30 -10- 2015

Mentre la guerra infuria e distrugge il Paese, a Vienna le potenze mondiali e regionali parlano di soluzione da posizioni distanti. E intanto Damasco (assente in Austria, come pure l’opposizione siriana) e Mosca si accordano sulla ricostruzione: un affare da 200 miliardi di dollari

di Chiara Cruciati – Il Manifesto

Roma, 30 ottobre 2015, Nena News – L’incontro tra poteri globali e regionali a Vienna si apre tra le polemiche. Niente di nuovo: al tavolo del negoziato sono seduti avversari che sulla guerra civile siriana fondano opposte strategie di gestione del Medio Oriente. Ieri sera si è tenuta la prima sessione, ristretta a Usa, Russia, Iran, Turchia e Arabia saudita in vista dell’inaugurazione ufficiale di oggi.

Ma ad aprire le danze delle reciproche accuse, ieri, è stato il governo siriano che, alla stregua delle opposizioni, in Austria non c’è: l’Arabia saudita – ha detto il ministro dell’Informazione – non ha la qualifica per svolgere «un ruolo produttivo» perché sparge sangue arabo in tutta la regione.

Chi si muove con i piedi di piombo sono gli Stati Uniti che dicono di voler testare le reali intenzioni di Iran e Russia in merito al futuro di Assad: «Il segretario [Kerry] ha pensato che fosse giunto il momento di riunire tutti e determinare il loro impegno a combattere il terrorismo e a lavorare con la comunià internazionale per convincere Assad ad andarsene», ha detto il consigliere del Dipartimento di Stato Shannon. Una posizione ripetura ieri anche dal ministro degli Esteri saudita al-Jubeir: l’Iran deve accettare la rimozione del presidente.

Ma la Russia non mollerà l’osso facilmente, visti i consistenti interessi sul tavolo: l’accesso diretto al Mar Mediterraneo, un ruolo nella gestione delle risorse energetiche, ma anche l’ingente business della ricostruzione. Un elemento trascurato ma da tener presente nel prevedere i possibili risultati dell’incontro di Vienna.

La scorsa settimana – ha riportato il parlamentare russo Sablin a Izvestia Daily – durante la visita di una delegazione russa a Damasco, Mosca ha discusso della futura ricostruzione: il presidente Assad ha assicurato all’alleato che a rimettere in piedi un paese disastrato saranno compagnie russe. O che almeno queste riceveranno i migliori contratti: «La Siria è pronta a fornire alle compagnie russe contratti dal valore di centinaia di migliaia di dollari», ha detto Sablin citando Assad.

Conferma giunge da un altro parlamentare, Yushchenko, che alla Ria Novosti ha riportato dell’intenzione di Damasco di affidare a compagnie petrolifere russe la gestione delle ricchezze energetiche del paese.

La guerra è sempre stata un’affare, durante e dopo: se prima ad incassare sono le multinazionali delle armi, dopo la strada si apre a chi ricostruisce quanto distrutto. E la distruzione della Siria è impressionante: «La devastazione è paragonabile a quella di certe nazioni dopo la Seconda Guerra mondiale», scrive Jihad Yazigi, direttore di Syria Report. Tanto concreta e profonda da richiedere spese stellari: 200 miliardi di dollari.

Una pioggia di denaro che è tre volte superiore al Pil interno del paese prima della guerra civile, necessaria a ricostruire intere città rase al suolo, a ristrutturare le bellezze architettoniche e storiche danneggiate, a rimettere in piedi le abitazioni e le infrastrutture base, a rilanciare un’economia industriale e commerciale che – secondo le Nazioni Unite – ha perso 237 miliardi di dollari in quasi 5 anni e che vede il debito estero moltiplicarsi di anno in anno. E a riportare nel paese i milioni di siriani fuggiti all’estero e la cui assenza nel futuro della Siria potrebbe danneggiare ulteriormente la prossima ricostruzione economica e sociale.

«Il tasso di disoccupazione è oltre il 50%, gran parte della capacità pruduttiva è stata distrutta, comprese industrie, terre, impianti elettrici, sistemi di irrigazione, il settore turistico. La ripresa richiederà 40-50 anni», la funerea previsione di Yazigi. Un business che attira la comunità internazionale, la stessa che ha infiammato il conflitto e che oggi dice di voler trovarvi una soluzione. Anche Mosca, ovviamente, vista da molti come la risolutrice del conflitto, ma che di interessi nel sostenere Damasco ne ha molti.

I siriani restano alla finestra, a guardare il proprio paese distrutto da interessi globali e a breve preda di compagnie che si litigheranno la ricostruzione. Da ricostruire però non ci sono solo palazzi e infrastrutture: c’è da restaurare rapporti sociali fatti a pezzi dai settarismi dettati dalla guerra civile. Nena News