12 -09- 2015

INTERVISTE. Ad un anno dall’attacco dell’Isis contro la città siriana di Kobane, una grande carovana internazionale sarà a Suruc per chiedere al governo di Ankara l’apertura di un corridoio umanitario

di Sonia Grieco

Roma, 12 settembre 2015, Nena News – Un anno fa l’Isis lanciò la prima offensiva contro il cantone di Kobane, in Siria. La città a maggioranza curda finì sotto l’assedio dei jihadisti per mesi. E finì anche sotto i riflettori dei media, per la tenacia della resistenza organizzata dalla popolazione curda, guidata dalle forze di autodifesa del popolo curdo (YPG e YPJ), che alla fine hanno avuto la meglio sulle milizie del sedicente Stato islamico.

Dopo 134 giorni di assedio e di combattimenti, con il loro carico di morte e distruzione, Kobane è stata liberata. Ha combattuto pressoché da sola, guadagnandosi l’appellativo di “Stalingrado curda”. I raid della coalizione sono stati preziosi anche se non sufficienti, ma la Turchia, i cui leader considerano i curdi nemici peggiori dei jihadisti, ha spesso ostacolato il passaggio di aiuti e armi a chi resisteva. Kobane e l’intera regione del Rojava sono diventate anche il simbolo di una visione inclusiva e democratica, di un modello amministrativo agli antipodi rispetto al terrore jihadista e alternativo anche rispetto a quelli di tanti Paesi occidentali.

“Kobane ha dimostrato al mondo chi sono davvero i curdi”, dice Mehmet Emin Gul Mez, rappresentante della comunità curda in Italia.

 

La liberazione di Kobane da parte dei curdi non ha però fermato gli attacchi dei jihadisti. L’intera regione del Rojava è circondata dai miliziani dell’Isis. Scarseggiano acqua, elettricità, servizi essenziali, le infrastrutture sono distrutte e per i rifugiati il rientro a casa non è sicuro.

Il 15 settembre a Suruc, nella città turca gemella di Kobane, a pochi chilometri dal confine siriano, ci sarà una grande manifestazione internazionale per chiedere l’apertura di un corridoio umanitario, che consenta l’arrivo di aiuti per la ricostruzione. Parteciperà anche una carovana di solidarietà dall’Italia. Ce ne ha parlato Alessio Arconzo, di Rojava Calling.