Nena
07 -12- 2015
Secondo
l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, “le forze di
sicurezza curde e irachene, insieme alle loro milizie affiliate, sono
responsabili di rapimenti, detenzioni illegali, furti e, in alcuni casi, di
omicidi extra giudiziari”
Roma, 7 dicembre 2015, Nena News – “Le forze
di sicurezza curde e irachene, e le loro milizie affiliate, sono responsabili
di furto, distruzione di proprietà appartenenti alle comunità arabo sunnite,
sgomberi forzati, rapimenti, detenzioni illegali e, in alcuni casi, di omicidi
extra giudiziari”. A denunciarlo è stata ieri a Ginevra la portavoce
dell’Alto Commissionariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Uhchr),
Cécile Pouilly.
“Esortiamo il governo iracheno ad indagare su
tutti gli abusi e le violazioni dei diritti umani affinché gli autori delle
violenze siano portati di fronte alla giustizia e le vittime possano ricevere
le adeguate riparazioni” ha detto Pouilly. I civili delle aree
liberate dai jihadisti, ha spiegato la portavoce dell’Ohchr, vengono puniti da
altri gruppi religiosi ed etnici perché accusati di essere sostenitori dello
Stato Islamico (Is). Oltre a subire violenze, i residenti dei villaggi da cui
cui l’Is è stato allontanato, riceverebbero anche un accesso limitato ai
servizi e ai beni di base come cibo, acqua, assistenza medica e casa. L’Agenzia
Onu per i diritti umani ha perciò chiesto a
Particolarmente grave è la situazione nei
pressi di Sinjar. Qui 1.300 arabi sunniti sono bloccati in una terra di nessuno
che è sotto il fuoco incrociato dei peshmerga e dei miliziani
dell’autoproclamato califfato.
Proprio questi ultimi, ha evidenziato il
rapporto dell’Ohchr, sono responsabili di almeno 16 fossi comuni scoperte a
Sinjar, città irachena recentemente liberata dai peshmerga curdi e da milizie
yazide. “Pesanti violazioni dei diritti umani continuano ad essere
documentate nelle aree controllate dall’Isis [altro acronimo per Stato
Islamico, ndr], ha affermato Pouilly. “Gli individui sospettati di infedeltà o
non conformi all’ideologia
La Missione di assistenza delle Nazioni Unite
in Iraq e l’Agenzia dell’Onu per i bambini (Unicef), intanto, hanno espresso
“grave preoccupazione” per i 189 bambini morti in Iraq (301 i feriti)
dall’inizio del 2015 nel corso della guerra contro i fondamentalisti islamici. “Invitiamo
tutte le parti del conflitto ad attenersi ai principi di proporzionalità e di
distinzione durante le operazioni militari, di proteggere nel miglior modo
possibile i bambini e gli altri civili dagli effetti della violenza e di
rispettare la natura civile delle scuole e delle strutture mediche” hanno
scritto in un comunicato congiunto il capo dell’Unami Jan Kubish e il
rappresentante di Unicef Iraq Peter Hawkins. “Come Unami e Unicef – si legge
ancora nella nota – siamo molto preoccupati per la sicurezza dei bambini
iracheni che continuano ad essere vittime delle ostilità che hanno luogo nel
Paese. Le operazioni militari in corso a Ramadi, Mosul, Tala’afar e in altre
aree interessate dalla guerra aumentano il rischio di gravi violazioni dei loro
diritti”.
Le violenze e le brutalità denunciate
dall’Uhchr ieri non sono tanto dissimili a quelle associate comunemente al
nome dell’Is. Tuttavia, non fanno ancora notizia né destano scalpore in
Occidente troppo impegnato, in modo manicheo, a leggere il conflitto in Iraq (e
per certi versi anche in Siria) come la battaglia tra “noi”e “loro”, tra la
“liberazione” operata dai “nostri” alleati sul terreno (in alcuni casi ancora
nemici sulla carta) con il contribuito dei nostri raid aerei e le “barbarie”
dello pseudo califfato. Denunciare le violenze e le discriminazioni subite
dalle popolazioni sunnite non solo permette di leggere la mattanza in corso in
Iraq e Siria nella sua interezza, ma è anche l’unico modo per iniziare a
costrastare seriamente il settarismo interno, humus ideale per organizzazioni
come lo Stato islamico per prosperare. Nena News