L’attacco
vile condotto dall’Isis nella notte di mercoledì 24 giugno
è stato condotto con la collaborazione della Turchia. Non accettiamo
nessuna ricostruzione o altra versione da parte del governo di Ankara. I miliziani e le
autobombe sono state fatte passare dalla frontiera di Mursitpinar sul confine
turco-siriano. Una frontiera aperta solo per l’Isis che l’altra
notte, cosi come durante i mesi del
suo attacco contro la città di Kobane, ha fatto passare da li
rifornimenti e uomini per le sue milizie. La stessa frontiera è sempre
stata chiusa per la popolazione del Rojava, la Turchia ha negato la
possibilità di un corridoio umanitario. Non è stato possibile far
passare da quella frontiera: profughi, aiuti umanitari, farmaci, osservatori
internazionali, medici. Ma l’isis è passato, senza problemi e di
continuo. La stessa cosa era successa il 29 novembre scorso, quando anche in
quella occasione da quella frontiera passarono convogli esplosivi che causarono
morti e distruzione tra i civili di Kobane.
Con ogni
probabilità a condurre l’attacco terroristico dell’altro
notte è stato lo stesso contingente dello stato islamico che la Turchia ha messo in sicurezza
a Tal Abydad la scorsa settimana. La città era stata circondata dalle
forze dello Ypg e Ypj e centinaia di soldati dell’isis erano stati fatti
passare nella frontiera verso la
Turchia. Li hanno trovato chi li ha armati, chi gli ha
trovato le divise ed i mezzi di trasporto e chi gli ha permesso di passare la
frontiera per realizzare un nuovo attacco contro la città di Kobane.
La
maschera del
paese democratico che la
Turchia indossa era caduta da tempo per noi. Basterebbe la
storia del conflitto curdo a raccontarlo, i
massacri, i bombardamenti, le violenze, gli assassini, i soprusi, la
repressione, le detenzioni che il governo turco portano avanti da sempre contro
le rivendicazioni di libertà del
popolo curdo. Basterebbero gli attentanti e gli omicidi commessi
nell’ultima campagna elettorale, che ha visto l’affermazione
politica dell ‘HDP e la sconfitta del
progetto presidenziale del
partito di Erdogan. Come le bombe esplose il 5 giugno a Amed nella piazza che
ospitava il comizio del
partito filo-curdo, al momento senza colpevoli e ben coperta dai servizi
turchi. Basterebbero le foto e i video di questi mesi, realizzate sempre sullo
stesso confine, che dimostrano la collaborazione militare tra l’esercito
turco e l’isis. Basterebbero le dichiarazioni di alcuni ministri del governo di Erdogan
che hanno definito “i curdi peggio dell’isis” in riferimento
ai successi militari condotti dall YPG/YPJ che hanno permesso la riunificazione
dei cantoni di Kobane e Cizre e la liberazione dei popoli del Rojava dalla stato
islamico. Basterebbe pensare che lo stato turco ha iniziato a scavare tunnel e
trincee sul confine con il Rojava partendo dalla parte orientale del confine di Nusaybin.
Per preparare nuovi attacchi come quelli dell’altra notte?
Basterebbe
informarsi su quello che sta succedendo in Rojava, l’idea del confederalismo democratico, la carta del contratto sociale,
la resistenza che stanno portando avanti contro il fascismo dell’isis e
per l’umanità. Basterebbe non ascoltare la versione del governo
turco, e nemmeno quella dei governi del “nostro occidente”,
coalizzati a parole contro l’isis, che però tacciono in modo
complice le responsabilità dei loro alleati turchi. Basterebbe non
ascoltare chi in questi giorni sta raccontato in modo falso che Kobane è
stata riconquista dall’isis.
Basta
ambiguità, complicità e ipocrisie. La città di Kobane sta
resistendo. I popoli del Rojava non permetteranno all’Isis e i suoi
alleati di rientrare nella città simbolo della resistenza contro lo
stato islamico. Noi continuiamo a essere al loro fianco, contro l’isis e
i suoi alleati. Ecco perché dobbiamo dimostrare tutta la nostra rabbia
contro il governo turco e la sua collaborazione e complicità con lo
stato islamico.
“Basta
parole abbiamo bisogno di aiuti concreti” queste sono le parole della
comandante YPJ Nessrin Abdullah rilasciate in una conferenza stampa a Roma. Noi
facciamo nostro il suo appello e invitiamo tutt@ a partecipare al presidio. Non
lasciamo sola Kobane nemmeno questa volta.
BIJI
BERXWEDANA KOBANI!
Sabato 27
ore 17.00 via Palestro 28- Ambasciata di Turchia
Rete Kurdistan Italia