July 23, 2015
Assurdo. Nemmeno il
tempo di piangere i morti. Subito dopo
la strage al centro culturale di Suruc,
la polizia turca ha fatto pressione sulle famiglie affinché seppellissero velocemente i corpi
dei loro ragazzi. Troppe manifestazioni, troppi cortei di solidarietà
e una rinnovata onda rivoluzionaria ad unire il
Rojava, il Kurdistan siriano con la città simbolo di Kobane,
al Partito dei Popoli, che alle
ultime elezioni ha sfidato Erdogan conquistando 80 seggi in Parlamento e strappando la maggioranza assoluta al partito
Gli oltre trenta giovani uccisi nell’attentato kamikaze di lunedì stavano preparando una missione di ricostruzione
a Kobane,
dove avrebbero rimesso in piedi una biblioteca
e ripristinato un parco giochi per bambini. Molti di loro erano
vicini al Partito dei Popoli, altri
erano militanti
Tra questi c’era la ventitrenne Büşra Mete, rimasta uccisa nel massacro. La famiglia è stata costretta dalle pressioni della
polizia a seppellire la figlia durante la notte nel cimitero
di Pendik, un piccolo comune a Sud di
Istanbul, anziché svolgere
la cerimonia funebre il giorno dopo
nel cimitero storico
Anche la famiglia di Koray Çapoğlu ha dovuto seppellire il figlio
all’alba nel villaggio di Yanıktaş,
dopo un breve saluto alla presenza
di alcuni parlamentari dell’HDP, ma riservando i funerali
ai parenti più stretti come richiesto dalla polizia.
“Non c’è bisogno di
lacrime, nostra madre è morta per la libertà” ha detto Yasemin, stretta accanto ai tre fratelli,
durante il
funerale della mamma Nazegül Boyraz.
Tra loro si facevano chiamare “Children of Gezi”, gli eredi
delle proteste
Anche su questo massacro,
quasi subito attribuito all’ISIS ma non ancora ufficialmente rivendicato, si tenta la censura,
limitando la circolazione delle immagini dei giovani martiri,
considerati troppo idealisti e vicini ai movimenti di
opposizione.
Così su alcuni siti web turchi, anche in lingua inglese, è
partita una vasta commemorazione delle vittime, rilanciata sui social media internazionali.
Non può più esistere
censura, a nulla serve gettare terra sui
corpi ancora caldi, oscurare social network, niente ha potuto fermare le migliaia di persone che
hanno partecipato ai cortei per l’ultimo
saluto alle vittime, lanciando garofani rossi dalle finestre, esponendo striscioni e manifesti con le foto sorridenti di chi non c’è più.
Redazione RSO – Silvia Savi
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