Ne abbiamo parlato con
Dario, attivista che ben conosce la realtà turca. Ascolta la diretta:
La mattina di lunedì
20 luglio a Suruç nel giardino del centro culturale Amara è esplosa una bomba durante
la conferenza stampa dell’organizzazione turca Federazione delle Associazioni dei Giovani Socialisti (SGDF). 32 morti e oltre 100 feriti, di cui alcuni in gravi condizioni, è il
bilancio forse provvisorio della strage. Tra le vittime, oltre a numerosi giovani militanti socialisti, vi sono anche
due compagni anarchici, entrambi di 19 anni. Evrim Deniz
Erol e Alper Sapan, quest’ultimo faceva parte del gruppo Iniziativa Anarchica di Eskişehir
ed era obiettore di coscienza al servizio militare.
Suruç è una cittadina a maggioranza curda in territorio statale turco, a ridosso del
confine con la Siria ed è base per tutte
le azioni di solidarietà rivolte verso Kobanê, che dista
solo pochi chilometri. Per questo circa 300 membri del
SGDF si trovavano presso il centro
culturale per una conferenza stampa in cui stavano denunciando la repressione attuata dal governo turco
allo scopo di impedire che
i giovani militanti passassero il confine per lavorare a progetti di ricostruzione
della città. Quasi contemporaneamente un altro attentato a Kobanê, vicino al valico di frontiera
di Mürşitpınar, verso Suruç, faceva ulteriori
vittime tra le forze curde di
autodifesa. L’attentato al centro culturale Amara viene per ora attribuito allo Stato Islamico,
in ogni caso è chiaro che l’attacco
risponde agli interessi di coloro
che vogliono bloccare in ogni modo qualsiasi possibilità di cambiamento sociale rivoluzionario nella regione, a partire dal governo turco
e dai suoi
sicari.
La ricostruzione di Kobanê e del Rojava
è molto importante, perché oltre al bisogno di ricostruire
infrastrutture, case ed ospedali,
c’è anche l’impellenza di discutere come dovrà essere la città, come ricostruire la società, su quali basi.
Ci sono diverse posizioni e differenti progetti, da una
parte ci sono speculatori che aspettano di
fare l’affare del secolo,
mentre dall’altra ci sono rivoluzionari
che vogliono far sorgere dalle macerie
una società libera dalla proprietà
privata.
In questi mesi si è avviata un’ampia
campagna per la ricostruzione
di Kobanê. Oltre all’appello internazionale lanciato dal KRB, il
tavolo per la ricostruzione
della città, vi sono campagne e progetti specifici portati avanti dalle forze politiche
che hanno sostenuto fino ad oggi la resistenza.
Queste iniziative sono tutte orientate a dare alla ricostruzione un forte senso politico; i lavori infatti
non saranno affidati alle multinazionali o ai grandi speculatori,
ma sarà organizzata e gestita attraverso la partecipazione dei diretti interessati.
Quanto sia importante la ricostruzione ed in particolare l’intervento dei gruppi rivoluzionari
per sostenere il processo di trasformazione
sociale in atto, è reso ancora più
chiaro dalla ferocia con cui i militanti che si
occupano dei progetti di ricostruzione
vengono attaccati dal governo turco,
dai suoi alleati e dai suoi
sicari.
L’attentato esplosivo che ha ucciso i
giovani militanti della SGDF a Suruç
la mattina di lunedì 20 luglio è un colpo diretto ai
gruppi rivoluzionari che sostengono la Rojava. Non
è terrorismo indiscriminato
ma un massacro mirato di militanti,
che ha come scopo l’eliminazione fisica di giovani rivoluzionari
e l’intimidazione nei confronti di tutte
le altre forze che sostengono i progetti di
ricostruzione. Le dichiarazioni
di Erdoğan dopo l’attacco sono di fatto
un’ulteriore minaccia di invasione della Rojava. Il Presidente della Repubblica Turca ha infatti affermato che l’attentato sarebbe la risposta alle recenti disposizioni
di rafforzamento del
controllo militare lungo il confine da parte dell’esercito
turco.
La sera stessa della
strage in molte città della Turchia
si sono tenute
manifestazioni, nella maggior parte dei
casi la polizia ha attaccato i dimostranti
e gli scontri si sono protratti
nella notte.
Ad Istanbul migliaia di persone
hanno marciato
verso Taksim fino a quando la polizia non ha attaccato il corteo
con lacrimogeni e proiettili
di gomma. Ad Amed e Yüksekova
ci sono stati
durissimi scontri. A
Suruç, dove la polizia era già intervenuta con i blindati subito
dopo la strage, l’intervento repressivo contro i manifestanti
nel tardo pomeriggio ha provocato numerosi feriti.