June 11, 2015
Siria/Turchia.
Viaggio nel campo profughi di Soruç. Gli aiuti internazionali restano
fermi ad
Il conflitto
in Siria ha cambiato il volto anche delle città turche. Spesso
nei centri urbani capita di sentire la gente parlare arabo
più che turco o kurdo. I profughi siriani hanno ormai trovato
la loro seconda vita tra
I mille
volti della diaspora siriana
Fuggono
da uno dei conflitti più crudeli della regione, manipolato
a distanza da Stati uniti, Unione europea,
Il tema
dell’immigrazione è stato usato dagli ultra-nazionalisti
dell’Mhp in campagna elettorale per accrescere
il loro consenso. E ci sono riusciti ottenendo il 16% dei seggi
(rispetto al 12% del 2011). Sono diventati il partito a cui gli islamisti
moderati del presidente Recep Tayyip Erdogan (Akp) guardano
prima degli altri per formare il nuovo governo ad un passo dalle elezioni
anticipate.
Il flusso
di profughi siriani al confine sud-orientale di Soruç
è andato aumentando come conseguenza dell’avanzata
dello Stato islamico (Isis) nel cantone di Kobane. La guerriglia
kurda siriana ha attirato i combattenti turchi del Pkk, gli
iraniani del Pjak e in parte i peshmerga iracheni. Ma la popolazione
locale ha preferito figgire dal conflitto verso
Nell’ottobre
Ai profughi
siriani di Kobane non arrivano gli aiuti umanitari di Nazioni
unite e ong di mezzo mondo che restano nelle tasche del governo turco ad Istanbul.
Il più grande campo governativo che contiene 35 mila
posti letto è stato costruito con una tale lentezza, sei mesi dopo
l’arrivo dei profughi, che la maggioranza dei rifugiati
aveva già lasciato Soruç quando le tende sono state consegnate.
Ora nel campo vivono ancora 5 mila siriani. Soprattutto donne e bambini
mentre i giovani cercano lavoro e fortuna in Turchia.
Ci sono
almeno altri cinque piccoli campi, gestiti dalla Municipalità
di Soruç, controllata da Hdp, intorno al centro urbano
che conta 100 mila abitanti. Qui gli aiuti internazionali
non arrivano e sono sindaci, amministratori e operatori
sociali che rispondono ai principi dell’autonomia democratica
teorizzata da Ocalan a portare sostegno diretto ai profughi.
Ma qui la paura della repressione regna sovrana. Il guardiano di uno
dei campi non vuole rivelare il suo nome perché teme di perdere
il suo lavoro in un ufficio governativo. Un mese fa si è
tenuto a Diyarbakir il Forum per la ricostruzione di
Kobane. Erano presenti organizzazioni filo-kurde del Forum
mesopotamico (Kck) con l’aggiunta di alcune ong straniere
ma poco è stato fatto per favorire il ritorno dei siriani a Kobane.
Le 103 municipalità kurde di Hdp hanno mandato nei
campi di Soruç aiuti ogni settimana durante il conflitto
e continuano a farlo.
Molti
adesso raccolgono grano
Abbiamo
visitato il campo di Mesgin grazie all’impegno della municipalità
di Soruç che ci ha permesso di entrare. I campi di grano si interrompono
per dar spazio ad un gruppo di tende grige che raccolgono i
canti e giochi di un’infinità di bambini. Poco lontano
da qui un altro campo ha raccolto per mesi le famiglie inconsolabili
dei martiri dei combattenti kurdi di Kobane. A Mesgin vivono
nelle tende ormai da otto mesi 90 famiglie: almeno 380 persone tra
cui moltissimi bambini piccoli. «Alcuni sono tornati
a Kobane, altri cercano lavoro a Soruç. Molti raccolgono
grano in questa stagione», ci racconta Islam, anziano di
un villaggio nei dintorni di Kobane che vive qui
dall’inizio dei combattimenti. Quando il flusso di profughi
non accennava a diminuire è stata creata qui una scuola con
insegnanti qualificati inviati dalla municipalità.
«Tutti i bambini venivano a studiare a Mesgin perché
nei campi governativi gli insegnamenti erano solo in arabo
e in turco. Non in kurdo come da noi», aggiunge Mustafa l’operatore
della municipalità che ci accompagna.
«Da
settimane non riceviamo le visite di un medico», ci dice
Asya, giovane madre di due bambini. Quando i guerriglieri
Ypg tornavano feriti dai combattimenti trovavano
qui almeno il sostegno di continui turni di fisioterapia.
Ma la gara della solidarietà del Comune di Soruç va
avanti tanto che nei depositi del campo le provviste di ceci e
pasta, raccolte in sacchi neri, sono ancora copiose. I giovani
del campo sono anche riusciti a scavare un pozzo da dove attingere
acqua ma le taniche di acqua potabile della municipalità
sembrano da sole sufficienti per i bisogni primari dei
rifugiati. «Negli ultimi sei mesi non ci sono stati particolari
problemi di elettricità. Il comune ci ha fornito un
generatore», continua Islam.
La vita a
Mesgin trascorre lentamente. Le tende di questo campo sono
molto semplici. All’interno hanno tutte una stufa (anche se è
stato necessario rafforzare le centraline elettriche
perché non ci fossero cali di tensione). Il cemento alla
base le isola dal terreno anche se il caldo di questi giorni rende la
vita non facile ai rifugiati siriani.
I campi
profughi siriani in Turchia testimoniano le gravi conseguenze
del conflitto nel Kurdistan siriano e in tutto il paese. Ma
anche l’irresponsabilità del governo turco nel non aver impedito
l’avanzata dei jihadisti dello Stato islamico. Questo
ha influito non poco sulla sconfitta elettorale di Erdogan,
ha rafforzato le destre, e generato un clima incandescente
a Diyarbakir dove ieri ci sono stati altri scontri a fuoco tra
sostenitori di associazioni kurde di diverso orientamento
politico. I combattenti di Isis continuano ora la loro
battaglia anti-kurda anche in territorio turco. Mentre
i profughi siriani scacciati anche dall’Egitto del golpista
al-Sisi diventano carne da macello del business delle migrazioni
dei contrabanddieri libici fino a trovare morte certa nella
traversata del Mediterraneo verso Lampedusa.
Di
Giuseppe Acconcia-Il Manifesto
© 2013 UiKi ONLUS Team