September 15, 2015
15 Settembre, report terzo giorno di carovana
internazionale per l’apertura
di un corridoio
umanitario Verso Kobane.
Continuano ad arrivare partecipanti alla Carovana mentre prosegue l’offensiva turca nei confronti
All’interno
NEVER
ALONE
Un intenso incontro
con le donne ci riporta nel campo dedicato ad Arin Mirxan che avevamo
visitato il primo giorno di Carovana
(link), ad accoglierci ritroviamo
anche la deputata HPD
Leila… che si stringe con tutte noi intorno allo
striscione che abbiamo portato “we can be free
together, but we can’t be free alone – international feminist solidarity”. La rappresentante di KJA (Free Women
Congress) ribadisce che il messaggio
femminista per la libertà e
l’emancipazione di genere deve viaggiare
oltre i confini,
gli stessi che il confederalismo
democratico vuole abbattere.
L’AGENDA
POLITICA
Nella sede della
BDP, declinazione regionale
L’Europa, vista da qui non è solo un approdo per i
profughi in fuga ma è parte colpevole per l’assenza di politiche
di accoglienza che facciano fronte
al flusso migratorio. “Qui abbiamo accolto 250.000 profughi” dice il rappresentante BDP, “l’Europa non
può pensare di aprire le sue porte solo a 10.000 persone”. Il Tema dei profughi
e della loro
accoglienza ritorna negli interventi che seguono, “ma è necessario fissare un’agenda politica condivisa più ampia
– incalza Ajse Gokkan di KJA Diplomacy – che oltre a denunciare
il business dell’accoglienza,
includa la partecipazione delle donne, il
riconoscimento politico dell’esperienza
del Rojava in una Siria Democratica”.
Infine, oltre alll’apertura
di corridoi umanitari a Kobane e la sua ricostruzione, ci ricordano gli
altri accessi alla regione, come Nisebin, Qamislo, Alcakale, Gre Spi
e la questione del popolo Ezida che sta
subendo il 73° genocidio della sua storia.
ACCESSO
NEGATO
Nel pomeriggio, assieme
ad una delegazione locale, ci dirigiamo verso la frontiera, sui
furgoni medicinali e apparecchiature sanitarie destinate agli ospedali di Kobane,
quaderni e pastelli colorati per le scuole della città. Per
varie settimane la municipalità di Suruc ha richiesto al governo centrale di aprire la frontiera
per lasciar passare la carovana. I quattro pullman si dirigono
verso il confine, sotto lo stretto controllo delle forze di
polizia locale. A circa cinquecento metri dal gate incontriamo un posto
di blocco: blindati e barricate mobili ci impediscono
di proseguire.
Decidiamo di tentare una
deviazione, ma tutti gli accessi al confine sono sorvegliati. “La Turchia ci ha negato
il permesso
di passare” ci dicono i
compagni curdi. “Il governo minaccia
di chiudere la frontiera e di impedire il passaggio
ad ogni tipo di merce verso il Rojava.” Il
posto di frontiera di Suruc
è aperto solo tre giorni a settimana, una nostra forzatura potrebbe comportare un blocco a tempo indeterminato dei rifornimenti verso Kobane. Il ricatto
Veniamo accolti da
una delegazione
“E’ oltre un mese che
chiediamo l’autorizzazione
per il vostro ingresso, anche solo in forma di delegazione, ma solo oggi le autorità turche hanno
definitivamente intimato di non avvicinarci al confine”. Una presa di posizione
chiara, che ha lo scopo di isolare
Kobane tenendo lontana la solidarietà internazionale. E’ la prima volta
che un’iniziativa di questo genere,
lanciata pubblicamente dai movimenti, con attivisti da tutta
Europa, mette al centro del dibattito la questione del corridoio umanitario, che sembra poter mettere
in difficoltà il governo di Ankara rispetto ai suoi
obblighi internazionali.
La Carovana Internazionale per l’apertura di un
canale umanitario verso Kobane.
© 2013 UiKi ONLUS Team