A cinque mesi dalla liberazione, Kobane è di nuovo sotto attacco. Le truppe del Califfato sono entrate questa mattina intorno alle 5
facendo esplodere diverse auto e uccidendo i civili che incontravano sul loro
cammino. Ammonterebbero a 30 i morti e a oltre 70 i feriti, ma il numero delle vittime continua a salire.
La
città di Kobane nel 2010 aveva circa 50mila abitanti. Dà il nome a uno dei tre cantoni che, insieme a quello di Afrin
e Czire, compongono la
Rojava. Questa lingua di terra a nord della
Siria si è proclamata autonoma nel corso della guerra civile siriana,
anche se ad oggi non viene ufficialmente riconosciuta come tale. I tre cantoni
hanno in ogni modo stipulato ”la Carta di Rojava”, che
ruota attorno a pochi, chiari principi: il confederalismo democratico, la
centralità della donna, l’autodifesa e la redistribuzione della
ricchezza.
Assediata
dalle truppe del Califatto a metà settembre del 2014, Kobane
è stata liberata dai combattenti dello Ypg e Ypj (Unità di difesa
del Popolo maschile e femminile) lo scorso 26 gennaio. A causa dei bombardamenti,
il 100 per cento degli edifici è stato
danneggiato e oltre l’80 per cento risulta completamente distrutto.
“E’ diventata il simbolo della resistenza
all’Isis e alla dittatura. Per non dimenticare – spiega la
copresidente della municipalità Sevin Mammod
– nel cuore della città lasceremo delle macerie che costituiranno
un museo della memoria. Altrove vogliamo ricostruire”.
Ma la
chiusura del
confine turco-siriano e la minaccia costante dell’Isis fanno sì
che la rinascita per ora risulti un miraggio. Un sogno
al quale nessuno comunque sembra voler rinunciare. Come documenta questo
reportage RepTv girato nella prima settimana di giugno
di Fabio Butera e Angela Nittoli
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