente agevole,dato che abbiamo già
stretto rapporti con la sindaca Filiz Yilmaz, sia dal punto di vista politico
che da quello istituzionale,grazie alla presenza di Massimiliano Voza, sindaco
del comune di Santomenna in provincia di Salerno.La sindaca ci ha chiesto tanto
di mandare aiuti quanto, se possibile,di mandare
volontari.Verificheremo la praticabilità di tale ipotesi al nostro
interno e con la municipalità curda, al fine di capire quali figure possano essere utili.
I frutti del nostro viaggio
Intendiamo socializzare con la nostra
comunità politica la nostra esperienza
affinché si mobiliti. Immaginiamo uno sforzo collettivo dei/delle Giovani Comunisti/e,del Partito della Rifondazione
Comunista, de L’Altra Europa con Tsipras,delle nostre strutture che sul
territorio si occupano di pratiche sociali,al fianco del popolo curdo e delle
vittime dell’Isis, mostro creato dalle mire politiche
dell’Occidente in Medio Oriente che sta portando distruzione, paura e
morte in quelle terre.
Per questo ci mettiamo a disposizione per
iniziative e dibattiti organizzati dai circoli, dalle federazioni o nell’ambito
delle Feste di Liberazione di quest’estate,al
fine di raccogliere fondi. Auspichiamo che le raccolte fondi
comincino già dal 25 aprile, giorno di mobilitazione nazionale indicato
dalla Mezzaluna Rossa Kurdistan-Italia.
La nostra testimonianza è corredata
dal reportage fotografico che abbiamo realizzato e che
offriamo a chiunque voglia organizzare gli eventi.Le nostre foto mostrano la
fierezza del popolo curdo nonostante le difficoltà, la vita che rinasce
e va avanti nei campi profughi, la gioia del Newroz.
Abbiamo in mente una campagna in stretta
collaborazione con l’Ufficio di Informazione del
Kurdistan in Italia, con
Vorremmo provare ad unire le lotte: il gruppo
di lavoro del Partito che si sta occupando della costruzione della campagna ha,per esempio,preso contatto con
È, infatti, molto difficile dare
contributi diversi da quello economico, oltre che controproducente: le raccolte
di cibo, abiti,materiali,farmaci vengono bloccate
dalla dogana turca e dirottate verso i campi governativi, in più tali
beni possono essere acquistati sul territorio in quantità maggiore,dati
i prezzi bassi. Per questo indichiamo, come la stessa Mezzaluna Rossa
Kurdistan-Italia, di concentrare gli sforzi sulla raccolta di soldi più
che di beni.
Invitiamo tutti e tutte a mobilitarsi per
questa causa giusta e urgente, ricordando che è possibile contattarci
all’indirizzo email gcperilrojava@gmail.com ,
tanto per partecipare alla costruzione della campagna nazionale quanto per
coordinarci rispetto alle iniziative locali.
Al lavoro e alla lotta!
© 2013 UiKi ONLUS Team