29 -05- 2015
Nella
regione kurda di Rojava la rivoluzione sociale prosegue: nasce la commissione
delle donne, impegnata a rivedere le leggi di genere e soffocare le pratiche di
oppressione della donna.
di Silvia Todeschini – Libera Palestina
Rojava, 29 maggio 2015, Nena News – “Desteya
jin”, letteralmente, significa la mano delle donne. Dicono che è come una mano perché
ci sono tante dita ma che lavorano per una sola mano. Desteya, talvolta, viene
tradotto con la parola “ministero”. Effettivamente, è quanto più si avvicina ad
un ministero, perché da qui vengono fatte le proposte di legge, e perché esiste
il desteya dell’economia, quello dell’ambiente, quello degli esteri ecc… Ma,
non essendo di fronte ad un sistema statale, di fatto viene difficile
identificarli con un vero ministero. In altri casi viene tradotto con
“commissione”, e probabilmente è a parola che più si addice.
Dicevo, nell’ufficio della
commissione delle donne, la responsabile si chiama Hîva Erabo: “Qui lavoriamo
su 4 livelli: legislativo, economico, sociale e culturale. Abbiamo ottenuto che
venisse approvato, per esempio, un testo di legge per le donne”. Il
primo punto dei principi base di questo testo dice: “E’ compito di ogni
individuo nelle aree dell’autodeterminazione democratica combattere contro la
mentalità reazionaria ed autoritaria della società”.
Prosegue dichiarando illegali i matrimoni delle
bambine, gli omicidi d’onore, la poligamia (secondo l’islam un uomo può avere
fino a 4 mogli, questo è reso illegale) istituisce il matrimonio civile,
sancisce l’uguaglianza tra uomo e donna in tutti gli aspetti della vita
sociale, civile ed economica, proibisce che le donne si sposino senza essere
consenzienti e comunque non sotto i 18 anni, e via dicendo.
“Ooltre a questo, abbiamo altri progetti: per
esempio, dal punto di vista economico abbiamo iniziato piccoli progetti che
permettono alle donne di essere indipendenti” continua Hîva, “Uno di questi
riguarda l’orticultura: non solo le donne coltivano la terra ma elaborano i
prodotti che questa da loro. Per esempio, se coltivano pomodori, poi li
lavorano per farne salsa concentrata: in questo modo si dà da fare a molta più
gente”.
Le donne fanno anche piccoli manufatti, come
fiori di stoffa o altri oggetti ricamati, “ma abbiamo difficoltà a venderli,
perché la crisi economica fa si che non possiamo permetterci materie prime di
alta qualità, e perché a causa dell’embargo non riusciamo a venderli
all’esterno.”
Per quanto riguarda i progetti culturali, il
principale riguarda lezioni nelle scuole che rendano i ragazzi e le
ragazze consapevoli
“Abbiamo costruito una casa per le donne
vittime di violenza sessuale minacciate di morte” spiega Hîva. Una delle
pratiche tradizionali più violente consiste infatti nell’omicidio d’onore: le
donne che siano state violentate, dal momento che non sono più vergini per il
matrimonio, vengono poi uccise dalla famiglia. “In questa casa erano presenti
13 donne, e 8 hanno risolto il loro problema”. Domando come sia stato risolto
il problema e spiega: “Queste donne vittime di violenza vengono aiutate dal
punto di vista psicologico, vengono supportate per 6 mesi. In questo tempo
effettuiamo visite alla famiglia, cercando di capire il loro punto di vista e
spiegando perché sia sbagliato colpevolizzare le donne vittime di violenza.
Quando sono pronti ad accogliere la donna vittima di violenza, i componenti
della famiglia mettono per iscritto la promessa di non ucciderla, di trattarla
con rispetto, e di supportarla dal punto di vista psicologico: allora la donna
può tornare a casa”.
Ancora una volta è palese come il metodo di
risolvere questioni anche pesanti qui in Rojava ricorra il meno possibile alla
repressione carceraria, quanto ad una soluzione che possa essere costruttiva
per entrambe le parti. “Vogliamo anche rompere le tradizioni che
impongono alla donna di non fare alcune cose, per esempio, poco tempo fa
abbiamo fatto il festival della bicicletta e prossimamente faremo il festival
delle giovani donne. Inoltre, ci sono asili per bambini, ci prendiamo cura
gratuitamente dei bambini disabili, abbiamo aperto da poco un orfanotrofio
nella zona di Remilan, e stiamo aprendo centri psicologici per le vittime di
trauma. Per questi centri in particolare, se ci sono volontarie con le
conoscenze necessarie che vogliano venire a darci una mano, sono benvenute”.
Spiego a Hîva che prossimamente mi piacerebbe
incontrare la commissione dell’ecologia, e risponde: “Le donne e l’ambiente
sono intrinsecamente connesse, perché il meccanismo mentale che fa sì che un
essere umano faccia