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Il corridoio curdo fra Siria e Turchia

Una carta inedita di Laura Canali in esclusiva per gli abbonati a Limesonline.

carta di Laura Canali

L’abbattimento del jet russo da parte della Turchia è avvenuto in un’area, il nord della Siria, particolarmente calda. Vi si incrociano milizie, bombardamenti aerei e interessi di molte potenze che combattono – sul campo o per procura – le guerre civili siriane. Compreso naturalmente lo Stato Islamico.


Nell’ambito delle operazioni a sostegno di Asad, la Russia sta conducendo un’intensa campagna a nord-est della città di Latakia, feudo degli alauiti e principale base aerea russa in Siria.


Dagli inizi di ottobre, le frizioni con la Turchia si sono moltiplicate. In più di un’occasione gli aerei di Mosca hanno violato lo spazio aereo turco, ricevendo un avvertimento formale dalla Nato, sollecitato da Ankara, che ha poi testimoniato come i radar siriani o russi abbiano più volte ingaggiato i suoi caccia e di aver abbattuto un drone russo al confine.


La Russia giustifica le sue operazioni al confine con la provincia turca di Hatay sostenendo di colpire alcuni gruppi di jihadisti russi (soprattutto caucasici), che potrebbero in futuro tornare in patria e costituire una minaccia alla sicurezza nazionale.


La Turchia vede invece come fumo negli occhi le manovre di Mosca, accusata di colpire anche alcune località turcomanne, percepite come proprie clienti.


Non è l’unico sviluppo militare nell’area che Ankara vede come dannoso. I curdi siriani stanno infatti conducendo una serie di operazioni volte a saldare i cantoni del Nord, soprattutto lungo il confine che da Jarabulus va fino ad Afrin, fascia di territorio al momento nelle mani dello Stato Islamico.


Molto più che combattere l’Is, l’obiettivo strategico turco è impedire ai curdi siriani di rafforzare l’autonomia e, magari, arrivare all’indipendenza, che potrebbe avere ricadute sulla questione curda in Turchia.


Mentre i curdi sono impegnati al confine, è in corso una duplice (ma non coordinata) offensiva su Aleppo. Da sud avanza la coalizione pro-Asad, mentre da nord-est calano le milizie dell’Is.


A rendere ulteriormente strategica questa fascia di territorio è il trasporto di idrocarburi. Oltre all’oleodotto proveniente dal Kurdistan iraqeno, quest’area è il principale sbocco del petrolio contrabbandato dallo Stato Islamico, che sia operatori turchi che legati al regime di Asad comprano e immettono sul mercato.


Testo a cura di Federico Petroni. Carta di Laura Canali in esclusiva per gli abbonati di Limesonline.


IL CORRIDOIO CURDO